giovedì 11 giugno 2015

appunti sulla coalizione sociale di Landini

COALIZIONE SOCIALE

Stefano Cristiano
29deskriapertura-biagianti-fiom-241roma1Sabato e domenica scorsi si è svolta l’attesa assemblea nazionale della Coalizione Sociale, il progetto promosso dal Segretario della FIOM Maurizio Landini. Fra le associazioni partecipanti a questo primo appuntamento anche Sinistra Lavoro.
La due giorni ha visto il Sabato dedicato a workshops tematici su una serie di nodi economico-sociali, e la domenica, in plenaria, alle relazioni delle diverse aree di lavoro e ad interventi fra i quali quello di Stefano Rodotà e, a conclusione, dello stesso Landini.
La partecipazione è stata altissima, un migliaio di persone che si sono registrate, più altre centinaia che hanno seguito i lavori in diretta streaming.
Sin dall’inizio Landini ha più volte ribadito il profondo carattere politico del progetto, negando però un immediato sbocco organizzativo in forma partitica.
La diffidenza nei confronti dei partiti non rappresenta una novità. Negli ultimi anni gruppi, movimenti (anche di successo come il M5S) e comitati hanno cavalcato una deriva che io considero sbagliata sia nel merito che nell’esito che prefigura. Nel merito perché solitamente prende le mosse da un impianto populista, che a partire da alcuni aspetti patologici, fa discendere l’obiettivo di colpire i partiti in quanto soggetti costituzionali del dibattito e dell’attività politica. L’esito di questo ragionamento quindi finisce con l’essere sovrapponibile all’impostazione monocratica che la politica italiana sta assumendo negli ultimi anni, che tende a ridurre peso e funzioni di corpi intermedi e assemblee rappresentative a vantaggio di leaders carismatici che comunicano direttamente con la “gente”. Questo modello ricalca sul piano politico quello che accade da trent’anni nei luoghi di lavoro e nella società: una frammentazione dei corpi sociali, e conseguente promozione di dinamiche corporative e di difesa di interessi particolari, che favorisce una logica secondo la quale il “capo” (dell’azienda o del governo) interloquisce di volta in volta con gruppi ristretti portatori di interessi particolari garantendosi, in una rinnovata dinamica conosciuta nella storia come “divide et impera”, la possibilità di gestire anche i passaggi più delicati, mantenendo diviso ciò che invece dovrebbe essere unito.
Quello che propone Landini con la Coalizione Sociale in realtà rappresenta l’esatto opposto di quell’impianto.
Nelle sue conclusioni infatti propone un passaggio che, a mio avviso, è paradigmatico. Prendendo spunto dalle grandi e diffuse mobilitazioni contro le scelte del governo nell’ultimo anno (scioperi e lotte dei metalmeccanici, sciopero generale di CGIL e UIL, mobilitazione “oceanica” contro la riforma della scuola ecc.) il leader della FIOM-CGIL si chiede: “quali risultati abbiamo ottenuto”? La risposta che si dà è spietata: “nessuno”.
Che fare dunque? Secondo Landini c’è bisogno di un percorso lungo, articolato, e diffuso di ricostruzione, a livello sociale, di quel tessuto di relazioni che negli ultimi decenni è stato sfrangiato; la messa in rete di esperienze fino ad oggi atomizzate che devono essere ricondotte all’interno di un progetto coerente di alternativa sociale al modello neo-liberista. Per fare ciò è indispensabile fare tutti lo sforzo di abbandonare il proprio punto di vista particolare, facendosi carico delle ragioni del proprio interlocutore per trovare una sintesi superiore. Non è un caso che durante i workshops si sia discusso, nel merito, di industria metalmeccanica e ambiente, di istruzione e lavoro, di diritti civili e diritti sociali, di istituzioni e mutualismo.
Insomma l’idea, ed è qui la critica agli attuali partiti politici della sinistra, ma anche alle organizzazioni sindacali, è che di fronte alla più acuta crisi economica degli ultimi 100 anni, di fronte ad una disaffezione che ormai porta il 50% degli elettori ad ignorare le urne, di fronte ad una sofferenza e ad una sperequazione sociale senza precedenti, di fronte a tutto ciò cartelli elettorali promossi da organizzazioni, e gruppi dirigenti, ormai senza credibilità e radicamento siano incapaci di rappresentare una vera alternativa.
Non “il partito di Landini” quindi, bensì la volontà di ripartire dalla ricostruzione di un blocco sociale e con esso di pratiche e contenuti che rappresentino le fondamenta per la ricostruzione di un soggetto politico che, così come è accaduto con Syriza o Podemos, non appaia, come è stato negli ultimi anni, un tentativo di autoconservazione senza respiro strategico.
Non mi sfuggono rischi, limiti e criticità di questo percorso e anche dell’assemblea che lo ha avviato. La novità della Coalizione Sociale però sta, a mio avviso, nell’essersi posta la domanda giusta cercando al contempo di dare una risposta al livello delle necessità.
In questo senso Sinistra Lavoro deve stare dentro questo percorso con tutte le sue energie perché incrocia perfettamente le ragioni costituenti della nostra associazione: l’idea che sia necessario, a partire dalle attuali appartenenze partitiche, che comunque auspichiamo e lavoriamo affinché sviluppino processi sempre più diffusi di unità, ricostruire la necessità sociale dell’affermarsi di un soggetto politico unitario, non residuale della sinistra e del lavoro.

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