martedì 26 aprile 2016

il 7 maggio in piazza contro il ttip


Resistere oggi. Per esempio il 7 maggio

by Riccardo
Cercare le ragioni per testimoniare l'urgenza di una Resistenza del terzo millennio non è purtroppo un esercizio difficile. Il dominio esercitato dall'insaziabile esigenza di "libertà" nell'accumulare profitti, rimuovendo ogni tipo ostacolo, dai principi di precauzione sulla salute delle persone ai diritti di chi lavora la terra, è assai diverso dai metodi classici dell'oppressione totalitaria nazifascista. Meno brutale, certo, ma è probabile che abbia effetti nel lungo periodo forse perfino più devastanti e difficili da contrastare. Un passaggio storico nell'evoluzione del dominio globale come l'approvazione dei trattati internazionali noti come Ttip ne fornisce un esempio illuminante. Per questo anche chi magari non ha più molta fiducia nell'efficacia di cortei e manifestazioni di piazza, il 7 maggio a Roma farebbe bene a inventare forme di presenza creativa, piacevole e determinata per far sentire la sua voce
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La protesta a York, Gran Bretagna. Foto defendournhsyork.wordpress.com
di Sergio Cabras
Oggi è il 25 aprile, festa della Liberazione, e festa anche della Resistenza, dei partigiani, di chi si è opposto, anche a prezzo della vita o assumendosi il rischio di lasciarcela, all'occupazione dei territori e del potere da parte, allora, della Germania nazista e dei fascisti.
Oggi questa occupazione si presenta in altre vesti, non così plateali, la cui violenza si rende esplicita solo in contesti diversi e lontani da noi occidentalima altrettanto strutturalmente centrali nel sistema delocalizzato del dominio globale. Oggi i territori sono occupati dai sistemi produttivi industriali o comunque concepiti a fini di profitto e la politica è sottoposta all'economia ed alla finanza; la loro occupazione avviene attraverso l'imposizione di modelli unici di produzione e consumo, mediante apparati di controllo che impediscono la nascita e la sussistenza di modelli alternativi, innovativi o tradizionali che siano. Le premesse perché ciò possa consolidarsi sono date in prima battuta dalle leggi, dai regolamenti, dagli accordi internazionali vincolanti (come è il caso di quelli commerciali, a differenza di quelli in materia ambientale, sul clima o sui diritti umani).
Se questi sono certo meno violenti, meno impositivi di una dittatura fascista, sonoforse però anche più subdoli ed è meno facile accorgersi per tempo del modo in cui riescono a cambiare secondo precisi interessi ed a lungo termine il mondo in cui viviamo ed in cui vivranno i nostri figli. Se l'oppressione esplicita offende e provoca una reazione, le politiche sviluppiste lusingano il consumatore, il risparmiatore, il piccolo imprenditore, ma i loro effetti distruttivi e la forma di dominio che sostengono possono mettere radici ed avere effetti a lungo termine anche più della breve parabola di un regime esplicitamente oppressivo. Va detto inoltre che, dal punto di vista dei macroattori economici, il piccolo imprenditore o il risparmiatore possono esser visti come dei consumatori di secondo livello, i cui acquisti sono di maggiore entità di quelli ordinari, ma che possono essere altrettanto bene spazzati via in qualsiasi momento, all'occorrenza, ad esempio delocalizzando o attraverso speculazioni finanziarie o politiche fiscali guidate a questo scopo.
Se oggi le forme di occupazione dei territori e del potere sono diverse, diversa è anche la resistenza, diversi i suoi obiettivi: impedire la ratifica di trattati internazionali come il TTIP è certamente uno di questi; l'eventuale approvazione del TTIP è, senza esagerazione, uno dei maggiori pericoli, una delle peggiori catastrofi che oggi abbiamo di fronte, anche per la democrazia, e dobbiamo impegnarci per scongiurarla in ogni modo.
I documenti sui quali si discute nell'ambito delle trattative sugli accordi TTIP(Transatlantic Trade and Investment Partnership = trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) per la creazione di una sorta di mercato unico tra UE ed USA, sono accessibili integralmente solo ai team tecnici (di cui molti membri fanno parte a nome delle multinazionali) e, per la parte politica, solo al Governo USA ed alla Commissione UE. Non è previsto che i Parlamenti ed i Governi degli Stati membri dell’Unione siano obbligatoriamente coinvolti né informati dell’andamento delle trattative ed il Parlamento Europeo (che è l’unico delle istituzioni coinvolte ad essere eletto direttamente dai cittadini) avrà solo un voto finale al termine del processo dei negoziati: un voto “prendere o lasciare”, senza possibilità di emendamenti ed il cui momento giungerà ormai praticamente a cose fatte, anche dal punto di vista mediatico.
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Foto Publico
Il TTIP va nella direzione di una forte liberalizzazione, abbattimento di barriere, soprattutto delle «bar­riere non tarif­fa­rie» – sarebbe a dire tutte le regole e gli stan­dardche che l’UE si è data in mate­ria di nor­ma­tive ambien­tali, diritti dei lavo­ra­tori, sicu­rezza e sovranità ali­men­tare, ecc. – che è poi la sostanza della par­tita del TTIP (le bar­riere tarif­fa­rie tra UE ed USA sono già a livelli minimi e quindi non sono queste in realtà l’obiettivo di questi accordi).
Si dice che verranno favorite le esportazioni per le piccole-medie imprese, ma, stando al OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio – in inglese WTO), delle 210.000 imprese italiane che esportano, il 72% delle esportazioni è detenuto dalle prime 10, quindi i vantaggi andranno pressoché del tutto a queste ultime, mentre l’arrivo di molti prodotti statunitensi (che devono rispettare standard meno esigenti) potrà penalizzare i nostri.
L’accordo, se approvato, avrà una serie di pesanti e preoccupanti ripercussioni sull’agricoltura europea e sul cibo che tutti mangiamo nonché sulla qualità degli ecosistemi nei quali viviamo. Certamente non solo sull’agricoltura, ma anche sui servizi, su ciò che rimane del welfare, sui diritti d’autore e sulla proprietà intellettuale, sui diritti dei lavoratori e molto altro. Ma, per limitarci a vedere da vicino alcuni aspetti che riguardano l’agricoltura, possiamo dire che:
faciliterà l’ingresso in Europa degli OGM mettendo in questione il "principio di precauzione" che finora ha permesso di limitarne fortemente le coltivazioni. Negli USA è considerato “non scientifico" e gli è preferita la prova accertata di nocività dei singoli prodotti finali, senza esaminare i processi produttivi, la quale, ovviamente, può esserci solo una volta che il danno è già avvenuto. Ma, se parliamo di contaminazione da OGM negli ecosistemi e di mutazioni genetiche impreviste ed indesiderate, a questo punto il danno potrebbe anche essere già immenso ed irreparabile.
aprirà il mercato UE alla carne di bovini alimentati con ormoni ed antibiotici o carcasse di polli trattate con il cloro (come è permesso negli USA e vietato in Europa dal 1997). Oltre il 90% della carne di manzo USA proviene da animali per la cui alimentazione si fa ampio uso di ormoni e promotori della crescita bovina che in Europa sono vietati dal 1988 perché considerati cancerogeni. Una di queste sostanze è il cloridrato di ractopamina, un medicinale che serve a gonfiare la quantità di carne magra nei suini e nei bovini. Gli Usa considerano ingiustificato il divieto europeo di questa sostanza, sebbene sia stata bandita da 160 Paesi nel mondo. Altre sostanze analoghe sono gli interferenti endocrini, sostanze chimiche capaci di alterare il sistema ormonale umano: il livello massimo di contaminazione da queste sostanze attualmente fissato in Europa bloccherebbe il 40% di tutte le esportazioni alimentari USA verso il nostro continente – il che può farci immaginare che verrà alzato per tutti in seguito alla creazione del libero mercato.
le aziende agricole USA sono in media 13 volte più grandi di quelle europee e devono rispettare molte meno regole di sicurezza alimentare: sono quindi molto più concorrenziali rispetto alle nostre (e ciò vale ancor più in Italia dove le aziende sono in media più piccole – 8 ettari - della media europea – che è di 12) e potrebbero così esportare carne a prezzo certamente più basso per i consumatori, ma con la conseguenza della perdita del lavoro per molti produttori europei e di una alimentazione molto meno sana per i consumatori.
Fuori dall’agricoltura, ma con pesanti conseguenze ambientali, va almeno citata la pratica del fracking per l’estrazione di gas e sabbie bituminose (altrettanto permessa negli USA ma sospettata di causare avvelenamento delle falde idriche ed in certi casi anche terremoti; negli USA sono stati aperti in un solo anno 11.000 nuovi pozzi per estrazioni con questo sistema, in Europa, grazie alle leggi attuali, solo una dozzina, ma è noto che il nostro continente offrirebbe buone potenzialità per questo tipo di estrazioni).
- Inoltre il TTIP renderà possibile per un grande investitore fare causa ad un governo per mettere in questione le sue leggi e politiche nazionali, anche in materia sociale o ambientale, se le ritiene lesive (anche in via presunta) dei propri investimenti fatti nel Paese (grazie alle norme ISDS = Investor-State Dispute Settlement). Il processo potrebbe essere intentato presso un tribunale speciale costituito ad hoc per queste controversie. Ci sono casi emblematici nell’ambito di accordi commerciali internazionali similari come quelli del NAFTA e dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, come quello della Lone Pine, una azienda estrattiva californiana che ha chiesto un risarcimento di 191 milioni di dollari allo Stato del Canada per aver vietato il sistema del fracking per le estrazioni sul suo territorio al fine di proteggere l’ambiente e la salute dei cittadini, oppure la causa della Philip Morris con l’Australia per il divieto di stampare loghi pubblicitari sui pacchetti di sigarette a fini di prevenzione del cancro, ed ancora quella della azienda di energia nucleare svedese Vattenfall per essere risarcita di 3,7 miliardi di euro dalla Germania per mancati profitti da due sue centrali nel Paese dopo che questa (in seguito alla tragedia di Fukushima) ha deciso di abbandonare l’uso dell’energia nucleare.
È chiaro che la paura di trovarsi davanti a richieste di risarcimenti tanto ingenti da parte di aziende a cui di certo non mancano le risorse per far valere i propri presunti diritti può creare forti resistenze da parte di molti governi a promuovere politiche di protezione sociale ed ambientale: questo significa che, per motivi economici, viene messa in forse e probabilmente limitata la stessa democrazia e la sovranità nazionale di ogni Paese, lasciando sempre di più il mondo intero ad uso e consumo delle multinazionali e di chi ne trae profitto.
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Foto Cordoba international Facebook
Accordi come il TTIP costituiscono un passaggio storico nell'evoluzione del dominio globale: è il potere delle multinazionali e della finanza globale che si rende autonomo dai governi, pur già sottomessi, e dagli stessi organismi internazionali multilaterali, e si fa formalmente governo in sé stesso, si crea le sue proprie istituzioni con propri meccanismi di funzionamento, proprie sedi decisionali e proprio sistema giuridico, con tutte le premesse per poter far valere a termini di legge il proprio potere - non più solo di fatto, come già avviene adesso, ma di diritto - indipendentemente e contro gli Stati nazionali e gli organismi internazionali che essi costituiscono. Va da sé che elezioni, democrazia, equilibrio tra poteri in tutto ciò non avrà posto, se non a livello esteriore, d'immagine, e solo finché non viene ritenuto lesivo di chi ha fatto degli investimenti importanti, ovvero di chi permette ulteriore Crescita Economica, ulteriore Sviluppo, che sempre di più si faranno principio unico, ultimo ed insindacabile.
Gli accordi TTIP hanno la potenzialità di cambiare sensibilmente la vita di tutti gli europei ma qui da noi se ne parla pochissimo. Quando la democrazia non è accompagnata da una informazione adeguata e trasparente, nelle società complesse come quelle in cui viviamo, di essa rimane poco più che l’apparenza.
Grazie all'impegno di molte associazioni e nonostante la segretezza in cui si voleva mantenere la trattativa, però, una certa resistenza si sta manifestando nell'opinione pubblica, soprattutto europea (ma anche negli USA) e l'iter degli accordi ha dovuto subire un significativo allungamento dei tempi. Componenti importanti, sia parlamentari che della società civile hanno mostrato riserve e contrarietà in vari Paesi, soprattutto in Germania, Belgio, Francia e la Campagna Stop-TTIP raccoglie consensi in tutta Europa.Dalle ultime notizie sembra ci sia la concreta possibilità che, se non si raggiungesse un accordo entro luglio, la stessa realizzabilità del TTIP potrebbe essere messa in forse. Il governo italiano (guardacaso) è tra i più favorevoli all'accordo: se ci fosse qui da noi un segnale forte e chiaro di netta contrarietà da parte dell'opinione pubblica ciò costituirebbe un colpo importante al procedere delle trattative, una battuta di arresto di cui non si potrebbe non tener conto.
Francamente: non sono uno che crede molto all'efficacia di cortei e manifestazioni in generale e normalmente non ci vado: credo più a scelte di vita concrete che diano forma in modo strutturale alla nostra vita in modo da renderci quanto più possibile slegati dal sistema dominante, vedi l'agricoltura neo-contadina. Ma questa volta credo sia importante: credo che la presenza di ognuno in più o in meno faccia una certa differenza, credo che dobbiamo essere in tanti a mostrare che siamo contrari, che questo accordo non lo vogliamo. E che questo non lo si debba e non lo si potrà ignorare.

IL 7 MAGGIO MANIFESTAZIONE A ROMA CONTRO IL TTIP
.......mi raccomando, bisogna esserci in tanti!!!!!

Per ulteriori informazioni ed approfondimenti, è utile vedere il sito della Campagna che riunisce una serie di associazioni che si stanno mobilitando contro questi accordi:





* Sergio Cabras è un neo-contadino olivicoltore e scrittore; è andato in campagna da Roma nei primi anni ’80 unendosi al fenomeno delle occupazioni di terreni e casolari demaniali sul Monte Peglia in Umbria; partecipa attivamente alla Campagna popolare per una legge sull’agricoltura contadina.

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