di Rosaria Gasparro*
«Quello che so io è che sono un albero d’ulivo», dice Nandu Popu. Ed è quello che sa e che sente ognuno dei presenti. Siamo in migliaia, siamo qui per dichiarare il nostro patto d’amore per la nostra terra. Lo cantiamo insieme a lui che non dimentichiamo le radici da cui veniamo e che oggi ci chiamano. «Quista è casa mia, terra mia, lu Salentu no nù sse tocca». Ci sono tantissimi giovani. Bellissimi figli degli ulivi, con i ramoscelli tra i capelli. Ci sono i medici per l’ambiente dell’Isde, gli oncologi della Lilt, il Forum ambiente e salute. Perché «sarà un attentato alla salute di tutti, saranno usati pesticidi, alcuni dei quali clorati, che entreranno direttamente nella membrana delle cellule» come dice il dottor Carlo De Michele. Sono settanta fra enti e associazioni presenti.
Ci sono quelli che hanno fatto quaranta chilometri in bici per essere qui. Ci sono quelli che hanno saltato il pranzo perché oggi è qui la festa. Paola e Marc con il loro campo coltivato con lapermacultura. I giovani contadini e gli imprenditori agricoli. Gli anziani che parlano con gli alberi, che sanno che l’ulivo vuole cinque cose: largo, pietra, letame, accetta e sole. Ci sono gli agronomi e gli artisti, i Sud Sound System, Mimmo Cavallo ed Enza Pagliara. Ivano Gioffreda, l’agricoltore combattente, presidente di Spazi Popolari, uno degli organizzatori dell’evento, infiamma gli animi quando dice che ci vuole l’università della saggezza popolare, che la ricerca deve essere libera e che invece non lo è, che dopo cinquant’anni di agrochimica le università farebbero bene a insegnare come si zappa la terra, come si ama, come si cura, che nessuno può permettersi di eradicare la nostra cultura, il simbolo di ciò che siamo. Ivano, che i denigratori chiamano santone e complottista, che ha guarito i suoi alberi malati disinfettandoli con poltiglia bordolese autoprodotta a base di solfato di rame e grassello di calce.
Ci sono le donne, tante, quelle su cui contare, quelle come Antonia Battaglia di Peacelink che ha sollevato dubbi, presso la Commissione europea, sulla causa del disseccamento rapido degli ulivi, che potrebbe non essere attribuibile al batterio xylella, ma ad altri fattori patogeni come i funghi tracheomicotici. Donne di scienza come Antonia Carlucci, evocata dal palco ricavato sugli scalini, ricercatrice presso l’università di Foggia in patologia vegetale, secondo la quale il fenomeno del disseccamento deve esser ulteriormente studiato, dal momento che non è ancora chiaro se la xylella sia il patogeno primario o secondario e quale ruolo abbiano i funghi nella malattia che sta colpendo gli ulivi salentini. Donne di legge, come il sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone che indaga da un anno sul batterio e che ha denunciato il fatto che l’Istituto agronomico mediterraneo, dove si è svolto il workshop del 2010 nel quale è stato portato il batterio da xylella per scopi scientifici, gode per legge di immunità assoluta e l’autorità giudiziaria non può andare a indagare. Un caso unico nello scenario mondiale. «È nato un popolo» dice Luigi Russo, presidente del Csv, uno dei promotori della giornata, che si è appellato al principio della precauzione come principio a cui attenersi in assenza di dati certi. Che si chiede come mai nell’ultimo rapporto sulle agromafie, coordinato dal procuratore Caselli, il primo capitolo è dedicato proprio alla xylella fastidiosa.
È nato il popolo degli ulivi, che si ribella all’eradicazione, che si legherà ai tronchi millenari per impedirne la strage. «Gli ulivi non hanno bisogno di essere benedetti, ma di essere accuditi» ha detto don Raffaele Bruno. «E che continuino a interrogarci con la loro salute malferma». Anche la Chiesa è scesa in campo per il bene comune con il messaggio dei vescovi salentini "Terra del Salento, alzati e cammina". C’è un popolo senza politici, che si appella alla propria intelligenza, alla propria passione, che rivendica il possesso della propria terra, che rifiuta la politica dell’emergenza, che sa che non c’è risarcimento possibile per un solo ulivo eradicato, che pretende studi e conoscenza, trasparenza e partecipazione. Che rifiuta questo modo d’intervenire così distruttivo che cambierà il volto del Salento, ne farà un deserto aperto alle speculazioni, e segnerà per sempre il destino delle sue genti. Un popolo resistente che da Sofocle in poi sa che l’ulivo è inviolabile e che “nessun uomo, giovane o vecchio, lo distruggerà sradicandolo con forza”.
C’era bisogno della xylella - qualcuno dice - per ripensare il modo di vivere, di sprecare, di trattare la terra e il creato. Con la xylella impareremo a vivere. Questa è la Magna Grecia, qui nacque la cultura. Non svenderemo nulla. «Quista è casa mia, terra mia e lassu sempre aperta la porta».
* Maestra di una scuola primaria pubblica, vive a San Michele Salentino (Brindisi). Altri suoi articoli sono qui.L’adesione di Rosaria alla campagna di Comune-info “Ribellarsi facendo” |
martedì 31 marzo 2015
il popolo degli ulivi
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