lunedì 21 settembre 2015

modificare gli stili di vita

STILI DI VITA

«La chiave della felicità? Riappropriarci del nostro tempo per vivere la nostra famiglia»

Fabio Fiani e sua moglie Maria, vivevano a Genova ed entrambi lavoravano dal 1988 nella loro azienda; dopo alcuni anni dalla nascita dei due figli, hanno deciso di dire basta a città e lavoro e hanno riunito la loro famiglia. Li abbiamo intervistati nella loro casa circondata dal bosco nell'entroterra di Varazze; ci hanno raccontato la loro storia.

di Valeria Scopesi - 21 Settembre 2015



«Decisi a creare una famiglia solida - spieganoMaria e Fabio Fiani - abbiamo fondato poco prima del matrimonio un’azienda nella quale lavorare insieme e condividere successi e difficoltà, certi che questo avrebbe rafforzato l’unione nella vita e nel lavoro». I due lavoravano 6 giorni alla settimana con un orario medio di 12 ore giornaliere, arrivando anche a 16 ore durante eventi e fiere. Grazie al loro impegno e alla loro serietà la ditta procedeva a gonfie vele e il lavoro aumentava esponenzialmente dando loro molte soddisfazioni. «Dieci anni dopo -prosegue Maria- è arrivata la nostra prima figlia a coronamento di un matrimonio felice e sempre più solido. Questo ci ha portato a buttarci a capofitto nel lavoro con l’obiettivo di creare un mondo rosa alla nostra principessa. Ma il lavoro ha trascinato Fabio in un vortice che lo ha allontanato sempre più da noi, i momenti passati insieme erano proprio pochi e spesso condivisi via telefono con l'azienda».








Nel 2003 nacque il loro secondogenito e questo fece aumentare il senso di responsabilità in Fabio portandolo a lavorare maggiormente: l’azienda decollò conquistando una grande fetta del mercato genovese.





Ma cosa ne fu della vita familiare?





«Era rimasta laggiù, quasi irraggiungibile -dice Fabio- i momenti nei quali godere del sorriso e del gioco dei miei bimbi erano rarissimi, ma nonostante la gioia, quegli attimi sembravano di troppo perché mi distoglievano dall’azienda».





Maria nel frattempo si divideva tra lavoro e figli, allungando le proprie giornate fino alle due di notte e comunicando con suo marito via e-mail, perché non c’era più il tempo di parlare guardandosi negli occhi come facevano una volta. Intanto i figli crescevano e gli amici si allontanavano...





Nel 2005 i due vennero per caso a conoscenza della vendita di un rudere nell’entroterra varazzino e a Fabio brillarono subito gli occhi nel vederlo: fu l’occasione per Maria di farsi promettere che, una volta ristrutturato, vi ci sarebbero trasferiti lasciando l’azienda, o almeno, avrebbero drasticamente ridotto il loro impegno al suo interno. Dopo sei mesi quel rudere ingoiato dalla selva divenne il loro. Ci vollero però ancora sei anni prima che fosse abitabile, sei anni di vero incubo per entrambi: Fabio lavorava più di prima, alla ricerca di risorse capaci di garantire stabilità economica alla famiglia anche dopo il trasferimento. Il raggio d’azione si era allargato in Romagna, Toscana e Lazio e lui era spesso in trasferta.





Maria racconta: «Gli anni tra il 2006 e il 2011 sono stati i più intensi: al lavoro di base si sono aggiunti i lunghi periodi di assenza di Fabio, la progettazione e i lavori per la costruzione della nuova casa e gli interventi chirurgici di una certa importanza subiti dal nostro piccolo, ben quattro tra il 2007 e il 2011. Io avevo tutto sulle mie spalle, per cui in quel periodo ho trascurato la mia principessa che, fortunatamente, è comunque cresciuta gestendo con successo studio, sport e amici, e molto spesso si è trovata anche a dover badare al fratellino in convalescenza dimostrando molta maturità».





Con il progredire dei lavori i bimbi crescono e aggiungono il loro tocco personale al progetto, finché a fine estate 2011 finalmente la ditta viene ceduta e la famiglia al completo si trasferisce nella nuova abitazione.





«I primi due anni della nuova vita mi sono occupato sostanzialmente di instaurare un rapporto con i miei figli, cosa non avevo mai potuto, purtroppo, coltivare prima – spiega Fabio -  in particolare ho scoperto che la mia primogenita è in tutto e per tutto simile a me, per cui prendiamo parte ad un sacco di attività insieme e ci divertiamo molto, abbiamo una bellissima sintonia. Ho trovato  un grande piacere nel fare le piccole cose quotidiane con la mia famiglia, accompagnare i bambini a scuola alla mattina, passare di nuovo del tempo insieme a mia moglie, fare lunghe passeggiate alla scoperta del territorio».





Insomma, questa è stata la scelta giusta? Non vi manca niente della vita precedente?





«Abbiamo lasciato tutto alle nostre spalle e abbiamo guardato avanti più forti e uniti che mai: nessun rimpianto, nessun ripensamento, siamo tutti insieme, possiamo condividere le nostre esistenze, le nostre emozioni; abbiamo iniziato a conoscere i nostri figli e loro a conoscere noi, pulsiamo all’unisono, come una famiglia deve fare, come la società impedisce che sia. Nessuno di noi tornerebbe indietro e, onestamente, visto il risultato, siamo felici di aver avuto la forza di superare i momenti duri e frustranti che ci hanno portato qui.  Abbiamo scoperto la gioia di avere amici sinceri, percepiamo di far parte di una collettività senza esserne gli automi, possiamo godere della semplicità delle cose e dei rapporti interpersonali. Ci siamo impossessati della nostra vita, curiamo l’orto, alleviamo animali da cortile, cuciniamo, siamo diventati  membri attivi della nostra città. seguiamo i ragazzi nelle loro attività e conosciamo i loro amici, condividiamo con loro tempo e spazi e ciò è impagabile». Questo è il messaggio che i quattro, insieme, consegnano con la loro testimonianza, e la felicità che si vede stampata sui loro volti ne è la prova tangibile.





Ancora una curiosità: progetti per il futuro? E Fabio risponde istantaneamente: «Vivere».

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