iccole vedette lombarde
paolo bonetti
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Abbiamo deprecato per decenni la retorica nazionalista e francamente non immaginavamo che ad essa sarebbe subentrata quella regionalista. Eppure c’era da aspettarselo, dopo i tanti esempi di malgoverno che ci sono arrivati da quasi tutte le regioni italiane. Da quando sono state istituite, dopo molti anni durante i quali si era ignorato il dettato costituzionale, le regioni sono state la più grande e amara delusione della politica italiana. Il livello morale e culturale delle classi politiche regionali si è dimostrato largamente inferiore (è tutto dire) a quello della dirigenza nazionale, gli scandali si sono succeduti agli scandali, le ruberie alle ruberie, e le regioni, a cui sono stati in seguito concessi poteri che la Carta del 1948 non prevedeva, sono diventati centri di spesa irresponsabili controllati da lobby di ogni genere, in collusione perfino con la malavita organizzata. Per un certo periodo si è creduto che questi fenomeni degenerativi riguardassero soltanto alcune regioni del sud, finché la magistratura ha messo le mani nel verminaio e ha portato alla luce un marciume generalizzato. Il vecchio mito dell’autogoverno locale, concepito come necessariamente onesto perché direttamente controllato dai cittadini, si è rivelato una di quelle favole che possono incantare soltanto coloro che non hanno il coraggio di guardare in faccia la realtà.
Su questo mito ha costruito le sue fortune la lega Nord, anche se adesso ha scoperto l’unità della nazione e la solidarietà fra tutti gli italiani contro le orde degli immigrati e la dittatura delle istituzioni europee. Le nuove piccole vedette lombarde, Salvini e Maroni, del tutto dimentiche di quello che ha combinato la vecchia lega di Bossi, non hanno però rinnegato gli antichi amori regionalisti e hanno pensato bene di dotare la regione Lombardia di un inno che ne esalti le incorruttibili virtù. La musica è, in realtà, quella di una vecchia canzone riciclata, ma le parole di Mogol, ispirate da Maroni, riflettono bene le più recenti vicende di quei luoghi di incontaminata purezza. La gente lombarda (uomini politici in testa) viene descritta come “forte, operosa, senza una bugia”, insomma gente col cuore in mano, come si è sempre detto dei milanesi, gente che “pensa a tutti e stringe tutti a sé”. Sarà certamente vero per molti lombardi, ma lo è anche per le piccole vedette leghiste? Riuscite a immaginarle mentre stringono tutti a sé? Se la gente lombarda è “senza una bugia”, che ci stanno a fare in Lombardia Maroni e Salvini?
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