Le autorità lo accusarono di essere un terrorista. Avevano ragione. Lui seminava il terrore tra i padroni della terra e della gente". Quando a raccontare sono uomini che hanno la semplicità e la grandezza di Eduardo Galeano e Hugo Blanco, anche la parola più abietta, "terrorista" - quella che viene usata ovunque per coprire gli assassinii e le politiche più spregevoli, come la guerra di tutti gli Stati contro tutti i popoli - ritrova una sua dignità. Galeano l'ha usata per dipingere il ritratto di questo stupendo, folle viejoragazzo in uno dei suoi magnifici scritti brevi, la prefazione a Nosotros los indios, tradotto in italiano da Nova Delphi. Esce in libreria in questi giorni ma lo trovate anche nelle diverse tappe del viaggio Hugo fa in giro per l'Italia. Domenica 3 maggio ne parliamo con lui a Roma, alla taverna promossa da Comune-info
di Eduardo Galeano
Queste pagine, scritte a fiotti, disordinate, allegre, disperate, raccontano le avventure e disavventure dell'uomo che guidò la lotta contadina in Perù, l'organizzatore dei sindacati rurali, l'uomo che lottò per una riforma agraria nata dal basso e dal basso combattuta.
Hugo Blanco ha attraversato il suo paese in lungo e in largo, dalle montagne innevate alla costa desertica, passando per la selva umida dove si dà la caccia ai nativi come fossero animali. E ovunque passava, aiutava i caduti a rialzarsi, i silenziati a parlare.
Le autorità lo accusarono di essere un terrorista. Avevano ragione. Lui seminava il terrore tra i padroni della terra e della gente.
Ha dormito sotto le stelle e in celle abitate da topi. Ha fatto quattordici scioperi della fame. Durante uno di questi, quando non ce la faceva più, il ministro degli Interni gli inviò affettuosamente in regalo una bara. Più di una volta il pubblico ministero chiese per lui la pena di morte, e più di una volta venne pubblicata la notizia che Hugo era morto.
E quando un trapano gli aprì il cranio, perché era scoppiata una vena, Hugo si risvegliò in preda al panico per paura che i chirurghi gli avessero cambiato le idee.
Ma no. Continua a essere, con il cranio ricucito, lo stesso Hugo di sempre. Noi, i suoi amici, eravamo sicuri che nessun trapianto di idee avrebbe funzionato. Però temevamo che Hugo si risvegliasse rinsavito.
Chiunque può constatarlo: lui continua a essere lo stesso stupendo folle che decise di essere indio malgrado non lo fosse, e ha finito per essere il più indio di tutti.
Il libro di Hugo Blanco nell'edizione italiana uscita in questi giorni per Nova Delphi
Introduzione di Aldo Zanchetta
240 pp.
14,00 euro
Dirigente storico delle lotte per la terra in Perù ed esponente tra i più importanti della sinistra rivoluzionaria latinoamericana, Hugo Blanco ripercorre in questo libro la sua vita intessuta inestricabilmente con quella del suo paese. Dalla prosa scabra dell’autore emerge con forza la sua adesione alla causa indigena. Assistiamo alla nascita dei primi sindacati rurali, al confronto con Sendero Luminoso, alla prigionia e alla grande campagna internazionale promossa da Sartre e dalla De Beauvoir per sottrarlo alla condanna a morte. Difficile ricordare i tanti incontri che si fanno in queste pagine ma si può tenere a mente il filo conduttore che li unisce: l’amore per l’essere umano e la madre tierra, come cause della lotta di un’intera vita. Con testi di Arguedas, Galeano e Zibechi.
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