Nepal, la magnitudo della povertà
Il 25 aprile, alle 11.56 ora locale, il Nepal è stato devastato da un terremoto di magnitudo 7,8. Vulnerabile, povera, mal costruita, la nazione è stata messa in ginocchio. Come ha detto il sismologo James Jackson: «La causa di questi disastri è naturale, le conseguenze dipendono moltissimo da ciò che l’uomo ha fatto».
di Giovanni Fez - 29 Aprile 2015
Le ultime stime parlano di oltre diecimila morti e decine di migliaia di feriti; 8 milioni di persone si stima siano in qualche modo coinvolte nel disastro che ha raso al suolo città e villaggi e che ha tagliato fuori dai rifornimenti la stragrande maggioranza della popolazione che ora alla fame e al freddo.
Una tragedia di dimensioni immense. Il Nepal è all’11° posto come paese a rischio in termini di vulnerabilità ai terremoti, come fa notare Li Onesto, autrice del libroDispatches from the People's War in Nepal. E su 21 città nel mondo che sono in condizioni analoghe di rischio, Kathmandu è ritenuta la peggiore in termini di impatto che un terremoto avrebbe (e ha avuto) sulla gente che vive in quelle zone. Il sismologo James Jackson, responsabile dell’Earth Sciences Department dell’ University di Cambridge in Inghilterra, ha sottolineato come «mentre le cause del disastro – il terremoto - sono naturali, le conseguenze le determina l’uomo». Il Nepal è una delle nazioni più povere al mondo, ha subìto una lunga oppressione, è subordinata all’India e a potenze imperialiste occidentali. Gran parte della popolazione è disperatamente povera, malnutrita, sfruttata. «Il Nepal si regge su un sistema di caste, i poverissimi spesso forniscono manodopera d’emigrazione a paesi come l’India e a zone come il Medio Oriente – spiega Li Onesto - Nelle aree rurali spesso non vi è accesso all’istruzione, all’acqua potabile e ad altri servizi di base. La difficile sopravvivenza spinge molti uomini a cercare lavoro nel settore delle costruzioni in Qatar e a Dubai. Le donne spesso diventano schiave sessuali della vicina India. In molti casi nelle città sovraffollate mancano infrastrutture come acquedotti, corrente elettrica, trasporti, comunicazioni. Nell’ultimo decennio la migrazione delle persone dalle aree rurali a quelle urbane ha esercitato una fortissima pressione sulle città già carenti sotto tutti i punti di vista. Il Nepal è dunque un paese che non ha fatto nulla per prevenire le conseguenze di questi disastri e che non è equipaggiato per fronteggiare simili emergenze. In pochissimi anni nella sola Kathmandu sono stati costruiti seimila edifici, spesso senza regole e di scarsa qualità». «Una settimana prima del terremoto del 25 aprile, gli esperti si erano incontrati in Nepal per discutere di quello che hanno definito “l’incubo che sta per diventare realtà”. Temevano il peggio, ma non solo perchè il Nepal si trova su una faglia sismica ma anche per le condizioni umane che si sarebbero innescate. Il sismologo David Wald ha sottolineato come lo stesso terremoto avrebbe potuto conseguenze molto diverse in differenti luoghi e condizioni».
Ancora una volta, l'uomo fa la differenza e non sempre in meglio.
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