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CULTURA
Corigliano Calabro Fotografia 2015, le tradizioni agroalimentari negli scatti di grandi autori
Eva Catizone
Ex sindaco di Cosenza, voce "contro" del Sud
È arrivato alla 13esima edizione il Festival Corigliano Calabro Fotografia, intelligente promozione d’un territorio attraverso una forma d’arte. Organizzato dall’associazione Corigliano per la fotografia, l’evento nasce nel 2003 da un’idea del direttore artistico, Gaetano Gianzi, medico radiologo di raro garbo che ha coltivato la passione per le immagini oltre i confini della professione, coadiuvato dall’impareggiabile team organizzativo formato da Giorgio Tricarico e Alessia Alboresi.
In questi anni, autori di fama internazionale sono stati chiamati a leggere i luoghi: condizione urbana, natura, tradizioni…e sono state realizzate 12 mostre che si spera possano comporre una collezione pubblica permanente della città, magari in una Casa della Fotografia, per un nuovo fermento culturale della Sibaritide.
Dal 15 al 19 luglio, nella prestigiosa sede del Castello ducale, saràun susseguirsi di workshop, incontri, presentazioni di libri(Portfolio Italia, con lettori d’eccezione), mostre fotografiche (visibili per tutto il periodo estivo) e un concerto di chiusura da Onda calabra: 19 luglio, piazzale del Castello Ducale, Peppe Voltarelli Trio. Un festival che è felice esempio di condivisione pubblico/privata: organizzato grazie a sponsor privati, è sostenuto con fondi comunitari dalla Regione Calabria. Quest’anno, in clima d’Expo, cinque autorevoli fotografi italiani e un francese racconteranno attraverso l’obiettivo il genius loci: agroalimentare e dintorni il tema dell’anno, vocazione d’un territorio, raro esempio in Calabria di produzione agroindustriale d’eccellenza.
Siamo nella fertilissima Piana di Sibari da Daq (Distretto agroalimentare di qualità), la pianura calabrese più estesa sovrastata dal massiccio del Pollino e bagnata dallo Jonio, a due passi da Sibari, città magnogreca di fondazione achea e dal suo imponente Parco archeologico di recente affogato nel fango. Qui singoli produttori, affetti da sentimentalità dei luoghi prima ancora del pubblico, hanno intuito che la vera ricchezza sta nelle produzioni locali. E su questo hanno investito.
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