Quest'estate l'appennino Tosco Emiliano è stato lo scenario che ha ospitato il primo incontro internazionale di Teatro per la Transizione. Tra vallate accoglienti e querce secolari, sessanta persone provenienti da mezzo monto hanno convissuto per una settimana mettendo in pratica strumenti per affrontare i cambiamenti che stanno sperimentando le nostre società e costruire resilienza per mezzo dell'arte, la creatività e la solidarietà.
di Luca Malservisi
Il Theatre for Transition Learning Village nasce dal sogno di alcuni visionari che insieme hanno immaginato di poter creare, da qualche parte in Europa, un incontro tra persone che praticano il teatro e che lavorano per la transizione verso una società migliore e sostenibile per il pianeta. E così ispirandoci ad un tecnica di progettazione molto poco convenzionale, chiamata Dragon Dreaming, tra mail, skype call su diversi fusi orari, sempre più persone hanno dato il loro contributo alla progettazione di questo evento e immaginato di creare le basi per il Network del Teatro per la Transizione.
Non sapevamo quante persone avrebbe partecipato, ma…
Alla fine, non so se più “per colpa” mia o di qualcun altro (tipo Antonio), abbiamo finito per portare tutti sulle colline di Bologna, a Monzuno, presso l’Ecovillaggio Alluce Verde, dove un gruppo di famiglie, lasciando la città, ha iniziato un progetto di resilienza, recuperando un casolare abbandonato e relativi terreni per farne la propria casa, ma anche un luogo aperto, dove fare esperienze diverse (come quella del nostro Villaggio). Ci siamo subito sentiti a casa.
Per una settimana (dal 20 al 26 luglio) siamo stati più di cinquanta, da dodici paesi – Spagna, Grecia, Israele, Germania, Polonia, Austria, Francia, Olanda, Belgio, Italia, Stati Uniti, India – con diverse formazioni teatrali, alcuni attori e registi, altri facilitatori e formatori, semplici attivisti, o studenti desiderosi di imparare, ma tutti interessati ad incontrarsi e interrogarsi su come il Teatro possa facilitare la Transizione verso un nuovo modello di società, dove ci si prenda cura del pianeta su cui viviamo, si costruiscano comunità più resilienti e coese, migliori relazioni tra uomo e donna.
L’idea era di approfittare della presenza di tante energie, tante professionalità, conoscenze ed entusiasmo e farli fluire, mescolare e contaminare. Scambiare competenze e imparare qualcosa sui linguaggi del teatro partecipativo e sulle tecniche di facilitazione per cambiare le nostre comunità, farlo sperimentando. Ma volevamo anche creare una comunità in apprendimento dove ognuno fosse protagonista nella realizzazione dell’evento.
Abbiamo quindi inserito le attività e i workshop in una struttura molto flessibile e aperta, utilizzando la tecnica Open Space Technology e abbiamo dato vita ad un vero Villaggio con i suoi principi, le sue regole, i suoi rituali, cercando di farlo il più simile possibile alla comunità che vorremmo.
Ognuno dei “villagers” si è preso la sua responsabilità nel co-creare questo evento, prendendo parte a uno dei “self-organization-group” (“gruppi di auto-organizzazione”), che hanno avuto cura degli spazi comuni, o della gestione dei tempi, o della documentazione delle attività svolte, o della celebrazione dei successi e insuccessi, o di gestire le energie del gruppo, o della riflessione su quanto sperimentato. Ognuno è stato invitato ad entrare in un gruppo che si occupasse di qualcosa che lo entusiasmava, nel quale sentiva di poter dare un contributo e tanta energia, oppure al contrario di qualcosa nel quale non si sentiva portato, per mettersi alla prova e scoprire qualcosa nuovo.
Questi i gruppi.
Custodi del Tempo [Time Group]: si sono chiesti come potevamo impiegare il tempo nella migliore maniera possibile. Hanno provato in tutti i modi a far cominciare le attività puntualmente, hanno organizzato pure una sorta di banda che con tamburi, maracas e chitarre si aggirava per l’accampamento, cantando: “mancano 5minuti, mancano 3 minuti, manca 1 minuto, siete in ritardo…”. Ha funzionato? Mica tanto. Però, invece che stressarsi, si sono divertiti un sacco!
Custodi dello Spazio [Space Group]: si sono chiesti come potevamo godere di questo luogo e lasciarlo migliore di come lo abbiamo trovato. Oltre a prendersi cura degli spazi per le attività, del nostro teatro panoramico e del resto dell’accampamento, hanno convinto tutti i partecipanti, l’ultima sera, che sarebbe stato divertentissimo, con torce, scope e stracci pulire tutto prima della grande festa. E lo è stato!
Custodi del Cuore [Energy Group]: si sono presi cura dell’energia del gruppo, che naturalmente ondeggia, su e giù. Ci hanno proposto esercizi per risvegliarci dopo mangiato, rilassarci quando eravamo agitati (soprattutto perché non avevamo ancora mangiato).
Custodi della Memoria [Documentation Group]: hanno organizzato la condivisione e la raccolta delle informazioni e delle conoscenze apprese insieme, chiedendosi anche come mantenere connesso il Villaggio dopo questa entusiasmante esperienza. Non solo sono state girate tantissime interviste che presto diventeranno un documentario, ma ogni giorno abbiamo avuto il nostro giornale, che riportava non solo i fatti più importanti, ma anche il Gossip (solo “positive gossip”, però)!
Gruppo Riflessione [Reflection Group]: hanno fatto in modo che ogni giorno avessimo modo di riflettere, elaborare quanto imparato e sperimentato. Ovviamente non l’abbiamo fatto soltanto chiudendo gli occhi, meditando e poi parlando, ma piuttosto saltando, cantando e soprattutto recitando!
Gruppo Celebrazione [Celebration Group]: hanno avuto l’arduo compito di assicurarsi che il 25 per cento del tempo fosse dedicato a celebrare: i risultati raggiunti, i momenti di difficoltà nei quali abbiamo imparato qualcosa, il pranzo e la cena… e organizzato la grande festa finale! Compito svolto alla perfezione, ma visto che celebravamo di continuo e agitare in alto le mani stava diventando noioso, ogni giorno i nostri prodi hanno trovato un nuovo gesto e un’esclamazione in una lingua diversa per approvare e celebrare. Quello che è rimasto nei nostri cuori però rimarrà sempre “Che Figo!” (pronunciato in diversi modi “Che Figo/Figuo/Figho/Fuigho/…”) associato a un gesto che era qualcosa di simile all’esultanza di Bolt.
I workshop
Ma cosa abbiamo fatto tutto il giorno? Tanti laboratori cercando di applicare tecniche di teatro come: Contact improvvisation / Playback Theatre / Teatro dell’Oppresso / Teatro forum / Image Theatre / Theatre for living…..e molto altro al tema della transizione interiore o sociale.
È stato poi molto interessante avere con noi Silvana di Movement Medicine e il gruppoShadow Liberation (direttamente da Bangalore – India!) che ci hanno portato a riflettere molto più di quanto avremmo immaginato sul genere maschile e femminile, sull’importanza delle differenze nella connessione con la natura e nelle relazioni sociali e di come queste possano essere valorizzate (e celebrate).
Glis spettacoli
Ogni sera uno spettacolo diverso: abbiamo messo in scena un po’ dei nostri laboratori con l’Open Theatre; a partire dalla domanda "che cos’ è per me la transizione?" abbiamo raccolto e rappresentato storie personali grazie al Playback Theatre (e una inedita compagnia Italo-olandese); abbiamo indagato su le differenze di genere (uomo/donna) – e su come ancora oggi anche su questo tema ci sia ancora bisogno di una transizione – con il teatro delle ombre e il fantastico gruppo Shadow Liberation.
Abbiamo concluso riflettendo sul valore che diamo al denaro, sul dono e sulla fiducia. Infatti previdentemente l’hosting team (il gruppo organizzatore) aveva fatto un budget ed erano rimasti un po’ di soldi. Che farci? Abbiamo deciso di stabilirlo insieme. Non è stato semplice discuterne, verso la fine di un’esperienza così coinvolgente per tutti, soprattutto perché in ognuno di noi la relazione con il denaro traccia come una ferita profonda, che spesso rende difficile attribuire il vero valore alle cose. Abbiamo provato quindi a ridare a questo denaro il suo vero significato: energia che deve circolare per generare valore.
Ci siamo messi in gioco, ed ecco cosa è successo.
Il gruzzoletto è stato messo in una scatola e liberamente ognuno ha potuto, in maniera anonima, decidere se credeva giusto donare qualcosa in più di quanto già dato con il contributo a copertura dei costi (vitto, alloggio, struttura) o prendere qualcosa indietro. La mattina successiva abbiamo trovato più soldi di quanti ne avevamo lasciati nella scatola. A questo punto, come deciso, nel gruppo organizzatore, ognuno si è preso la responsabilità di prendere quanto riteneva giusto per l’impegno dei mesi precedenti. Alla fine di questo (trasparente) processo è anche rimasto un gruzzoletto per il Tft Learning Village 2!
Ci siamo salutati quindi immaginando di essere ben radicati a terra, come tanti alberi, che affrontando le varie stagioni: sole, pioggia, neve e vento, offrono rifugio e nutrono tanti animali, scoprendo che la foresta è molto di più dell’insieme dei suoi alberi…
Visto che tutto era cominciato con un sogno, abbiamo pensato di andare oltre, provato a vedere quanti altri sogni avevano portato con loro i nostri “Villagers”. Come potete immaginare erano tanti e abbiamo scoperto che alcuni erano condivisi. Si sono creati quindi dei Dreaming Circles (cerchi dei sognatori) per iniziare a immaginare i nostri prossimi progetti:
– Parigi COP2015 portare il Theatre for Transition alla conferenza sul clima di Parigi;
– Dreamcatchers (i cacciatori di sogni): tanti gruppi che ogni mese, contemporaneamente in diverse città del mondo, incontrino persone comuni in strada e nelle piazze per ascoltare ed interpretare le loro storie, i lori sogni; – Art for Transition Festival: nel 2016, in Grecia. Non limitiamoci al teatro; – Bangalore Project: uno spazio per il teatro sociale, per i temi della violenza sulle donne e dei rifugiati tibetani, utilizzando le tecniche del Teatro delle ombre; – Il Teatro della Tenerezza presso l’Alluce Verde (che ci ha ospitato); -Il Theatre for Transition Network, un gruppo di pionieri che si connetta con il Transition Network, crei e sperimenti una “cassetta degli attrezzi teatrale” per informare, coinvolgere, attivare le comunità locali.
Quanto lontano arriveranno questi progetti? Non lo sappiamo, però una cosa è certa: “Il modo migliore per andare avanti è cominciare” (M.Twain).
E voi, non volete partecipare? Contattateci!
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lunedì 21 settembre 2015
le comunità che vogliamo
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