di Luciolio Santoni*
Quando si vive una paranoia collettiva, questa viene vista come sanità. Allo stesso tempo, chi è sano viene considerato matto. L'Italia oggi (più che mai) è un manicomio nel quale i pochi sani sono banditi e hanno il loro bel daffare per mantenere la bussola, per non essere annientati dai malati.
La faccenda è molto seria e profonda poiché, in realtà, il sintomo è l'unica ragione di vita dei malati. La malattia è l'unico filo che li tiene legati all'esistenza biologica, altrimenti sarebbero costretti a un suicidio di massa. Naturalmente nessuno lo ammette, poiché ammetterlo vorrebbe già dire prenderne coscienza e preparare il cappio. Nessuno lo ammette e, invece, ognuno si mette una maschera, o più maschere. Quella del dottore, quella dell'avvocato, quella del manager, quella del latin lover, quella dell'ex calciatore, quella del padre di famiglia, quella della moglie felice, quella di chi lavora e poi va in vacanza ecc. ecc. e tutti costoro parlano bene l'uno dell'altro, mentre fanno battute sulle donne, lasciano il suv acceso sul marciapiede per andare a comprare le sigarette, parlano di ristoranti e di cene, di calcio, di beauty farm, di buoni fruttiferi e di migranti che puzzano.
Tutti costoro parlano bene l'uno dell'altro fin quando, quasi sempre, si pestano i piedi a vicenda: a quel punto, si violentano, si sfregiano con l'acido, si uccidono. E hanno generalmente in moderato disprezzo i “matti”, quelli che vivono diversamente da loro, senza denaro, i poeti, gli utopisti, ma non arrivano a odiarli, non arrivano a fargli violenza, semplicemente li tengono alla larga con snobismo, talvolta li commiserano. Forti della loro maschera granitica, sono esibizionisti: mio figlio va in vacanza alle Maldive (con foto su facebook), io vado in montagna e affitto un bungalow con tutti i comfort, abbiamo uno splendido rapporto in famiglia, mio marito ha cancellato una riunione di lavoro per festeggiare il mio compleanno, siamo stati al ristorante più caro della città ma... a noi hanno fatto lo sconto perché... siamo amici. E poi continuano: certo, tutto questo ce lo siamo meritato con i sacrifici fatti nella vita, nessuno ci ha regalato niente, e se il governo fosse meno ladro potremmo permetterci molto di più, siamo già felici ma se non ci fossero i politici-sanguisughe potremmo essere in paradiso.
Viene in mente Pier Paolo Pasolini che diceva:
“Sei così ipocrita che quando morirai e andrai all'inferno, dirai di essere in paradiso”.
Se dessimo retta esclusivamente alla ragione, dovremmo disperare. La ragione non lascia intravedere vie d'uscita. Ma a noi piacciono gli anarchici, piacciono Francesco d'Assisi e il papa che da lui ha preso il nome (leggi Il Cantico che non c'era). Piacciono gli ultimi, i diseredati, che hanno rinunciato, di necessità, a tutti i bisogni (i quali riempiono le esistenze dei malati e le rendono impossibili) e ora vivono di desiderio, il solo che dà vita e fa amare le cose e le persone. Piacciono quelli che inseguono la felicità anche senza una ragionevole possibilità di raggiungerla, e intanto godono della bella mattina di sole e della buona salute. Quelli che vivono sempre ai margini e mai al centro; che onorano ogni giorno la bellezza delle cose e dello stare al mondo.
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mercoledì 24 giugno 2015
un mondo di insani?
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