mercoledì 31 dicembre 2014

se lo dice il Papa

se lo dice il papa

paolo bonetti
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Gli auguri natalizi di papa Francesco alla Curia romana sono stati davvero terribili: una valanga di rimproveri per le “malattie” e per le “tentazioni” a cui cedono si è abbattuta sui poveri curiali da sempre fedeli servitori dei papi. Soffrirebbero a quanto pare di tutte le patologie del potere (peggio della casta politica italiana), sarebbero spiritualmente inariditi, macchine burocratiche e non testimoni di Cristo, di volta in volta pianificatori eccessivi oppure incapaci dello spirito di comunione, vanagloriosi e falsi, ipocriti e carrieristi. Addirittura dissoluti e malati di schizofrenia esistenziale, per non parlare di una sorta di “Alzheimer spirituale” che li chiude spesso in un mondo puramente immaginario e del tutto autoreferenziale. Non parliamo poi delle chiacchiere e dei pettegolezzi che li fanno sovente diventare seminatori di zizzania, omicidi della fama dei propri confratelli, vili che parlano dietro le spalle e cortigiani che divinizzano i  capi. Ma c’è di più e di peggio: negando il fondamentale comandamento cristiano dell’amore, si mostrano spesso indifferenti verso il prossimo, trattano gli inferiori con durezza e arroganza, mentre esibiscono senza pudore i segni materiali del loro successo mondano. Naturalmente il papa non ritiene che tutti i curiali siano  così, ma il suo elenco delle “malattie” che hanno intaccato la Curia lascia sconcertati noi poveri laicisti. Se lo dice il papa, non abbiamo poi tutti i torti a sostenere da tempo che c’è del marcio entro le mura leonine.
Su un quadro così desolato e desolante del centro stesso della Chiesa di Roma, è opportuno fare subito due osservazioni. La prima l’ha già fatta il teologo Vito Mancuso e non possiamo che associarci ad essa. La Curia è notoriamente espressione delle scelte papali: come si spiega allora una simile degenerazione quando essa è stata plasmata, nel corso del Novecento, da una serie di papi tutti santificati o in procinto di esserlo? Non dovrebbe Francesco – aggiungiamo noi – mettere sotto accusa i suoi predecessori che sono, chi in misura maggiore chi in minore, corresponsabili di un simile disastro morale? Se la Curia, che dovrebbe essere un modello per l’intera cristianità, è invece una specie di fossa dei serpenti, la ragione di questa degenerazione non starà per caso nel manico, vale a dire nella guida sbagliata o mancante dei pastori che avrebbero dovuto risanare in tempo e con mano ferma le malattie delle loro pecorelle? Francesco non può limitarsi a constatare il male e deplorarlo, deve anche risalire alle presumibili cause, a quella monarchia assoluta che è tuttora, nonostante certi progetti di riforma, la Chiesa cattolica, assolutismo che genera necessariamente servilismo, ipocrisia e corruzione.
L’altra questione sollevata dall’intemerata del papa è quello del rapporto fra etica e religione, un rapporto di causa-effetto che, anche in questo caso come in tanti altri, viene regolarmente smentito dai comportamenti. In realtà fede religiosa e morale, contrariamente a quello che pensano coloro che, magari non credenti, vedono nella religione il fondamento dell’etica e la difendono come garanzia e tutela del buon ordine sociale, appartengono a due ambiti spirituali profondamente diversi. Le religioni positive si fondano sulla speranza di vincere l’angoscia della morte e di poter oltrepassare l’inevitabile finitudine della condizione umana: esse confidano nella misericordia di Dio che concede a tutti la sua “salvezza”, se si crede fermamente in lui e nella sua grazia. Non a torto, dal suo punto di vista, Martin Lutero proclamava : Pecca fortiter, sed crede fortius. Si può condurre una vita dissoluta, e tuttavia nulla è perduto finché c’è la fede. La colpa per cui non c’è perdono, quella di cui parla San Paolo, è solo la mancanza di fede. L’etica, invece, ha in se stessa le proprie ragioni, non ha bisogno di trovarle fuori di sé, nel comando, più o meno capriccioso, di un qualche dio. Le norme morali nascono dalla storia e dall’esperienza e hanno il compito di regolare i rapporti fra gli uomini, indipendentemente da ogni richiamo alla trascendenza. Nessuna società può vivere senza una qualche etica, perché gli uomini non sono né angeli né diavoli, ma creature fallibili che cedono facilmente alle loro passioni e ai loro egoismi. L’etica di una società secolarizzata non può che essere evolutiva e pragmatica, con una considerazione realistica della natura umana. Quando una qualche religione cerca di imporre, con la legge civile, le sue particolari concezioni morali, pretendendo che siano di origine divina, non può che suscitare la naturale reazione del non credente di fronte a una simile arroganza: Ecclesia, cura te ipsam!

{ Pubblicato il: 27.12.2014 }
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