mercoledì 10 giugno 2015

export europeo alla conquista del Peru'

L’export europeo alla conquista del Perù

by maomao comune
C'è un bel profumo di colonia e poi c'è dentro tutto, ma proprio tutto l'arsenale da guerra del liberismo commerciale e finanziario nell'Accordo di libero scambio tra Unione Europea, Colombia e Perù che devono ratificare a breve i senatori italiani. Il passaggio non è trascurabile perché inciampare nel No parlamentare di uno degli Stati che compongono la Ue significa mandare tutto all'aria. Sarebbe una festa per i 400 mila piccoli produttori di latte colombiani condannati a subire il dumping indecente dei colossi europei. E lo sarebbe anche per i piccoli coltivatori, per gli indigeni che subiscono deportazioni, per la popolazione minacciata dall'avvelenamento che genera l'estrattivismo delle miniere a cielo aperto. E poi per le foreste, per le lagune e per la vita del pianeta intero. Per la vita, sì ma non per gli affari. Il fallimento del trattato sarebbe infatti una straordinaria occasione di crescita e sviluppo gettata alle ortiche per gli investimenti e i profitti delle imprese petrolifere e delle telecomunicazioni, per i soliti insaziabili predatori della terra, dell'acqua e delle altre risorse naturali ma anche per chi traffica - in Europa e in Sudamerica - con il riciclaggio di denaro del tutto indifferente alla sua provenienza. E dunque, cari lettori, cosa pensate che decideranno i senatori italiani?
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di Francesco Martone
Dopo essere stato approvato alla Camera con il solo voto contrario di SEL e M5S, è ora in Commissione Esteri del Senato il disegno di legge di ratifica dell'Accordo di libero scambio tra Unione Europea, Colombia e Perù (TLC l'acronimo in spagnolo). Un accordo assai controverso, oggetto di campagne e denunce da parte dei movimenti sociali, sindacali e in difesa dei diritti umani nei paesi andini e in Europa. L'ultimo paese a ratificarlo è stato l'Irlanda, dopo un dibattito parlamentare serrato, che ha visto un inedito protagonismo della società civile, dei sindacati e delle ONG. Il 28 gennaio ci sono stati 67 voti a favore, (Laburisti e Fine Gael) e 46 contro (Sinn Fein, Partito Socialista, Fianna Fail). Ora la vicenda è in mano al Parlamento italiano, alla vigilia di un importante incontro tra Italia e Paesi latinoamericani in programma a Milano a metà giugno nel quadro della Expo.
Forti continuano a essere le preoccupazioni riguardo vari aspetti dell'accordo: dal rispetto dei diritti umani, all'impatto economico e a quello ambientale, dalla liberalizzazione dei flussi finanziari all'assenza, pressoché totale, di misure volte a impedire il riciclaggio del denaro. Come tutti gli accordi di libero scambio conclusi dall'Unione Europea nel quadro della strategia “Global Europe”, anche il TLC è improntato sull'obiettivo di favorire la penetrazione delle imprese europee in settori chiave quali i servizi, e l'accesso alle risorse naturali, a scapito dei diritti umani e dell'ambiente, come denunciato da tempo dal Tribunale Permanente dei Popoli che, negli anni scorsi, ha tenuto delle sessioni dedicate alle politiche commerciali UE in America Latina. Anzitutto, questo accordo va ben al di là dei temi commerciali in senso stretto, è un accordo “misto” con capitoli relativi alla cooperazione in ambito ambientale e una clausola democratica. Per questo. a seguito della pressante richiesta di Parlamenti europei come quelli tedesco e inglese, si è deciso di sottoporre gli accordi alla ratifica degli stati membri. Se anche un solo Parlamento dicesse di no, salterebbe tutto l'accordo.
Nel corso del negoziato, la posizione europea ha provocato tensioni con la Comunità Andina delle Nazioni che sono state risolte con l'inserimento di una clausola secondo la quale ogni futuro negoziato con altri paesi andini si sarebbe svolto sulla base di questo accordo, limitato inizialmente a Perù e Colombia. Solo di recente, l'Ecuador ha concluso un TLC con la UE, generando nel paese forti preoccupazioni da parte dei movimenti sociali, ambientalisti, indigeni e contadini.
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Il TLC prevede la liberalizzazione dei servizi, in favore di imprese europee nelle telecomunicazioni e nel petrolio ma anche per quel che riguarda l'acqua. Sono previste agevolazioni per imprese europee a carattere estrattivo-minerario ma anche forestali, agricole. Non viene garantita invece alcuna misura di prevenzione dei flussi illeciti di capitale, a differenza di quanto invece accade negli altri accordi commerciali tra UE ed altri paesi, né ci si preoccupa per la prevenzione dell'evasione fiscale. Viene invece favorita la massima libertà di circolazione di capitali, senza alcun tipo di supervisione dei processi di liberalizzazione delle attività finanziarie, in particolare quelle ad alto rischio speculativo. Il rischio di lavaggio di denaro nell'Unione Europea è enorme, se si considera che il volume totale di denaro circolato nei sistemi bancari “ombra” nella UE ammonta a circa 17 trilioni di dollari. L'articolo 168 del TLC liberalizza i trasferimenti in conto capitale includendo rimesse, pagamenti di beni e servizi, dividendi e bonifici bancari. L'articolo 155 “invita” i paesi firmatari a fare “del loro meglio”per rispettare gli standard internazionali contro il riciclaggio ed i finanziamento del terrorismo. Prescrizioni queste decisamente più blande rispetto a quelle contenute ad esempio nel TLC tra UE ed America Centrale.
Esiste poi un grave rischio di perdite di gettito fiscale da tassazione delle imprese straniere, che potrebbero evadere le tasse utilizzando sedi di comodo in parafisi fiscali, (in Europa basti pensare alle isole di Guernsey e Jersey, al Lussemburgo, all'Irlanda). Non esistono obblighi di prevenzione dell'evasione fiscale, si prende semplicemente nota delle raccomandazioni di G7, OCSE, G20 in materia di trasparenza e scambio di informazioni. Le misure previste in tema di politiche fiscali porterebbero alla riduzione delle tariffe fiscali da parte di Colombia e Peru , laddove si prevede che per il Perù, ad esempio, ciò potrebbe comportare una perdita secca del 27,8% delle entrate derivanti dal gettito fiscale. La riduzione delle tariffe intese a proteggere comparti produttivi importanti dalla concorrenza di prodotti d'importazione a basso costo colpisce in particolare i produttori di latte colombiani, giacchè farebbe “saltare” le garanzie previste da un accordo andino per la stabilizzazione dei prezzi del latte, così portando almeno 400mila piccoli produttori colombiani sull'orlo della bancarotta. Le valutazioni contenute nel “Trade sustainability impact assessment (TSIA)” avevano poi fin dall'inizio previsto effetti negativi in Colombia e Perù in termini occupazionali nel settore dei servizi, mentre per quanto riguarda i termini di scambio, si sono già registrate nel periodo di applicazione interinale dell'accordo significative asimmetrie. Nel caso della Colombia, ad esempio, da gennaio a dicembre 2014 s'è registrato un aumento dell' importazione di prodotti primari dalla UE del 67% contro un aumento delle esportazioni del 29,3%.
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I leitmotiv di questo accordo di libero scambio sembrano essere la conquista di terra e di risorse naturali preziose, con conseguenti gravi ricadute sulla sicurezza alimentare e per il possibile aumento della violenza nelle zone rurali, in realtà già caratterizzate da un'enorme diseguaglianza nella distribuzione della terra. In Colombia si calcola che nelle ultime due decadi, il “landgrabbing” abbia sottratto ai legittimi proprietari circa 6,6 milioni di ettari di aree coltivate, in una situazione nella quale lo 0,4% dei proprietari terrieri controlla il 63% della terra. Nonostante le promesse di presunte riduzioni delle diseguaglianze, il TLC rischia di sortire l'effetto contrario se è vero quanto disse nel 2010 il Comitato Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) sugli accordi commerciali che potrebbero impattare negativamente sul godimento dei diritti economici, sociali culturali in particolare dei gruppi pià svantaggiati. La stessa valutazione di impatto condotta a suo tempo, anticipava l'aumento di conflitti sulla terra, e nei territori indigeni, in seguito all'espansione delle colture per biocarburanti, un settore nel quale è attiva in Colombia un'impresa italo-spagnola, la Poligrow, produttrice di biofuel da olio di palma, e già al centro di casi di landgrabbing.
Rischio di lavaggio di denaro sporco, “landgrabbing” e distruzione delle foreste, aumento dele diseguaglianze e mano libera alle imprese straniere sono quindi tra le principali conseguenze di questo accordo, per non parlare poi dell'inadeguatezza delle misure previste per il monitoraggio della situazione dei diritti umani, e sindacali nei due paesi. Continuano infatti le denunce di intimidazioni, minacce, e violenza contro attivisti, sindacalisti, e leader indigeni in Colombia, mentre in Perù ha fatto scalpore qualche mese fa la notizia dell'assassinio del leader Edwin Chota e di altri indigeni Ashaninka che si opponevano alle attività delle industrie del legname. Dall'inizio della presidenza Santos, in Colombia si è registrato un deterioramento della situazione dei diritti umani: tra il 2010 ed il 2012 è raddoppiato il numero di omicidi di difensori dei diritti umani, nel 2013 sono stati uccisi 70 attivisti e 46 sindacalisti, e 23 gli indigeni uccisi nella prima metà del 2013. Ciononostante, nel testo dell'accordo si legge che “per quanto riguarda i diritti umani ed i valori democratici, l'accordo commerciale non regolerà in dettaglio tali aspetti”.
A suo tempo il Parlamento Europeo si rifiutò di ratificare il testo finale del TLC con le clausole di diritti umani tradizionalmente incluse in tali accordi, chiedendo che venisse inclusa una “roadmap” vincolante sul rispetto dei diritti umani, del lavoro ed ambientali. Il Parlamento voleva fosse assicurata l'applicazione effettiva della clausola sui diritti umani e che a ciò seguisse l'impegno a prevedere norme di applicazione vincolanti.La “EU Strategic Framework and Action Plan on Human Rights and Democracy” prevede che vengano svolte valutazioni di impatto sui diritti umani per quegli accordi che possono avere significativi impatti economici sociali ed ambientali, ciononostante nulla di ciò è stato fatto per questo accordo.
Il Parlamento aveva chiesto anche impegni per il monitoraggio del rispetto dei diritti umani, ma a differenza di quanto avvenuto per altre materie con la costituzione di sottocomitati che si occupano di accesso ai mercati, occupazione, ambiente, nulla di simile è stato previsto per il monitoraggio dei diritti umani, tema che verrà affrontato solo nella commissione commercio (INTA) del Parlamento Europeo. L'eurodeputato tedesco Helmut Scholz del GUE segue da tempo questo dossier, che sarà al centro delle mobilitazioni previste in occasione del prossimo vertice UE-CELAC, quando a Bruxelles in parallelo ai capi di stato e di governo europei, dell'America Latina e dei Caraibi, si riuniranno decine di rappresentanti di movimenti sociali, ambientalisti e sindacali di Europa ed America Latina per denunciare le politiche commerciali europee in America Latina, e chiedere che si adotti un trattato che obblighi le imprese a rispettare i diritti umani, attualmente in discussione al Consiglio ONU sui diritti umani.

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