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Noli, il 25 aprile di ciascuno di noi
L’accorato racconto della tragica e vile esecuzione del fratello Giovanni, scritto da Carlo Gambetta, Sindaco Onorario di Noli, su trucioli.it n°31 del 23/04/2015, è molto apprezzabile non soltanto per i risvolti umani che comporta, bensì lo è altrettanto per il significato culturale che rappresenta.
Immediata è la profonda emozione e la sentita solidarietà per il dramma personale vissuto da un ragazzo di soli 10 anni.
Ma subito dopo emerge il rilevante valore civile di questa testimonianza, che al pari degli innumerevoli altri episodi “minori” di violenza subiti dalla popolazione, durante la guerra diLiberazione, assume anche un forte significato sul piano della Storia, in quanto la rende certamente più “nostra”e significativa.
Si tratta di ” un fatto da trasmettere e da analizzare, da non sottovalutare e non retorico“, una vera iniziativa culturale non secondaria da compiere con il contributo della gente, che così sostenuta in modo meritevole da questo blog, è in grado di definire molti particolari dell’estesa zona grigia esistente tra i grandi eventi bellici ufficiali.
Infatti più precisamente completerebbe da un lato, l’informazione sia degli episodi sconosciuti, sia dei loro effetti, mentre dall’altro chiarirebbe meglio le contraddizioni insite, talvolta, nelle valutazioni diversificate degli storici.
Inoltre offrirebbe un punto di vista “terzo” e più vicino, utile per le nuove generazioni che non hanno più la possibilità di attingere al canale dei racconti diretti dei testimoni, soprattutto familiari,
Tuttavia in modo indiretto ma equivalente, potrebbero comprendere gli aspetti più riservati e personali, di una guerra complessa e diversificata, scontro tra eserciti nazionali, coinvolgente tutta la popolazione, ma purtroppo anche scontro civile all’interno delle nazioni, giunto al limite della più diffusa e dura lotta sociale.
Dunque tale scopo e questa convinzione, mi inducono a raccontare un episodio, vissuto personalmente, sebbene in modo inconsapevole.
A Torino, durante l’ultimo anno di guerra, i bombardamenti aerei delle “Fortezze volanti U.S” erano molto frequenti e devastanti su tutta la città.
I rifugi sotterranei sicuri erano insufficienti. Le cantine sotto i palazzi, non proteggevano più come quando gli aerei inglesi sganciavano bombe assai meno devastanti. La gente talvolta sperava di sopravvivere rimanendo inerme e confidando nella buona stella.
Spesso però, quando l’allarme aereo pareva tempestivo, tentava la fuga fuori periferia. I mie genitori usavano la bici a “Tandem”, con il neonato nel cestino tra i due posti, ma in un caso la fuga è stata un percorso di guerra tra schegge di bombe, crollo di edifici e lungo vie divelte dalle esplosioni.
A me è andata bene, grazie anche al coraggio di mamma e papà, mentre molti furono i morti e i feriti intorno.
Il nostro Paese fu liberato dagli alleati, nella mia città, come a Genova e altrove, i tedeschi e i fascisti si arresero ai Partigiani, giovani coraggiosi che accanto alla popolazione riscattarono il nostro Paese.
Ma quando ripenso a quel giorno fortunato, il mio pensiero grato, si pervade anche di riflessioni critiche più severe e meglio articolate.
Giovanni Maina
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