di Saverio Tommasi*
La signora nella foto si chiama Monica Porrati ed è assessore della Lega nord nel Comune di Ossona, a Milano. Seguendo il consiglio del partito degli omini verdi ha “rinunciato” alla cittadinanza italiana per chiedere lo status di profuga e “godere così degli stessi diritti che i rifugiati ricevono dallo Stato italiano”. Sempre secondo quell’idea bizzarra che “stanno meglio i cosiddetti profughi” degli italiani.
Ricordo alla signora Monica Porrati che i profughi sono quelle persone che hanno avuto la casa sventrata dai bombardamenti perché in guerra, oppure la mamma sventrata dai soldati perché i soldati devono pur scopare, oppure le rughe sulla schiena che però se le guardi bene ti accorgi che sono cicatrici perché sulla schiena ci sono passati i torturatori con il coltello fino a mezzo centimetro di profondità; oppure hanno avuto la mano tagliata perché hanno rubato un tozzo di pane per sopravvivere; oppure hanno avuto il fratello impiccato all’angolo della strada, in alto sul lampione che tutti lo potessero vedere, perché non si può fare opposizione all’unico gruppo militare al potere; oppure sono persone che hanno un bambino a cui sono costrette a far bere acqua non potabile, rischiando così di farlo morire (ma rischiando comunque meno che tenerlo senz’acqua).
Anzi, a voler essere precisi l’ultimo caso, quello dei migranti per fame, non rientra nella possibilità della richiesta d’asilo, perché vincere la fame non viene considerata una necessità , ma una sfiga come potrebbe essere quella di non trovare il biglietto dell’ultimo concerto di Ligabue. E perciò passibile di rimpatrio. Come dire: se il biglietto non ce l’hai, bello di mamma, stai a casa. E se vieni allo stadio e tenti di entrare io non ti faccio entrare. E se per caso entri e ti trovo senza biglietto ti mando fuori a calci nel culo. Un ragionamento abbastanza condivisibile se si tratta di un concerto, appunto, ma tragico se il contendere è l'acqua potabile (oppure no) di un bambino che si tiene in braccio. Perché gira che ti rigira è proprio di questo che si parla.
In ogni caso, signora Monica Porrati, lei non solo ha pisciato fuori dal vaso, ma poi si è divertita a saltellare su quel liquame a piedi scalzi e provocando con il suo gesto schizzi di fango casuali e molteplici, in ogni caso con risultati tutti alquanto schifosi. Ma lei, magari, ci si trova benissimo, e anzi saltellare sul proprio piscio divertendosi a perculare i più fragili della terra è la cosa più divertente del mondo, e siamo noi a non averlo ancora capito. Chissà. Per ora rimango convinto che sia meglio fare la pipì nel water, o al limite dietro un cespuglio, e soprattutto proteggere i più fragili della Terra dalle guerre, anche quelle delle parole delle persone come lei.
* Attore, scrittore, blogger, Saverio Tommasi è nato a Firenze e ama raccontare storie. “Il mio mestiere – scrive nel suo sito – è vivere le storie… Sul campo. Sul palco, attraverso una telecamera o un libro. Mostrare ciò che non si ha interesse a disvelare”. Quali storie? “Storie scomode. Voglio alzare i tappeti e raccogliere la polvere”. Ha scelto di inviare i suoi articoli a Comune con molto piacere. |
lunedì 29 giugno 2015
due cose sui rifugiati
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