mercoledì 25 marzo 2015

la Tunisia non si ferma per la liberta' e la democrazia

La Tunisia non ha paura. E scende in piazza

Pubblicato: Aggiornato: 
TUNISI
La mattina del 24 marzo Tunisi si è svegliata sotto un cielo grigio e carico di pioggia. Il vento che scuoteva gli alberi di avenue Habib Bourguiba - la strada che parte dalla Piazza 14 gennaio 2011 divenuta simbolo della rivoluzione - lasciava immaginare il peggio per la manifestazione di apertura del Forum Sociale Mondiale, prevista per il primo pomeriggio. Un presagio che si è rivelato fondato.
Non c'è stato neanche il tempo di attendere che al concentramento del corteo a Bab Saadoun arrivassero tutte le delegazioni internazionali che già nei giorni scorsi avevano confermato la propria presenza in città: la pioggia ha iniziato a scrosciare, ma neanche quella ha potuto fermare la voglia di manifestare del popolo tunisino, il bisogno di alzare nuovamente la testa e gridare forte il suo 'no' al terrorismo, alla paura, ad ogni forma di oppressione.
Temi che si intrecciano negli slogan del corteo, disegnando un unico filo rosso che lo accompagna, e che farà da sottofondo costante ai lavori previsti per i prossimi giorni nel grande campus universitario di Al-Manar, dove il Forum sarà ospitato fino al 28 marzo prossimo. "I popoli del mondo contro il terrorismo" la parola d'ordine di una manifestazione necessaria. Solo il primo passo, perché nei prossimi giorni, in seno al Forum, verrà creata una specifica commissione chiamata a redigere la "Carta internazionale altermondialista contro il terrorismo".
Quella che è scesa in strada ieri è la Tunisia che non ha paura. Che, colpita al cuore da un attentato terroristico solo pochi giorni fa, torna ad alzare la testa, si riappropria delle piazze e risponde a quel terrore con l'unità e la forza. Gli slogan della rivoluzione riecheggiano per il grande Boulevard du 20 Mars 1956, che conduce fino al museo del Bardo. L'inno nazionale viene scandito più e più volte mentre si marcia a passo spedito, e voltandosi indietro lo sguardo è catturato da un fiume di bandiere rosse e bianche.
Le stesse che le ragazzine si sono dipinte sulle guance, o che i bambini portano sulle felpe. Per dare un messaggio forte, e dire che il paese resta unito, oggi più che mai, nella sua lotta per la libertà, la giustizia sociale, la costruzione di un futuro migliore. E per sventare la minaccia che questo attacco possa essere utilizzato a fini politici, che diventi uno strumento nelle mani del governo per dare il via ad una nuova stagione di repressione e restrizione degli spazi democratici. Proprio nelle ore in cui si sta discutendo l'approvazione della legge contro il terrorismo.
E anche se il corteo doveva essere l'evento di apertura del Forum Sociale Mondiale, si capisce subito che è molto più di questo: è una risposta alla paura, una reazione spontanea e popolare, che viene dal basso e porta le persone a marciare ancora una volta, per rendere omaggio alle proprie vittime e compiere un altro passo sulla strada della costruzione della democrazia. "Siamo ancora in prima fila, siamo ancora per strada", urlano forte i volontari del servizio d'ordine, che con un gilet arancione non fanno che tenersi per mano in una grande catena che abbraccia il corteo.
"Paura? Se oggi siamo per strada è perché non abbiamo paura. Non l'abbiamo avuta in passato, non l'avremo in futuro", ci dice sorridente una studentessa che porta in mano una bandiera più grande di lei. Sul drappo i volti delle vittime del 2011, i martiri di una rivoluzione che non è stata dimenticata, e che resta ancora attuale. Le delegazioni internazioni ci sono, e si fanno sentire. Ma la strada oggi è dei tunisini, e noi siamo qui per accompagnargli e mostrare una solidarietà che non può essere selettiva, perché non ci devono essere vite che contano più di altre.
Con noi anche i tanti attivisti della delegazione irachena, che sono arrivati a Tunisi in queste ore. Salar, dell'associazione Al-Mesalla e insieme a noi nella coalizione Iraqi Civil Society Solidarity Initiative (ICSSI) sorride nel suo abito tradizionale e sventola alta la bandiera curda: "E' importante per noi essere qui. Non solo per confrontarci sul lavoro che la società civile in Iraq porta avanti e costruire relazioni con altri attivisti. Ma soprattutto per dare un forte messaggio di solidarietà al popolo tunisino, colpito da un terribile attacco terroristico. E' lo stesso terrore con cui noi ci confrontiamo ogni giorno, a casa nostra".
La pioggia non da tregua, ma in pochi aprono gli ombrelli. Quasi a non voler macchiare lo sguardo sul corteo, mantenere gli occhi aperti, anche con la testa bagnata. Si attenuerà solo quando il camion che apre la manifestazione arriverà al piazzale del Bardo. I canti si fermano, l'area intorno al museo è blindata. Mezzi militari, polizia, forze dell'ordine: le stesse che tante persone nel corso del corteo hanno incoraggiato e ringraziato. Un'enorme bandiera palestinese si apre e sventola, mentre nel cielo sopra il Bardo vengono liberati centinaia di volantini con i colori della bandiera nazionale.
Tra le migliaia di manifestanti anche i tanti attivisti internazionali che sono arrivati da ogni parte del mondo: se ne attendono oltre 50mila nei prossimi giorni, e a giudicare dal caos colorato che hanno portato in città le stime saranno confermate. Sono qui - siamo qui - per continuare a parlare di un altro mondo possibile: di migrazioni, clima, spese militari; di diritti e dignità, di libertà e giustizia. Le stesse cose che il popolo tunisino ha chiesto nel 2011 sollevandosi contro la dittatura, e che continua a chiedere oggi, costretto a fare i conti con una ferita che è stata aperta nel cuore del paese.
La risposta migliore, la più adeguata a questa minaccia - e a quella di una deriva securitaria e repressiva da parte delle istituzioni - resta la partecipazione a questo Forum, che immediatamente dopo i fatti del Bardo gli organizzatori hanno voluto confermare. E nessuna delle oltre 4mila delegazioni attese ha pensato di fare un passo indietro, trovando motivazioni ancora più forti per esserci e partecipare. Insieme, perché comuni sono le sfide. "Siamo una sola mano, un solo popolo", dice un signore sorridente e bagnato alla fine della manifestazione.
La pioggia si fermerà solo a sera, lasciando una Tunisi piena d'acqua e di fango. Ma questa mattina il sole è tornato a splendere sull'apertura ufficiale del Forum. All'ingresso del campus alle 8 del mattino si era già formata una lunga fila colorata, rallentata dai controlli di sicurezza che, come promesso, sono stati garantiti. Si parla, si ride, ci si confronta, si accetta con piacere il the che qualche signora ha pensato di preparare, per offrirlo e ingannare così l'attesa ai metal detector. Ma soprattutto ci si prepara ai lavori dei prossimi di giorni. Il Forum è appena cominciato. Come il futuro, ancora tutto da scrivere..
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