lunedì 21 settembre 2015

migranti:fratelli e sorelle di mare e di terra

I fratelli e le sorelle del mare e di terra

by JLC
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di Alessio Di Florio
“Certe crisi son soltanto segno di qualcosa dentro che sta urlando per uscire” cantava il sommo maestrone Francesco Guccini già nel 1970. E a furia di urlare, alle frontiere di quest’Europa in crisi e che più di qualcuno già vede morente, alla fine è uscito un fiume impetuoso, un uragano che tutto travolge. Le migliaia e migliaia di migranti protagonisti di quest’estate, da Ventimiglia a Calais, da Lesbo alle frontiere ungheresi partono,viaggiano, protestano, sperano e disperano mossi dai più elementari bisogni e necessità umane ma la loro r-esistenza e presenza racconta e vale molto di più. Dall’essenza dell’umano vengono le lezioni e le stelle polari più forti e profondi. Per l’Europa ma soprattutto per quel vasto arcipelago che si definisce “di sinistra”, ripiegato e alla ricerca di se stessa tra dialoghi tra ceti politici, soluzioni più o meno verticistiche, nostalgie canaglia, tentazioni leaderistiche e tutto il vasto armamentario che, in Italia ma non solo, ben conosciamo.
I fratelli e le sorelle del mare e di terra sono avanti, sono oltre tutto questo e chiedono, a chi oggi zoppica sulla terra, di volare alto, molto in alto. E, per farlo, è doveroso ripartire dall’essenziale, dal cuore di tutto. Le cronache di questi mesi, e specialmente di questi ultimi giorni, ci documentano e dimostrano la crisi della “fortezza Europa”, delle politiche sicuritarie e criminogene in Italia portate avanti con la Turco-Napolitano, la Bossi-Fini e i decreti sicurezza di Maroni e Berlusconi, l’ipocrisia dei maggiori trafficanti di armi e guerre al mondo (insieme agli Usa) che mentre sventolano pseudo nobili e alti vessilli democratichi, liberali e di tolleranza fanno affari con coloro che a parole dicono di combattere. Isis compreso.
Aylan veniva da Kobane, la città divenuta simbolo della resistenza kurda e della lotta contro l’autoproclamato califfato islamico. Kobane e i kurdi non hanno mai lanciato proclami, hanno fatto la cosa più semplice e immediata di questo mondo: combattuto, resistito, difeso la propria vita ed esistenza. Ed hanno vinto. Davanti a tutto questo in Occidente abbiamo letto e sentito proclami, allarmi, roboanti dichiarazioni d’intenti che non si sono mai concretizzati di nulla. Mentre si realizzava l’opposto e, in maniera più o meno diretta, si favoriva e si finanziava proprio l’Isis. Ogni tanto la nostra grande stampa scopriva Kobane e le combattenti kurde. Definite eroine, osannate e acclamate. Fino all’inizio dell’offensiva di Erdogan, quando chi realmente, concretamente, ogni giorno lotta e vince contro l’Isis è tornato ad essere considerato criminale e terrorista. Perché nei mesi dei proclami europei e della lotta kurda il Pkk di Apo Ocalan neanche per un secondo è stato tolto dalla lista nera di Europa e Stati uniti.
Tutto questo e molto più ci raccontano le immagini e i video di queste settimane. Immagini e video che impongono un punto fermo, che chiedono lineari e coraggiose prese di posizioni. Quelle immagini sono la tappa odierna di una Storia vera e profonda, che affonda le radici nei più nobili capitoli del libro dell’Umanità. Come il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, i partigiani italiani ed europei contro il nazifascismo, gli autentici internazionalisti, le voci coraggiose e indipendenti che hanno denunciato oppressioni e sfruttamento, mafie e dittature, sono pronti a scrivere pagine di dignità e libertà, di vera umanità e progresso. Ma chiedono scrittori e voci pronte, orecchie attente e occhi non aperti soltanto a metà.

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