venerdì 29 aprile 2016

giovani?

“Diventiamo sempre più apatici, distaccati…”

by JLC
È stata molto letta e commentata la storia raccontata da Emilia De Rienzo, insegnante di Torino, a proposito di come la scuola è o meno un luogo che accoglie (Nulla da segnalare). Di seguito, una lettera ai genitori scritta da un'altra insegnante, Rosa Costantino, che prende spunto dal racconto di Emilia e ragiona della fatica di un mestiere stravolto da valutazioni, documentazioni, tablet e dalla "Buona scuola", mentre si diffonde sempre di più, soprattutto tra i ragazzi, «una “solitudine emozionale”, un’incomunicabilità, che ci impedisce di comprendere, di amare, di essere disponibili, solidali, aperti... ». Intanto, a proposito di scuola, prosegue la raccolta firme per i referendum sociali, che includono la richiesta di abrogazione di alcune parti della «Buona scuola», e il 23 maggio torna lo sciopero generale
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di Rosa Costantino
Caro genitore,
sono un insegnante che ha bisogno di aprire il proprio cuore, prima di lasciare la scuola e l’insegnamento. Manca poco infatti per arrivare al traguardo e non nascondo il mio turbamento nel pensare di dover lasciare i ragazzi. Faccio “fatica”, però, a ritrovarmi e riconoscermi nella scuola d’oggi la “Buona Scuola”, una scuola che, se per un verso recita di mettere al centro il “ragazzo”, dall’altra è bombardata da procedure burocratiche, indicazioni su indicazioni, documentazioni capillari, monitoraggi, valutazioni, che spesso perdono di vista il vero scopo, il vero obiettivo, il vero protagonista del processo educativo “l’alunno”. Senza parlare poi dei docenti che vanno e vengono: fascia A, fascia B, fascia C…, e non certo per loro volontà. A questo si aggiunga il pullulare di strumentazioni tecnologiche, per le quali le scuola di oggi fanno a gara, l’utilizzo dei tablet, ebook, computer (non sempre sostenuta da reti wi-fi efficienti), che sembrano essere la panacea di tutti i mali della scuola. Così il puzzle “scuola” si ricompone o meglio si scompone in mille pezzi.
Ma lasciamo da parte questo aspetto che necessiterebbe di una trattazione più ampia ed esaustiva, anche se vorrei precisare che non appartengo alla categoria di docenti che demonizzano la scuola digitale, anzi…
Quello che mi preme affrontare in questa sede, invece, è un problema un po’ più complesso che definirei generazionale: il problema della “solitudine emozionale” che caratterizza oggi, più che mai, la nostra società e che si riflette inevitabilmente nella scuola in forme diversificate. I ragazzi stanno perdendo la capacità di esprimere i propri sentimenti, nascondono le loro emozioni, non si abbracciano più e se non hanno a portata di mano uno smartphone o un computer non sanno comunicare, perché anche le parole e i gesti hanno bisogno di allenamento e di modelli di riferimento.
Ci stiamo lentamente avviando verso una “solitudine emozionale”, un’incomunicabilità, che ci impedisce di comprendere, di amare, di essere disponibili, solidali, aperti.
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Diventiamo sempre più apatici, distaccati e ci avviamo lungo una strada chiusa ai lati da barricate di indifferenza e qualunquismo, che ci impediscono di accorgerci che intorno a noi c’è un mondo “altro”. Appare chiaro come questa solitudine emozionale viaggi su un canale opposto al ben-essere del ragazzo, condizione essenziale per un percorso educativo e di apprendimento, che abbia successo.
Caro genitore, ritengo quindi che su questo “terreno povero” dovremmo incontrarci nella scuola, una scuola di valori prima ancora che di saperi, aprendo un dialogo e un confronto continuo, affinché per i nostri ragazzi non prenda significato la bellissima metafora di Ungaretti
“Si sta, come d’autunno sugli alberi le foglie”.
Questa metafora esprime con grande lucidità la sensazione di fragilità e di solitudine che molti ragazzi, giovani e adulti vivono nel profondo del loro cuore. Nasce da qui la necessità di un’intesa, di un “patto formativo”, che non siano solo parole scritte su un documento scolastico e dimenticate, ma sia il frutto di intese valoriali e pedagogiche, capaci di ridisegnare il senso della vita dei nostri ragazzi, una vita basata sul rispetto, sulle regole, sulla condivisione, sull’accettazione dell’altro, sulla collaborazione.
Ecco che in questo “humus” il bullismo, la droga, l’intolleranza, la violenza sul diverso, gli atti estremi non troveranno più terreno fertile per impiantarsi e germogliare.
Caro genitore, lavoriamo insieme, è più facile e andiamo più lontano, per regalare ai nostri figli un futuro migliore. Ricordiamo sempre che i figli sono figli nostri e non figli delle istituzioni.
Rosa Costantino, insegnante

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