martedì 22 settembre 2015

i trucchi che il governo Merkel conosceva

“Undici milioni di auto con il software truccato”. Lo scandalo Volkswagen si allarga, si muove l’Ue

La casa automobilistica tedesca accantona 6,5 miliardi di euro per coprire costi e multe. Tracollo del titolo in Borsa: perso il 35% in due giorni. Die Welt: il governo Merkel sapeva
AP

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22/09/2015
Fino a 11 milioni di auto truccate. I timori per una multa da 18 miliardi di dollari, il titolo in Borsa in picchiata e 24 miliardi di euro “bruciati” in due giorni. Lo scandalo Volkswagen si allarga e ora lambisce anche il governo tedesco. Aldilà dei numeri, che tentano di dare la portata della vicenda, il danno effettivo è per ora semplicemente incalcolabile.  

SE CROLLA IL MITO DELL’AFFIDABILITA’ TEDESCA  
Il gruppo è il marchio simbolo dell’affidabilità tedesca: in gioco c’è il buon nome del made in Germany, e quindi le prestazioni dell’export della locomotiva d’Europa in tutto il mondo. Anche la cancelliera Angela Merkel è intervenuta, chiedendo che sia chiarito tutto nella «massima trasparenza». Berlino si muove: il ministero dei Trasporti ha istituito una commissione di inchiesta che sarà nella sede legale di Vw già in settimana, e giovedì il caso approderà nel Bundestag. Ma potrebbero esserci risvolti anche politici, dal momento che secondo il giornaleDie Welt una risposta parlamentare del dicastero di Alexander Dobrindt ai Verdi del 28 luglio scorso dimostra che l’esecutivo tedesco fosse al corrente delle tecniche per truccare i dati sull’antismog. E anche Bruxelles, stando alla stessa fonte, ne era a conoscenza. 

L’AD SOTTO ASSEDIO NON SI DIMETTE  
Gli interventi sull’operato di Volkswagen si moltiplicano: la Ue ha affermato di star seguendo la questione in modo serio. Nei singoli paesi si avviano inchieste - anche in Italia il ministero dei Trasporti ne ha avviata una, e ha chiesto spiegazioni - e i consumatori sono ovunque sul piede di guerra e perfino l’Onu si è detto preoccupato. «I nuovi veicoli Euro 6 diesel attualmente distribuiti in Europa «sono conformi alle leggi e agli standard di inquinamento», ha intanto assicurato Volkswagen spiegando che il gruppo «sta lavorando il più velocemente possibile» per chiarire quanto accaduto. Gli occhi di tutti sono puntati sulla seduta del consiglio di sorveglianza di domani. E sul ceo, Martin Winterkorn, che ha chiesto ancora una volta oggi scusa. Facendo capire che - desolazione a parte - non intende rinunciare al suo posto. Ma secondo il Tagesspiegel, l’ad non avrebbe più sostegno da parte del consiglio di sorveglianza, e questo sarebbe pronto a metterlo alla porta.  

IL CROLLO IN BORSA  
Lo scenario è disastroso: le azioni ordinarie della Volkswagen hanno persooggi il 16,8% nel listino di Francoforte. L’azienda ha annunciato un maxi accantonamento da 6,5 miliardi per fronteggiare l’inchiesta negli Usa, annunciando un allarme sugli utili 2015. Nella versione ordinaria le azioni della casa automobilistica tedesca sono passate dai 161,35 euro della chiusura di venerdì, prima che emergesse la violazione delle norme anti-smog negli Usa, ai 111,2 euro di oggi: in due sedute il calo è del 31%. Le azioni privilegiate hanno fatto ancora peggio cedendo lunedì e martedì in totale il 34,7% (valevano 162,4 euro l’una alla fine della scorsa settimana). Angela Merkel ha sollecitato «che i fatti vengano messi sul tavolo in piena trasparenza» mentre un giornale ha annunciato che il numero uno del gruppo si dimetterà domani. 


L’AZIENDA SI DIFENDE  
«Non ho ancora tutte le risposte alle domande, ma stiamo mettendo tutti i fatti sul tavolo e si lavora intensamente» per fare chiarezza ha replicato Winterkorn apparso nuovamente oggi, visibilmente contrito, in un videomessaggio sul sito della Volkswagen, dove ha ribadito: «Mi dispiace infinitamente per questa rottura della fiducia. Le irregolarità sui motori diesel sono il contrario di tutto ciò per cui sta Volkswagen». E ancora «mai più manipolazioni del genere», ha detto, chiamando per nome il reato di cui si è macchiata l’azienda che ha aggirato le norme antismog facendo ricorso ad un sofisticato software in grado di alterare i risultati dei test sulle auto. L’accusa per la quale negli Usa si è aperta una inchiesta penale ed è stato chiesto di ritirare 500 mila veicoli dal mercato. Ma Winterkorn ha anche tentato di difendere l’azienda sana: «Molto viene messo in dubbio in questo momento, lo capisco. Ma sarebbe sbagliato che per i brutti errori di pochi finisse nel sospetto generale il lavoro duro e onesto di 600 mila persone. Questo la nostra squadra non lo ha meritato. Perciò vi chiedo e vi chiediamo di continuare a riporre fiducia nel nostro percorso».  

EUROPA IN CAMPO  
Dopo gli Usa, anche l’Europa vuole chiarezza e corre ai ripari e, a partire dall’Italia, comincia ad avviare inchieste e pensa a misure analoghe a quelle americane come lo stop alle vendite. Mentre le associazioni dei consumatori sono in rivolta, la Commissione Ue, che non ha poteri per aprire un’inchiesta europea, chiede il rispetto delle norme e agli stati membri di vigilare, ricordando che già dal 2016 saranno in vigore nuovi test su strada per le emissioni. «Dobbiamo andare sino in fondo», ha promesso Bruxelles, precisando che, date le indagini tuttora in corso sia negli Usa che in Germania, per ora «è prematuro» dire se in Europa siano necessarie «misure immediate di sorveglianza specifiche». «Per il bene dei consumatori e l’ambiente, abbiamo bisogno della certezza che l’industria rispetti in modo scrupoloso i limiti delle emissioni», ha avvertito la portavoce al mercato interno Lucia Caudet, «abbiamo preso la questione molto sul serio». 

PALLA AGLI STATI  
A chiedere subito un’inchiesta Ue è stato il ministro dell’economia francese Michel Sapin, ma anche i consumatori europei del Beuc. Sebbene sia la Commissione a fissare le regole su procedure di controllo e limiti delle emissioni, è però competenza degli Stati membri applicarle e compiere le verifiche necessarie. Da qui l’invito rivolto da Bruxelles alle autorità nazionali di omologazione a «essere particolarmente vigili e rigorose», e la convocazione immediata di una riunione straordinaria a inizio ottobre. Va quindi in questa direzione la decisione dell’Italia presa dal ministero dei trasporti di avviare un’indagine, interpellando sia l’omologatore tedesco Kba che Volkswagen, e di chiedere chiarimenti da parte del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. Con la richiesta, «qualora necessario», di «assumere analoghe iniziative già intraprese per il mercato americano» quali il blocco delle vendite e il ritiro dei veicoli già commercializzati «anche a tutela dei consumatori italiani». Le verifiche, ha in ogni caso assicurato il sottosegretario Claudio De Vincenti, saranno fatte «in tempi rapidi». Intanto anche il ministro dell’ambiente francese Segolène Royal ha annunciato l’apertura di una «inchiesta approfondita» su Volkswagen, chiedendo pure «ai costruttori nazionali di verificare che tali atti non avvengano in Francia». E persino la Corea del Sud ha avviato un’indagine sulle auto diesel Vw.  


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