Ilva, il salvataggio dello Stato divide Taranto
Il governo stanzia due miliardi per acciaieria, bonifica e riqualificazione della città. Prevista anche la realizzazione di un centro di ricerca sui tumori infantili. Il sindaco: «Svolta necessaria, ma adesso serve concretezza». Critiche le associazioni: «Quel denaro servirà a pagare un terzo del debito che Riva ha con le banche»
ANSA
Una veduta aerea dello stabilimento dell’Ilva di Taranto
25/12/2014
FABIO DI TODARO
TARANTO
Chi è ottimista, lo fa emergere con cautela. «Spero che l’intervento dello Stato consenta di cambiare la situazione dell’Ilva e di Taranto - afferma il primo cittadino della città bimare, Ezio Stefàno -. Non potevamo stare più nel limbo, una svolta era necessaria. Ma adesso serve concretezza». Chi è contrario, non tarda a minacciare un ricorso a Bruxelles. «I soldi pubblici messi a disposizione serviranno a pagare un terzo del debito che l’azienda ha con le banche», fa sapere l’associazione Peacelink, pronta a sollecitare un nuovo intervento della Commissione Europea affinché «sanzioni l’Italia per non aver rispettato le norme comunitarie».
LAVORO O SALUTE, L’ETERNO DILEMMA DELLA CITTA’ MARTORIATA
Il decreto legge presentato mercoledì pomeriggio da Matteo Renzi, al termine dell’ultimo consiglio dei ministri del 2014, non ha cambiato le carte in tavola nel conflitto che da più di due anni dilania Taranto: divisa tra chi chiede la tutela della salute e chi esige la certezza del lavoro, tra chi vuole vedere trionfare le ragioni dell’economia e chi mette al primo posto la protezione dell’ambiente. L’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa, non chiuderà: almeno per i prossimi tre anni. È questa la prima conclusione ufficializzata dal capo del governo alla vigilia di Natale. Ma nel documento, che dovrebbe essere licenziato lunedì 29 dicembre, saranno diverse le novità.
LE MISURE DEL GOVERNO
La più importante prevede, a partire da gennaio, il subentro dello Stato - vent’anni dopo la privatizzazione, “costata” alla famiglia Riva meno di mille miliardi di lire - all’attuale proprietà, esautorata dagli ultimi 24 mesi di gestione commissariale (Bondi prima e Gnudi poi). Segue lo stanziamento di poco più di due miliardi per adempiere all’autorizzazione integrata ambientale (Aia), per la bonifica e la riqualificazione di porto, infrastrutture e musei, oltre che per realizzare in città un centro di ricerca sui tumori infantili. Prevista infine la nomina di tre commissari che dovranno gestire il risanamento dell’azienda e condurre le operazioni per la vendita dello stabilimento, da qui al 2017.
LA METAFORA DEL PREMIER
«L’investimento per metterlo a norma rappresenta una considerevole diminuzione rispetto al previsto, pari a 1,8 miliardi», fa spallucce Angelo Bonelli, consigliere comunale dei Verdi, all’opposizione. «Il danno ambientale stimato dalla procura di Taranto è di otto miliardi di euro». Per conoscere i dettagli occorrerà leggere il testo definitivo del decreto. Ma secondo Renzi la gestione dello Stato, per un minimo di 18 e fino a un massimo di 36 mesi, «rappresenta un grande atto di responsabilità: prendiamo in faccia il vento che serve per rimediare agli errori fatti in passato». Una metafora però infelice, che ricorda le folate che da anni ricoprono la città delle polveri provenienti dal siderurgico.
APPESI AGLI ANNUNCI
Spiega Fulvio Colucci, giornalista de “La Gazzetta del Mezzogiorno”: «Renzi, per riflettere, avrebbe dovuto leggere la targa di Peppino Corisi a quel vento dedicata e la maledizione pronunciata contro chi poteva evitare che il minerale, da quel vento portato, soffocasse operai e cittadini». Vivendo la città è facile capire perché aleggino i dubbi. A oggi il programma dei lavori, nonostante gli obblighi indicati dalla Corte Costituzionale, è stato disatteso e prorogato diverse volte, a più di due anni dal sequestro degli impianti. E adesso, stando alle parole del premier, i tempi di completamento degli interventi inseriti nell’Aia saranno chiari soltanto dopo un ulteriore decreto della Presidenza del Consiglio. Annunci a parte, dunque, molti sono gli aspetti ancora da verificare.
LE FESTE ALL’OMBRA DELLE CIMINIERE DELL’ILVA
È un Natale agrodolce, quello che si vive sulle sponde dello Ionio. L’ennesimo, in una realtà dove da anni la fanno da padrone la crisi occupazionale e l’assenza di prospettive per il futuro. Lo si capisce passeggiando per le vie del centro, dove la gente commenta le ultime notizie al termine della messa del 25 dicembre. L’opinione è comune: «Aspettiamo di vedere il testo nero su bianco, perché la distanza tra le promesse e i fatti qui è stata troppo spesso notevole».
I SINDACATI: I SOLDI NON BASTANO
Cauto è anche il mondo del sindacato, costituitosi parte civile nel processo per disastro ambientale in corso contro i vertici uscenti dell’acciaieria. Per Donato Stefanelli, segretario generale della Fiom, «Renzi dovrebbe smetterla di confrontarsi con il suo specchio e iniziare a farlo con gli operai. Con la somma stanziata si potrà soltanto avviare il percorso di risanamento indicato nell’Aia di due anni fa. Lo Stato non può passare come il salvatore di questa città, dopo aver svenduto una fabbrica dal patrimonio notevole e abdicato per due decenni al ruolo di indirizzo e controllo». Sulla stessa lunghezza d’onda Antonio Talò della Uilm: «La somma stanziata è insufficiente e un eventuale allentamento dei controlli sull’Aia non costituirebbe un passo in favore dei bambini di Taranto». Secondo Donato Panarelli (Fim Cisl) «il decreto va accolto positivamente, perché qui la situazione è drammatica. Ma la strada definitiva non può essere la nazionalizzazione. Sull’Aia non derogheremo: servirà un rispetto rigido delle norme, altrimenti la salute dei tarantini continuerà a non essere tutelata».
Twitter @fabioditodaro
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