di Saverio Tommasi*
Sono sicuro che Hitler, mentre faceva la cacca, aveva una faccia uguale alla mia. Sono sicuro che Mussolini, se avesse avuto la playstation, avrebbe giocato a Fifa 14. Sono sicuro che Kesselring avrebbe potuto amare Sorrentino come lo amo io, oppure ridere durante il Roberto Benigni di "Berlinguer ti voglio bene".
E penso anche che quando qualcuno di questi la mattina si svegliava e diceva "buongiorno mamma", ecco, penso che avesse un'intonazione simile alla mia. Perché se sei un criminale, anche il peggiore del mondo, non ce l'hai scritto in faccia, e spesso non hai neanche una faccia brutta, perché lo sappiamo tutti, anche se qualcuno ogni tanto se lo scorda, Lombroso era un bischero.
È tutto questo che mi fa paura, e ogni tanto ci penso. E il 2 giugno mi ci ha fatto pensare la comunità ebraica, che ha anticipato l'uscita di un'inchiesta sul 16 ottobre 1943, il giorno del rastrellamento del Ghetto. Sapete chi furono i delatori? Gente comune. Qualcuno più organizzato arrivò a fingersi avvocato nelle carceri per convincere i prigionieri a fornire gli indirizzi dove si nascondevano i parenti, ma i delatori furono soprattutto persone comuni, desiderose di intascare due lire oppure semplicemente contribuire alle richieste del potere. Furono dunque maggiori i cosiddetti casi isolati, ex fidanzati, vicini di casa, portieri di palazzo. Addirittura una donna ebrea che fece arrestare i suoi familiari.
La banalità del male di Hannah Arendt, dopotutto.
La ruspa contro i poveracci e il tappeto rosso per i delinquenti, però con la cravatta.
I tedeschi guidati da Kappler avevano anche fissato il prezzo degli ebrei: consegnare un uomo valeva 5 mila lire, una donna 3 mila, un bimbo 1.500. Oggi qualcuno preferirebbe risparmiare i 33 euro al giorno che lo Stato passa alle strutture convenzionate per il rifugio dei richiedenti asilo. La banalità del male, di nuovo.
* Attore, scrittore, blogger e freelance italiano, Saverio Tommasi è nato a Firenze e ama raccontare storie. "Il mio mestiere - scrive nel suo sito - è vivere le storie... Sul campo. Sul palco, attraverso una telecamera o un libro. Mostrare ciò che non si ha interesse a disvelare". Quali storie? "Storie scomode. Voglio alzare i tappeti e raccogliere la polvere". Trovare i suoi articoli su Comune a lui fa solo piacere. |
sabato 6 giugno 2015
come trasformarsi in bestie
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