Riflettori puntati sull'Italiana Coke
Lo scenario di una delle ultime realtà industriali della Valbormida
Cairo Montenotte. L’Italiana Coke è l’ultima vera realtà industriale rimasta in provincia di Savona ma lo sfondo in cui si trova catapultata è tutt’altro che rassicurante. Dal due febbraio circa quaranta dipendenti dell’azienda perlopiù impiegati negli uffici, nel magazzino generale, nelle spedizioni e nei laboratori si trovano a dover affrontare la cassaintegrazione a rotazione.
Il periodo preposto per la cassa doveva durare solo tre mesi visto l’accordo rettificato tra azienda e i sindacati all’Unione industriali di Savona per far fronte ad alcuni problemi di liquidità ed eccessivi costi di produzione.
Ma la situazione si è appesantita. A incidere ulteriormente sulle sorti dell’Italiana Coke c’è la crisi della filiera del carbone nel savonese, che di riflesso ha messo in difficoltà anche Idrotecnica, che opera presso i forni della Italiana Coke di Cairo Montenotte. Il difficile scenario di quest’anno porta la Cokeria al centro di un forte interesse mediatico tanto che alcuni personaggi del mondo della politica dicono la loro sulla vicenda.
E’ il caso di Raffaella Paita, assessore regionale e candidato presidente della Regione per il centro sinistra, che ha dichiarato: “Sono giorni delicatissimi per l’Italiana Coke, con una situazione decisamente critica che, oltre alla storica realtà produttiva di Cairo Montenotte, coinvolge tutta la filiera del carbone valbormidese gravando su circa un migliaio di famiglie. Quello che possiamo dire con fermezza è che la Regione Liguria è al loro fianco, in primis seguendo la partita del finanziamento presso il MISE, come stanno già facendo gli assessori Vesco e Guccinelli al fine ottenere l’erogazione del finanziamento”.
E ha aggiunto: “Non si tratta di un’azienda qualsiasi ma di una cokeria la cui produttività non può essere sospesa o fermata in alcun modo, pena la dismissione totale dell’impianto; per questo ringraziamo i lavoratori per il loro grande senso di responsabilità che in assemblea hanno votato all’unanimità di continuare ad andare al lavoro nonostante la scarsa possibilità di ricevere nei prossimi mesi una retribuzione”.
Il debito ammonta a cinquanta milioni di euro e nonostante le forti proteste iniziali caratterizzate da scioperi e manifestazioni da parte dei lavoratori, lo scenario è mutato in una presa di coscienza da parte di questi ultimi che si sono visti costretti ad adattarsi alle esigenze dell’azienda, lavorando per due mesi senza ricevere lo stipendio “I lavoratori hanno deciso di non scioperare più e di evitare altre forme di protesta in attesa della metà del mese di aprile quando si avranno risposte dalle banche in merito ai flussi finanziari necessari per dare solidità al sito produttivo cairese – spiega Tino Amatiello, segretario provinciale della Filctem Cgil -. Ci sono state date garanzie sul fronte delle attività industriali e dei livelli occupazionali: la decisione di oggi rappresenta un forte atto di responsabilità dei lavoratori, che saranno costretti a rinunciare allo stipendio del mese di marzo”.
Aprile il mese decisivo. E’ di quattro milioni il credito emerso dall’incontro tra i sindacati e l’azienda in Prefettura a Savona lo scorso 15 aprile, che fa tirare un sospiro di sollievo alla storica realtà produttiva di Cairo Montenotte anche se la situazione rimane ancora in costante allarme.
Inoltre, sotto la spinta del segretario organizzativo ligure del movimento Paolo Ardenti, il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini ha presentato al Parlamento di Strasburgo un’interrogazione sul futuro dell’Italiana Coke.
Il quale nella sua interrogazione scrive: “I lavoratori –temono che la situazione sia aggravata dalla concorrenza sleale di Stati Membri che, diversamente dall’Italia, promuovono la filiera del carbone con politiche industriali che (secondo alcuni) violerebbero le norme sugli ‘aiuti di Stato’.
E’ a conoscenza, la Commissione, del fatto che in Polonia la filiera del carbon coke riceve aiuti statali? E sono questi aiuti conformi?”.
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