lunedì 8 giugno 2015

per ora i curdi avanzano

Altroché Syriza o Podemos! Quello del curdo Demirtas è un vero capolavoro politico

Pubblicato: Aggiornato: 
SELAHATTIN DEMIRTAS
Il capolavoro politico di Selahattin Demirtas va ben oltre quel 12,9% che permette alla sinistra turca e soprattutto ai curdi di entrare per la prima volta in massa nel parlamento di Ankara e impone una sconfitta secca dei sogni da sultano neo ottomano di Erdogan. Il suo Hdp passerà effettivamente alla storia per un'altra e ben più importante ragione: per la prima volta nasce in un paese islamico un partito che riesce non solo a rappresentare tutti i settori d'opinione minoritari (dal movimento di Gezi Park al movimento gay, dagli armeni agli alauiti), ma che li raccorda - questo è il fatto straordinario, nuovissimo - con la rappresentanza della minoranza curda. Questo, in un paese in cui il conflitto turco-curdo ha provocato più di 35.000 morti negli ultimi 25 anni.
Altroché Syriza o Podemos! Hdp, va ben oltre, ricompone settori politici, etnici, culturali e sociali e sgretola quella logica clanica, settaria e centralista che informa di sé la tradizione politica musulmana, anche quella più liberale. Mai, in nessun altro paese musulmano si è compiuto questo processo sinergico. Si guardi solo all'Egitto post Mubarak, o alla Tunisia post Ben Ali e si vedrà come, scoppiata la democrazia, la frammentazione delle varie nicchie elettorali (i copti con i copti, i liberali con i liberali, i socialdemocratici con i socialdemocratici), ha prima favorito il successo della Fratellanza Musulmana, e poi il ritorno al potere di figure pesantemente legate al regime deposto (Fattah al Sisi in Egitto e Essebsi in Tunisia).
Per comprendere come sia ardita e ammirevole la poliedricità della piattaforma del Hdp, con baricentro la rappresentanza curda, basta pensare che il tradizionale partito laico e kemalista turco, il Chp, il partito di di Būlent Ecevit, fa parte della Internazionale Socialista, ma sulla questione curda e sul processo di pace avviato da Erdogan con Abdullah Oçalan ha una posizione oltranzista e sciovinista. D'altronde, a causa di una affascinante eterogenesi dei fini, proprio il processo di pace con i curdi voluto da Erdogan - e di questo gli va dato pieno merito - ha creato quel humus favorevole non solo alla riunificazione nel Hdp di tutti i partiti curdi (la pazzesca soglia di sbarramento al 10% era calibrata proprio sulla loro esclusione dal parlamento), ma anche a veicolare su Demirtas una massa di voti curdi moderati che prima andavano alla Akp di Erdogan, oltre ai tanti voti d'opinione dragati al Chp.
Detto questo, non va sottovalutato il rovescio della medaglia: questo 13% preso da Demirtas ci dá pienamente l'ordine di grandezza di come sia marginale e minoritaria in Turchia una concezione della politica pienamente europea. Possiamo naturalmente allargarla al 20% e forse anche più, ma questo è l'ambito minoritario in cui è rinchiusa a fronte di un 40% che ammira e vota i deliri da sultano di Erdogan, che apprezza i suoi aiuti alle milizie jihadiste in Siria, che è violentemente anti israeliano e soprattutto che auspica una secca sconfitta shariatica delle donne e dei loro diritti. Un 40% a cui va aggiunto il successo, ancora più consistente di quello del Hdp (il 16%), di un Mhp che è l'erede diretto dei Lupi Grigi di Pareslan Turkeš, che ora con i suoi 82 deputati può in teoria permettere a Erdogan di formare un governo di coalizione nettamente spostato su posizioni pan turche e autoritarie (con conseguente fine del processo di pace con i curdi e con Oçalan).
Un rovescio della medaglia ben poco attraente, che vede comunque il successo di un mainstream "asiatico" e una maggioranza schiacciante del "blocco anatolico", che emargina lo spirito e la cultura liberale e aperta di Smirne e di Istanbul (del centro di Istanbul, va detto, non dell'immensa periferia abitata da anatolici inurbati di recente).
Detto questo, cinicamente, non si può non notare come una volta tanto la probabile instabilità politica a cui sarà votata una Turchia orbata del suo aspirante sultano, sia in fondo positiva per il Mediterraneo. D'ora in poi è destinata a influire, limitandolo, sull'attivismo di Erdogan in Siria, a Gaza e in Libia. Soprattutto, un Erdogan instabile, costretto a improbabili coalizioni o addirittura a elezioni anticipate, avrà meno forza nell'appoggiare il governo di Tripoli per condurre la sua battaglia frontale contro l'egiziano Abdel Fattah al Sisi a favore di quella Fratellanza Musulmana che il presidente egiziano vuole estirpare.
In conclusione, quello turco è un risultato elettorale di svolta, che lancia sulla scena politica musulmana uno straordinario "modello Demirtas" che si spera faccia proseliti (soprattutto in Egitto), ma che introduce nuove e inquietanti variabili nel caos crescente della sponda sud e orientale del Mediterraneo.
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I curdi festeggiano il risultato elettorale in Turchia
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ap

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