Mi sono interrogato più volte sul comandamento massimo dato da Gesù ai suoi: Amerai il tuo prossimo come te stesso (Mc 12,32).
E' evidente che il prossimo primo a cui si riferisce sono le altre creature umane. Senza distinzione alcuna. Ma a mio avviso sono anche tutte le creature comprese quelle animali e vegetali, ambientali. Tutte accomunati dal medesimo progetto creativo di Dio.
Il rispetto che si deve a un estraneo è dovuto anche a tutto ciò che ci circonda: l'intero crea...to con i suoi animali, laghi, mari e fiumi, colline, monti e deserti, foreste, boschi e praterie.
Per amarli come prossimo vicino occorre conoscerli come se stessi. Amare l'altro come lui vorrebbe essere amato e non come noi piacerebbe amarlo secondo una logica individualista o esclusivamente utilitarista.
Le diversità sono presenti non solo nella famiglia umana ma in tutte quelle vive.
L'apostolo Paolo nel famoso inno alla Carità enumera poi alcune caratteristiche come la pazienza che deve volere il bene dell'altro, la non invidia o assunzione di un sentimento di superiorità, non manca di rispetto, non cerca solo il proprio interesse, e fra le altre cose il tutto spera.
Insomma la civiltà dell'Amore che ci indica Gesù è molto più ampia di quanto non si immagini con un approccio superficiale o semplicistico.
Non abbiamo i 613 precetti da osservare come aveva Gesù ma il Comandamento nuovo da lui dato ci inserisce in una dinamica di scelte personali che hanno come unico vincolo l'amore del Creato tutto. E Dio dice che non c'è comandamento più grande dell'Amore di Dio e del prossimo. L'amore del prossimo è una espressione dell'amore di Dio.
A Dio sta talmente a cuore ogni sua creatura che per dargli gioia non vi è modo migliore che essere l'espressione del suo amore verso tutti.
Il comandamento completo prevede che Dio è l'unico Signore da amare con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E si conclude con Amerai il tuo prossimo come te stesso.
Quel prossimo è tutto ciò che mi è vicino. Quotidiano. Che è vita creata in origine da Dio solo, nel suo disegno maestoso.
E Gesù dice Io sono prima di Abramo, tramite il Vangelo di Giovanni (Gv8,58): il Creato pertanto appartiene a Lui e dobbiamo averne cura. Non solo verso tutti gli esseri umani ma anche tutte le altre creature viventi e i doni presenti in esso.
Come cristiani siamo dovuti a un'etica di rispetto della vita e della Natura.
Noi non abbiamo di proprietà nulla in esso e tutto dovrà essere consegnato alle prossime generazioni con gioia che il miracolo della vita si rinnovi.
La creazione è dunque il più alto patrimonio religioso e culturale con l'ebraismo ma a ben vedere anche le altre religioni o i grandi maestri della cultura detta laica che ci invita a vivere insieme nel rispetto di ciò che ci circonda.
E' evidente che il prossimo primo a cui si riferisce sono le altre creature umane. Senza distinzione alcuna. Ma a mio avviso sono anche tutte le creature comprese quelle animali e vegetali, ambientali. Tutte accomunati dal medesimo progetto creativo di Dio.
Il rispetto che si deve a un estraneo è dovuto anche a tutto ciò che ci circonda: l'intero crea...to con i suoi animali, laghi, mari e fiumi, colline, monti e deserti, foreste, boschi e praterie.
Per amarli come prossimo vicino occorre conoscerli come se stessi. Amare l'altro come lui vorrebbe essere amato e non come noi piacerebbe amarlo secondo una logica individualista o esclusivamente utilitarista.
Le diversità sono presenti non solo nella famiglia umana ma in tutte quelle vive.
L'apostolo Paolo nel famoso inno alla Carità enumera poi alcune caratteristiche come la pazienza che deve volere il bene dell'altro, la non invidia o assunzione di un sentimento di superiorità, non manca di rispetto, non cerca solo il proprio interesse, e fra le altre cose il tutto spera.
Insomma la civiltà dell'Amore che ci indica Gesù è molto più ampia di quanto non si immagini con un approccio superficiale o semplicistico.
Non abbiamo i 613 precetti da osservare come aveva Gesù ma il Comandamento nuovo da lui dato ci inserisce in una dinamica di scelte personali che hanno come unico vincolo l'amore del Creato tutto. E Dio dice che non c'è comandamento più grande dell'Amore di Dio e del prossimo. L'amore del prossimo è una espressione dell'amore di Dio.
A Dio sta talmente a cuore ogni sua creatura che per dargli gioia non vi è modo migliore che essere l'espressione del suo amore verso tutti.
Il comandamento completo prevede che Dio è l'unico Signore da amare con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E si conclude con Amerai il tuo prossimo come te stesso.
Quel prossimo è tutto ciò che mi è vicino. Quotidiano. Che è vita creata in origine da Dio solo, nel suo disegno maestoso.
E Gesù dice Io sono prima di Abramo, tramite il Vangelo di Giovanni (Gv8,58): il Creato pertanto appartiene a Lui e dobbiamo averne cura. Non solo verso tutti gli esseri umani ma anche tutte le altre creature viventi e i doni presenti in esso.
Come cristiani siamo dovuti a un'etica di rispetto della vita e della Natura.
Noi non abbiamo di proprietà nulla in esso e tutto dovrà essere consegnato alle prossime generazioni con gioia che il miracolo della vita si rinnovi.
La creazione è dunque il più alto patrimonio religioso e culturale con l'ebraismo ma a ben vedere anche le altre religioni o i grandi maestri della cultura detta laica che ci invita a vivere insieme nel rispetto di ciò che ci circonda.
Tutto il nostro mondo gira intorno alla luce
Pierpaolo Nunzio
Partendo da quella emessa dal Sole, senza la luce non esisterebbe la vita.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2015 Anno Internazionale della Luce e delle tecnologie basate sulla luce. In altre occasioni, l’interesse della comunità internazionale era stato indirizzato verso l’Anno dell’Astronomia (2009), l’Anno della Biodiversità (2010), l’Anno dell’Acqua (2013), ecc. Se in passato l’opinione pubblica era stata già sensibilizzata a ridurre lo
spreco di energia e a diminuire l’inquinamento luminoso - quest’ultimo particolarmente importante per la ricerca astronomica e astrofisica da terra, ma anche per tutti coloro che rivolgono lo sguardo al cielo stellato - l’iniziativa del 2015 è di ben più ampio respiro. Non si tratta solo di difendere o ben amministrare qualcosa, ma di comprenderne in maggiore profondità le implicazioni e le virtualità, sia scientifiche che culturali.
Alcuni dati scientifici e natura ondulatoria e/o corpuscolare della luce
Dell’assoluta importanza dell’acqua e dell’aria come fattori determinanti per la nostra vita siamo
tutti persuasi. Riflettiamo forse un po’ meno sul ruolo della luce, trattandosi di una realtà che ci accompagna e ci avvolge, in modo più discreto dell’aria e dell’acqua, ma non per questo meno
essenziale. L’acqua è una semplice molecola di soli 3 atomi, due di idrogeno e uno di ossigeno, mentre l’aria è un miscuglio di svariati elementi e composti chimici in diverse proporzioni; la luce,
invece, è da esse qualitativamente diversa, perché ci si presenta come energia. Riserviamo infatti il nome di “luce” a quei valori dell’energia elettromagnetica, fra circa 3.800 e 7.500 Angstrom (380 – 750 nm), ai quali il nostro occhio è sensibile, e che per questo motivo chiamiamo “luce visibile”. In tal modo, la differenziamo da quelle altre forme di energia elettromagnetica che non vediamo ma i cui effetti avvertiamo, come ad esempio i raggi X o le onde radio.
La comprensione della natura della luce, come afferma Massimo Inguscio presidente dell’Istituto nazionale di ricerca in metrologia (Inrim), “va di pari passo con lo sviluppo della scienza, dalla
teoria della relatività alla fisica quantistica”.
Già alla fine dell’Ottocento siamo stati in grado di definire, con James Clerk Maxwell, le elegantissime equazioni che descrivono la propagazione della luce e delle onde elettromagnetiche in
genere; mentre all’inizio del Novecento abbiamo scoperto, con Max Planck, che l’energia si propaga mediante “quanti”, ovvero quantità discrete e non secondo valori continui, che nel caso
della luce visibile chiamiamo fotoni. Albert Einstein dopo aver studiato l’effetto fotoelettrico, elaborò una nuova e praticamente definitiva teoria secondo la quale la luce presenta una doppia
natura, corpuscolare ed ondulatoria; in altri termini essa può essere considerata come un insieme di “fotoni”, corpuscoli privi da massa ma paragonabili a “pacchetti di energia”, e in dipendenza dai vari casi manifesta la sua natura corpuscolare o ondulatoria. Grazie a questi tre scienziati, nello spazio di pochi decenni, fra fine ottocento e primi del Novecento, la nostra conoscenza sulla natura della luce ha compiuto un enorme balzo in avanti.
Osservando con un microscopio elettronico l'interazione tra radiazione elettromagnetica in un nanocavo e un fascio di elettroni, un esperimento ha documentato per la prima volta
contemporaneamente la doppia natura ondulatoria e corpuscolare della luce.
Finora infatti si riteneva che la luce si comportasse come un'onda o come una particella a seconda del tipo di esperimento che si stesse conducendo, vedi anche il Principio di complementarietà di
Bohr (1927) che affermava come “gli aspetti corpuscolari e ondulatori sono complementari e mutuamente esclusivi; in alcuni fenomeni la realtà fisica si comporta come onda e in altri come
corpuscolo, ma questi due aspetti non si presentano mai insieme”
La natura insieme corpuscolare e ondulatoria dell’energia ci obbliga ad approfondire la nostra
conoscenza della luce, cercando paradigmi esplicativi sempre più soddisfacenti per rappresentarne il
comportamento.
Esiste quasi un parallelo fra la centralità della luce nel linguaggio religioso e la centralità che essa
assume nel quadro scientifico-naturale. L’uomo ha bisogno di Dio come, sul piano scientifico, la vita e l’uomo hanno bisogno di luce. Luce vuol dire energia. Delle quattro forme di energia che
l’uomo conosce, quella elettromagnetica è più facilmente maneggiata e impiegata; se l’uomo sfrutta altre forme di energia, come ad esempio quella gravitazionale o quella nucleare, è per ottenere ancora energia elettromagnetica, di cui la luce visibile costituisce la parte a noi fisiologicamente più vicina. Nel sole, la grande efficienza dell’energia nucleare che si sprigiona nel suo nucleo, analogamente a quanto accade nelle altre stelle, giunge a noi ancora sotto forma di energia elettromagnetica, di calore e di luce. Senza luce solare non vi sarebbe fotosintesi clorofilliana, non vi sarebbe vita, senza il calore del sole non vi sarebbero processi biochimici, la terra sarebbe una distesa di roccia e di ghiaccio. La qualità della vita sulla terra dipende ormai, in modo determinante, dalla nostra capacità di ottenere energia e luce a basso costo, di poterla distribuire senza troppe perdite. Per questo motivo si è dato giustamente rilievo al premio Nobel per la fisica del 2014, conferito a tre ricercatori giapponesi, Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shuji Nakamura, meritevoli di aver scoperto i LED a luce blu, capaci di produrre energia che viene quasi interamente convertita in luce e non dispersa in calore. Circa un quarto dell’energia che produciamo sulla terra viene
convertita in energia elettrica disponibile all’illuminazione e ciò fa subito capire quanto anche la luce che non proviene direttamente dal sole sia per noi ugualmente necessaria.
Non meno considerevoli sono i grattacapi che la luce ha causato alla filosofia della natura e della scienza. La sua velocità nel vuoto rappresenta, nel quadro delle teorie della relatività ristretta e
generale, la velocità massima alla quale si può propagare un’informazione e, pertanto, anche la velocità massima alla quale si potrà mai fisicamente viaggiare. Questo limite ci pone di fronte
all’impossibilità di renderci fisicamente presenti su mondi lontani, in galassie diverse dalla nostra o in stelle lontane anche poche centinaia di anni-luce dal nostro sole, limitando solo alle trasmissioni via radio la possibilità di comunicare con eventuali altri abitanti intelligenti del nostro universo.
Dunque, potremmo solo eventualmente ricevere segnali, ma non dialogare con loro… a meno di non essere disposti ad attendere centinai o migliaia di anni fra le nostre domande e le loro risposte!
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