giovedì 4 giugno 2015

quando esperti parlano di scuola

Quando politici ed economisti parlano di scuola

by JLC
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28 maggio, vestiti di rosso e con un libro in mano: protesta in tutta Italia contro la Buona scuola (leggi anche La rabbia rossa degli insegnanti)

di Cosimo De Nitto*
Grazie a te, Rosaria (Rosaria Gasparro, maestra, autrice di numerosi articoli pubblicati su Comune, tra gli ultimi Gli asini, si sa, tirano calciQuando la scuola è buonandr) e a tanti e tante insegnanti come te che reggete con la vostra competenza e con la vostra passione la scuola di tutti, la scuola della Costituzione, la scuola della Repubblica. Voi sapete "fare" la scuola e sapete anche difenderla dai "barbari" (in senso etimologico, talvolta anche in senso comune) e dagli "ignoranti" (nel senso etimologico talvolta anche in senso comune).
Per me la scuola è l'amore della vita che continua a bruciare nonostante la cenere degli anni. Per me è amore per tutti i colleghi con i quali ho condiviso l'entusiasmo, le lotte, lo studio matto e disperatissimo, l'impegno professionale coniugato con quello civile e politico, per me è amore per le nuove generazioni, i nuovi cucciolo d'uomo che anche nei cambiamenti generazionali restano sempre un dono prezioso e fragile che va amato, difeso, sostenuto, aiutato nel capire il mondo per potersi orientare e scegliere la propria strada, senza che ne sia preclusa alcuna per differenza di condizioni economiche, fisiche, culturali.
Anche se sono in pensione da tempo, ogni mattina mi sento come entrassi a scuola. Sento quello che provano i miei attuali colleghi che sono in servizio. Sento le ingiustizie che patiscono, sento le loro frustrazioni per un lavoro non apprezzato, spesso irriso e dileggiato, sento le difficoltà crescenti nel loro rapporto con l'umanità delle giovani generazioni che sembrano più evolute e mature solo perché smanettano su smartphone di ultimo rilascio, e invece per certi aspetti sono più fragili, esposte ad un mondo che le divora con le sue infinite contraddizioni, con i suoi falsi miti, con la sua pseudocultura seriale, con i suoi simboli vuoti e alla stesso tempo strumentalizzanti.
Quando nei media sento parlare di scuola da parte di personaggi politici, esperti di non so che cosa (esperti significa avere esperienza, che non è certo quella da loro pescata nei faldoni e negli scartafacci della memoria personale, o dall'esperienza di padre o nonno che accompagna talvolta i propri pargoli al cancello della scuola) che rimacinano luoghi comuni dimostrando una distanza abissale dai problemi veri, concreti, drammatici che rappresentano tante sfide che richiamano attenzione e impegno da parte di tutti, a cominciare da chi governa, quando sento tutti questi politici che non hanno finito il corso di studi o si sono comprati il titolo, quando sento sentenziare di scuola economisti i quali, anziché tirare su uno straccio di idea che serva per uscire dalla crisi economica, pensano bene a mettersi in cattedra per esibirsi in lectio magistralis su sistemi scolastici di istruzione e formazione non avendo la più pallida idea di cosa siano, non avendo la minima idea di pedagogia, come se la scienza organizzativa e la governance (sic!) siano qualcosa di assoluto a prescindere dal cosa si faccia in un determinato settore, a prescindere dalla sua specificità, ebbene, Rosaria, quando sento tutte queste strumentali sciocchezze, mi ribello, le sento come ingiuste, mi incavolo e viene fuori in me un antico profondo insopprimibile genetico rifiuto dell'ingiustizia, della prevaricazione, dell'offesa, dell'autoritarismo. Una ribellione la mia che ha un faro che illumina il cammino e allo stesso tempo indica una meta: la Costituzione.

* maestro in pensione

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