La delegittimazione ipocrita di Tsiprasby maomao comune |
Quando Mario Draghi dice che "il tempo sta finendo" e che, in sostanza, la Grecia ha abusato della pazienza del potere fa un discorso chiaro. Ne hanno le scatole piene delle astruse lezioni del ministro Varoufakis. Adesso basta: Atene deve accettare il piano di riforme strutturali che, con esiti disastrosi, era stato adottato negli anni precedenti, quando - come tra il 2008 e il 2013 - il Pil greco è sceso del 27 per cento, la spesa pubblica del 35 e i disoccupati sono arrivati al 28 per cento. Da parte loro, Brussels Group e Fmi esigono un nuovo massacro delle pensioni e una più estrema deregulation del mercato del lavoro. Solo in tal caso, il prestito di 7,2 miliardi potrà essere concesso dal Fmi. Per favorire la patrimonialità delle banche elleniche, intanto, i successori della Troika chiedono la confisca "senza deroghe" delle prime case in caso di non pagamento del mutuo. La concentrazione della liquidità europea nelle mani dei ricchi s'impone con la solita ipocrita astrazione del linguaggio e la spregevole crudeltà dei fatti
di Andrea Fumagalli
- “Parte del problema nel negoziato con Atene è rappresentato dall’interlocutore dell’Eurogruppo, cioè il ministro Yanis Varoufakis, che perde sempre di più la fiducia dei colleghi. Cresce la frustrazione dei ministri nei confronti del responsabile greco delle finanze che continua a “non fare interventi ma vere e proprie lezioni”. Tale è la sfiducia, che l’Eurogruppo ha comunicato l’esito della riunione direttamente al premier Tsipras, ‘bypassando’ Varoufakis, “per assicurarsi che il messaggio arrivi corretto”. Un perditempo, un giocatore d’azzardo, un dilettante sarebbe stato definito il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis da alcuni suoi colleghi all’Eurogruppo di Riga, per il modo con cui sta portando avanti le trattative con i creditori internazionali –
– “È stata – ha ammesso il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem – una discussione molto critica, abbiamo fatto un accordo due mesi fa, ora credevamo di poter prendere una decisione, ma invece siamo molto lontani e quindi sì, è stato un dibattito molto critico. Sulla Grecia bisogna fare di più: c’è il senso d’urgenza, i greci sanno che il tempo sta finendo, ma aprile ancora non è finito. Serve un accordo globale sulla lista di riforme prima di qualunque disborso di tranche di aiuti”, con i greci “sono stati fatti dei progressi ma restano ancora ampie differenze”, “tutti sanno che tempo sta scadendo, la responsabilità è nelle mani dei greci, un accordo è nel loro interesse. Nel negoziato con la Grecia “ci sono ancora problemi molto, molto grandi da risolvere”. E l’ipotesi di legare insieme l’attuale discussione sul completamento del secondo programma di aiuti a quella sul terzo piano, non è percorribile per il presidente –
– “Il tempo sta finendo, la rapidità è essenziale”: è l’ultimatum alla Grecia del presidente della Bce Mario Draghi al termine dell’Eurogruppo, spiegando di condividere quanto affermato dal presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem (Atene sa che il tempo sta scadendo) –
Sono alcuni stralci delle dichiarazioni riportate dall’Ansa per informare sull’esito dell’incontro del 24 aprile a Riga dei ministri economici europei sulla spinosa questione del debito greco. Si tratta di dichiarazioni assai pesanti, finalizzate ancora una volta a imporre la linea dell’austerity ai riottosi greci: atteggiamento, che, evidentemente, infastidisce la troika europea. Forse perché rompe l’abitudine consolidata di ogni forma di potere, soprattutto se illegittimo, di poter disporre di sudditi passivi e supini?
La situazione tuttavia si fa sempre più complessa. Ricapitoliamo, ancora una volta.
Entro il 12 maggio prossimo, la Grecia deve pagare una tranche di interessi sul debito al Fmi pari a 450 milioni come condizione per poter ottenere un prestito di 7,2 miliardi.
Il 72% del debito greco è in mano a istituzioni pubbliche. Nel dettaglio: il 62% è – attraverso il fondo di stabilità europeo (l’EFSF) e il Meccanismo europeo di stabilità (l’ESM) – dell’Unione europea, il 10% è invece del Fondo monetario internazionale. La Banca centrale europea possiede l’8% mentre il 17% sono titoli di debito trattabili sul mercato secondario, di cui l’12% sono bond e il 5% sono prestiti a breve termine.
Sulla base di questi dati, l’Italia è esposta verso la Grecia per circa 40 miliardi di euro, se si considerano i prestiti bilaterali e le quote di partecipazione nel fondo salva-stati ESM, nella Bce e nel Fmi. Lo calcola Bloomberg secondo cui, davanti all’Italia ci sono solo Germania (60 miliardi) e Francia (46 miliardi).
In un simile contesto, un’eventuale riduzione del debito pubblico della Grecia, finalizzata a impedirne l’uscita dall’euro, comporterebbe costi per tutti i creditori.Unione europea compresa. Come già sottolineato, Bruxelles detiene buona parte del debito pubblico ellenico (il 44%) attraverso il Meccanismo europeo di stabilità, diviso – a sua volta – tra i Paesi membri. La Germania, ad esempio, ne ha una quota pari al 27%, superiore a quella di Francia (20%), Italia (18%) e Spagna (11,9%).
Sino a pochi anni fa, oltre il 50% del debito pubblico greco era detenuto da banche private, principalmente tedesche e francesi. Grazie alle operazione monetarie non convenzionali (note anche con l’acronimo OMT della definizione ingleseOutrightmonetarytransactions, annunciate dal Consiglio Direttivo della BCE il 2 agosto 2012 e illustrate nel dettaglio il 6 settembre 2012), buona parte di questo debito è stato translato alla Bce e a Bruxelles, riversando quindi il rischio di un default greco sulla stessa Bce e sul Fondo di Stabilità a vantaggio del mercato creditizio europeo e, soprattutto, delle grandi banche private.
Ricordiamo anche che il possesso dei titoli di stato Greci garantisce alle istituzioni europee interessi che ammontano a circa 2 miliardi di euro negli ultimi due anni.
Tale mutata composizione del debito greco è inoltre coincisa con l’introduzione delQuantitative Easing– QE (di fatto un’evoluzione delle operazioni OMT, denominato oraExpanded Asset Purchase Programme – EAPP), secondo il quale la Bce acquista titoli di Stato (per una quantità non superiore al 33% del debito complessivo), fornendo in cambio liquidità di nuova creazione alle Banche Centrali dei paesi interessati. Ricordiamo, che a differenza delle politiche del QuantitatveEasing perseguite dalla Federal Reserve Usa e dalla Banca Centrale giapponese, tale operazione consente anche l’acquisto di titoli privati: infatti, l’ammontare totale deciso dalla Bce, pari a 1.140 miliardi di euro, dovrebbe concentrarsi per 700 miliardi su titoli di Stato, per 300 miliardi circa in ABS e CB (titoli privati emessi prevalentemente dalle banche, Assets Back Securities, e Covered Bonds) e per i restanti 140 miliardi su titoli di BEI (Banca Europea degli Investimenti) e EFSF/ESM (fondo salva stati) (12% del totale).
Gli acquisti saranno suddivisi tra gli Stati membri in proporzione al capitale della Bce detenuto. Ne consegue, ad esempio, che la Germania (che detiene il 27,1% del capitale Bce) riceve liquidità per 189,7 miliardi di Euro, la Francia (20,3% del capitale sociale Bce) 142,1, miliardi, l’Italia 125,3 miliardi e così via. La partecipazione della Grecia è sub iudice, da quanto la Bce stessa, a inizio febbraio, ha deciso di non accettare i titoli di Stato greci come collaterale di garanzia per concedere liquidità alla Banca Centrale Ellenica. In ogni caso, la quota che spetterebbe alla Grecia appare irrisoria, pari a 19,6 miliardi (al pari dell’Austria) (S. Corsaro, C. Milani “Pro e contro del Quantitative Easing europeo”.
In altre parole il QE fornisce maggiore liquidità ai paesi – come la Germania – che ne hanno meno bisogno e la raziona a chi si trova in maggior difficoltà. E’ evidente a tutti il paradosso di questa costruzione. E non stupisce quindi che la Germania abbia – dopo lunghi tentennamenti – accettato il QE di Draghi.
Ma non solo. In Italia, secondo i dati dell’ultimo Bollettino Statistico della Banca d’Italia, risulta che parte della liquidità ottenuta dalla Bce viene utilizzata dalle banche italiane non solo per acquistare titoli di stato nazionali ma anche e soprattutto bond tedeschi. In tal modo, verso la Germania confluiscono sia i flussi derivanti dal QE che gli acquisti delle altre banche europee. Non può quindi stupire che il tasso sui titoli di stato tedeschi risulti addirittura negativo.
In ultima analisi, stiamo assistendo a una crescente concentrazione della liquidità nelle mani dei paesi più ricchi a danno di quelli più poveri.
L’ipocrisia dell’oligarchia europea
E’ in tale contesto che è in corso la trattativa tra Brussels Group e il governo greco. Grazie alla spada di Damocle della carenza di liquidità (che porterebbe automaticamente al default greco), i funzionari europei, la Bce e il Fmi premono pesantemente sulla Grecia perché accetti, hic et nunc, il piano di riforme strutturali, che, con esiti disastrosi, era stato adottato negli anni precedenti.
Tra il 2008 e il 2013 il Pil greco è sceso del 27%, la spesa pubblica reale del 35%, i disoccupati sono arrivati al 28%. Il deficit strutturale è calato del 20% del Pil tra 2009 e 2014, il bilancio primario del 12%, come il disavanzo dei conti correnti. E’ stata tagliata la spesa previdenziale, parzialmente introdotto il sistema contributivo, eliminata la tredicesima dalla busta paga dei dipendenti pubblici, si è privatizzato molto. Eppure, nonostante tutto questo il rapporto debito/pil è cresciuto e non poteva essere altrimenti se per ridurre il numeratore (appunto del 20%), il denominatore, ovvero il Pil, come conseguenza, si è ridotto in misura più che proporzionale del 27%.
E forse perché ricorda questa matematica elementare che Varoufakis viene accusato di essere un dilettante, un perditempo, perché si ostina a tenere lezioni…
La linea dura del Brussel Group e del Fmi pone come condizioni che la Grecia intervenga di nuovo sul lato delle pensioni e favorisca un ulteriore deregulation del mercato del lavoro. Solo in tal caso, il prestito di 7,2 miliardi di euro potrà essere concesso dal Fmi. Si tratta non a caso di due misure che consentirebbero di rastrellare immediatamente liquidità, esattamente come è stato fatto nel 2013 in Italia dal governo Monti quando la ministra Fornero, tra una lacrima e l’altra, ha deciso un aumento immediato dell’età pensionabile, facendo risparmiare al governo italiano dalla sera alla mattina qualche miliardo di spesa pubblica.
Il Brussels group chiede, infine, la confisca delle prime case in caso di non pagamento del mutuo, al fine di favorire la patrimonialità delle banche elleniche. A fronte della richiesta greca di deroga a un tale provvedimento per coloro che non hanno altra possibilità di abitazione (se non diventare homeless), la risposta è stata ancora negativa.
Siamo di fronte a piccoli numeri se comparati con altri. La Grecia avrebbe bisogno, oltre che di tempo, anche di un minimo di allentamento di liquidità: il prestito di 7,2 miliardi sarebbe più che sufficiente per sperimentare se le riforme annunciate (tassa patrimoniale per i ricchi, sostegno al reddito delle famiglie più povere, introduzione di un salario minimo, per citarne solo alcune) saranno in grado di far aumentate la crescita economica in condizioni di maggior equità. Sono interventi che si collocano più dal lato della domanda ed è questo ciò che infastidisce l’oligarchia europea. Ma, soprattutto, si tratta di una cifra che scompare di fronte alla liquidità di quasi 190 miliardi cui potrà godere la Germania grazie al QE (cifra non molto dissimile dal valore assoluto dello stesso debito greco).
Ma l’idea che un paese piccolo abbia l’ardire di mettere in discussione le politiche d’austerity non può essere accettato. Piuttosto, si può chiudere un occhio su chi trasgredisce i vincoli di budget ma si impegna comunque a rispettarli nel nome della filosofia dominante.
La Francia è stata, infatti, appena risparmiata da una multa da circa 4 miliardi che avrebbe dovuto pagare per non aver rispettato il tetto del 3% di deficit negli ultimi otto anni, gli stessi del calvario greco.
Oltre che terroristi, anche ipocriti.
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