Al Consiglio Ue si dice "sì" alla solidarietà solo se la fanno gli altri
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Durante il Consiglio europeo il primo ministro bulgaro è sbottato con un "basta": ne aveva fin sopra i capelli di occuparsi della Grecia, che non aveva che da adeguarsi alle regole dell'austerità come da anni faceva la Bulgaria, paese molto più povero, soprattutto nella sua area nord occidentale, che la Grecia. Anzi, il più povero della Ue.
Stessa musica dagli altri paesi dell'est, per non parlare della Spagna, del Portogallo e dell'Irlanda. Idem sul tema dell'immigrazione. Il Presidente del Consiglio Tusk ha preso le parti, cosa davvero irrituale, per il suo paese e gli altri della regione arrivando a uno scontro duro con Juncker che non ha mollato sul fatto che ci deve essere un numero obbligatorio di rifugiati da distribuire 40.000 da grecia e Italia+20.0000 da paesi terzi) pur se non una ripartizione centralizzata e obbligatoria, almeno per ora (se ne riparla a fine anno). Non proprio un belvedere insomma e un accordo "modesto" nelle stesse parole di un assonnato Juncker.
Dunque, il messaggio di questo vertice è che i leader europei sostengono l'idea di solidarietà, fin tanto che altri se ne vorranno fare carico. Su questo i governi sono davvero uniti e ormai pare un atteggiamento standard di fronte ai temi più controversi e rilevanti: fare il minimo indispensabile e, piuttosto che produrre una vera e propria soluzione, dare calci il barattolo lungo la strada rimandando ogni decisione. Eppure questa incapacità di affrontare davvero qualsiasi problema pur avendone perfettamente i mezzi e i poteri, sia a livello nazionale che europeo, sta accelerando pericolosamente il disfacimento di ogni coesione interna e perfino simpatia reciproca nella Ue e dunque sta ulteriormente minando la sua legittimità, già messa a dura prova dal discorso fallace, ma chiaro, dei vari Le Pen e Salvini.
Certo, io sono contenta che sia arrivata la decisione vincolante pur se insufficiente di distribuire 40 000 rifugiati. È un piccolo passo, ma almeno non va nella direzione sbagliata. Mi ha fatto pensare al precedente stabilito qualche mese fa e accolto con notevole perplessità, della quota di energie rinnovabili da raggiungere entro il 2030, fissata al 27% dei consumi energetici, vincolante a livello europeo, ma facoltativa a livello nazionale: chi non vuole partecipare, potrà tranquillante non farlo. Solo che qui non si tratta di pale eoliche, ma di persone. Appunto, l'idea è che se ne occupino altri; anche perché non ci sono criteri oggettivi, ne un obbligo di solidarietà specifica tra gli Stati.
Il tema sul quale si è invece registrato un grande accordo, è quello del rafforzamento del controllo delle frontiere e sui metodi per impedire ai migranti di entrare nell'Ue. Rifugiati un po' si ( troppo sconveniente cancellare gli obblighi internazionali) ma migranti assolutamente no. Torna trionfante l'illusione della Fortezza europa. E naturalmente manca una vera discussione sulle cause del fenomeno migratorio, ad esempio su quelle che dipendono direttamente dalle politiche Ue, come gli accordi commerciali con molti paesi africani che hanno distrutto parti importanti dei settori produttivi locali, dalla pesca in Senegal alla coltivazione di pomodori in Ghana.
Mentre tante persone fuggono conflitti, dittature o il cambiamento climatico, non c'è stata alcuna presa di posizione sull'attivazione di strumenti di protezione temporanea o sull'organizzazione di mezzi sicuri e legali di ingresso nell'Ue o sull'aumento delle risorse per le politiche di accoglienza e integrazione, ridotte del 17% nelle prospettive finanziarie Ue 2014-2020 rispetto al periodo precedente e comunque di varie volte inferiori rispetto alle somme ingenti spese per i rimpatri o la sorveglianza dei confini. (700 milioni di euro su 4 miliardi tra il 2007 e il 2013, come riporta il recente Rapporto di Amnesty International sui costi della Fortezza europa). Insomma, questo vertice lascia molto amaro in bocca, espone molte divisioni, fra cui quella inedita fra il Presidente della Commissione e quello del Consiglio.
E ha lasciato ancora aperta la questione angosciosa della Grexit, mentre studi recenti e sempre più economisti tornano a dimostrare che sono le politiche di austerità che hanno provocato una parte importante della diminuzione del Pil, e non solo in Grecia. Altro che risanamento attraverso le riforme. È l'ostinazione di riformare solo tagliando che ci sta sempre più portando fuori strada.
Vedremo se sarà davvero possibile domani arrivare ad un accordo, che limiti le pretese su IVA e pensioni e contenga una prospettiva reale di riduzione del debito e investimenti, come prospettato da Juncker. Il quale però fa il gioco delle tre carte quando parla di 35 miliardi di investimenti per la Grecia, visto che si tratta di risorse già contenute nei programmi dei fondi strutturali, che spessissimo non sono spesi per varie ragioni burocratiche e tecniche. Quindi pare poco onesto che Juncker le leghi alla conclusione dell'accordo.
Comunque un'intesa equa e sostenibile, che non rimandi semplicemente di qualche mese il tira e molla finale pare oggi altamente improbabile. In queste ultime ore, i creditori hanno fatto (pare) l'offerta di rinviare di 5 mesi la durata del programma di sostegno a patto che la Grecia si impegni a fare le riforme che i creditori richiedono. Quelle che Tsipras ha già rifiutato, insomma e che secondo alcuni media greci ha di nuovo respinto, perché non farebbe che continuare un'agonia già durata mesi, che ha totalmente bloccato ogni attività e prospettiva nel paese ellenico.
Oggi, non pare ci sia molto da fare: la forza dell'ideologia dell'austerità uber alles, nonostante il suo evidente fallimento, una potentissima antipatia nei confronti di Tsipras e il suo governo, rischiano davvero di mandarci contro un muro, tutti, non solo la Grecia. E comunque andrà, è chiaro che questi vertici a ripetizione e le decisioni sempre meno efficaci dei leader dell'Ue stanno minando l'integrazione politica e la coesione della Ue, approfondendo rancori e disuguaglianze. Bisognerà che un giorno o l'altro, possibilmente molto presto, anche noi federalisti spinelliani ci decidiamo a riprendere la battaglia per un'Europa diversa. Anche perché mi sembra che se non riusciremo a cambiarla presto, l'Europa, rischiamo di perderla.
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