lunedì 8 giugno 2015

gay pride a Kiev ...qualche notizia di civiltà da est

Gay Pride a Kiev: quattro chiacchiere con Stas Mishchenko, tra gli organizzatori della Marcia dell'Eguaglianza

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GAY PRIDE
Si è tenuto, il 6 giugno, il secondo gay pride della storia dell'Ucraina. Il primo si era tenuto nel 2013 dopo che nel 2012 era stato cancellato poiché le minacce e le opposizioni violente erano state troppo forti. Lo stesso destino toccò al pride del 2014 e ha rischiato di toccare anche alla Marcia dell'Eguaglianza di quest'anno, se il presidente Ukraino, Petro Poroshenko, non avesse dichiarato venerdì: "Non vi parteciperò, ma non vedo alcuna ragione per impedire questa marcia che rappresenta un diritto costituzionale per ogni cittadino ucraino". Non era mai accaduto prima che un presidente dell'Ucraina - un paese post-sovietico e fortemente influenzato dal conservatorismo cristiano ortodosso - sostenesse apertamente la comunità LGBTI.
La dichiarazione di Poroshenko è arrivata il giorno dopo che il sindaco di Kiev aveva invece invitato gli organizzatori a cancellare la marcia dopo le minacce dei gruppi di estrema destra e ricorrendo all'argomento patriottico che la marcia avrebbe rischiato di dividere ulteriormente il paese già provato dalla guerra. Come se lo scontro con la Russia non fosse anche sull'appartenenza dell'Ucraina all'Europa e non implicasse quindi anche la necessità di rispettare un diritto umano fondamentale come quello della libertà di manifestare.
Gli attivisti LGBTI, infatti, hanno confermato la marcia pur prendendo varie precauzioni come la convocazione in prima mattinata, la comunicazione del luogo del raduno per mail e telefono solo poche ore prima e la scelta di un luogo lontano dal centro, sulle rive del fiume Dnepr, più facilmente controllabile dalla polizia e che permettesse ai manifestanti di allontanarsi poi in macchina o con furgoni per non essere aggrediti dopo la manifestazione, il momento più pericoloso in assoluto.
Tutto ciò non è stato però abbastanza per evitare gli scontri. Marco Perolini che ha monitorato la marcia per Amnesty international ha riportato che ci sono stati diversi feriti, tra cui una decina di partecipanti e cinque poliziotti, di cui uno gravemente colpito dalle schegge di un proiettile esploso. E già perché i circa 25/30 ultra-nazionalisti si sono presentati armati di cacciaviti, coltelli, pietre, petardi e addirittura lacrimogeni. "Devono essere fisicamente distrutti", avevano dichiarato i neonazisti e per questo si stavano attrezzando.
Grazie a ILGA-Europe ho avuto il privilegio di conoscere uno degli eroici attivisti LGBTI ucraini, Stas Mishchenko. "Sono buddista zen", tiene a precisare il fotografo e compositore - la sua mostra sulla comunità queer ucraina è già stata ospitata da varie città ucraine ed europee tra cui Berlino e Monaco - che ha anni di attivismo alle sue spalle prima in un progetto per la prevenzione dell'HIV, poi come vicepresidente di Gay Alliance Ukraine e direttore delle riviste LGBTI Gayd! e Stonewall. Ecco come ha risposto ad alcune mie domande a caldo dopo la marcia.
Prima di tutto, come stai Stas? Sano e salvo?
Al momento sto bene. Sono a casa al sicuro dove ho la possibilità di digerire gli eventi di oggi.
Com'è andata la marcia e com'è la situazione ora?
La Marcia dell'Eguaglianza c'è stata e questa volta eravamo circa 300: persone LGBTI e alleati dall'Ucraina, dalla Russia, dalla Georgia, dalla Moldova, dalla Bielorussia, dal Canada e una grande delegazione da monaco, in Germania. C'era Lydia Dytrich (consigliera comunale di Monaco [città gemellata con Kiev] e rappresentante ufficiale del sindaco di quella città), Karl-Heinz Brunner e Beate Walter-Rosenheimer (parlamentari tedeschi), Serhii Leshchenko e Svetlana Zalishchuk (parlamentari Ucraini), l'ambasciatore svedese Andreas von Beckerat e consorte e vari attivisti per i diritti umani, tra cui Amnesty International che ci garantisce un sostegno costante. Abbiamo marciato per circa mezzo chilometro circondati da centinaia di poliziotti che ci proteggevano e che hanno reagito prontamente agli attacchi dell'estrema destra. Molte persone della comunità sono state aggredite dopo la marcia ma ora sono a casa e sono vive. Circa 25 nazisti sono stati arrestati.
Come giudichi e spieghi le dichiarazioni del sindaco di Kiev prima e di Poroshenko il giorno dopo?
Che una dichiarazione positiva sia venuta dal presidente Poroshenko è molto importante. Sia lui sia il suo partito si sono tenuti più o meno neutrali persino prima delle elezioni e sono stati quasi gli unici a sostenere l'importanza di non discriminare nessuno, neanche le persone LGBTI. Quindi è una conseguenza logica e degna di lode che si siano dimostrati fedeli alle loro stesse parole. Quanto alle dichiarazioni del sindaco Vitaly Klitchko, è triste che viva ancora in un mondo di pregiudizi e fraintendimenti.
I politici ucraini stanno finalmente capendo che essere europei significa anche proteggere i diritti umani di tutti?
C'è ancora molta strada da fare prima di arrivare ad una tale comprensione. Questa volta siamo stati protetti soprattutto per via del sostegno internazionale, non per volontà loro. Sfortunatamente i politici stanno cercando di trovare la loro personalissima via verso l'Europa, senza rispettare tutti gli obblighi che ne conseguono, come quello di garantire l'eguaglianza a tutti i cittadini. Ma come mostra l'esperienza, ciò è impossibile: se vuoi essere europeo, devi comportarti come uno di loro.
Qual è la situazione dei diritti umani delle persone LGBTI e in generale in Ucraina?Non è facile vivere in Ucraina per gay, lesbiche, bisessuali e transgender. L'omosessualità è stata depenalizzata con l'indipendenza nel 1991, ma più in là di quello non si è andati. L'omofobia cresce costantemente. Come in Russia, il gruppo neonazista "Occupy pedofily" si finge gay per sedurli e portarli in case private dove vengono umiliati davanti a una telecamera e il video pubblicato online.
Nel 2012 una proposta di legge contro la cosiddetta propaganda omosessuale (8711/0945) era stata approvata e, anche se dopo le elezioni non s'è n'è più fatto nulla, c'è sempre il rischio che venga ripresentata. L'omofobia in Ucraina è molto comune ed è promossa dalle chiese evangelica ed ortodossa. Un sondaggio dell'associazione LGBTI Nash Mir mostra che nel 2010 il 72% degli ucraini aveva un atteggiamento negativo nei riguardi delle persone LGBT. Secondo il famoso istituto Gorshenin il 48% degli ucraini è contro il matrimonio egualitario, mentre un sondaggio della rivista online Objective mostra che il 63% degli ucraini è favorevole a una legge contro la propaganda "omosessualista".
La comunità LGBTI ucraina guarda all'Europa e ripone le sue speranze nell'adesione all'Unione Europea. Come parte del processo di liberalizzazione dei visti con l'Ue, si era anche fatto un accordo per una legge contro le discriminazioni che però non è ancora stata votata. Gli attivisti anti-europeisti usano la carta dell'omofobia propagandando che concedere uguali diritti agli omosessuali significa aprire al matrimonio gay. Anche con un partito pro-EU al potere il rischio dell'indifferenza verso le questioni LGBTI è molto alto. Inoltre, durante il conflitto, molte persone LGBTI stanno fuggendo dalle regioni dell'Ucraina dell'Est e della Crimea perché non vogliono vivere sotto la legislazione omofoba russa.
Alcune reazioni su twitter alle immagini di violenze di oggi dicono "ecco come vengono declinati i valori europei a Kiev". E alcuni, in Italia, accusano esplicitamente Euro Maidan di essere infiltrata da elementi nazisti che sono diventati prioritari. Cosa vorresti dire a queste persone?
Maidan è stata guidata da molte persone con ideologie diverse. I neonazisti erano solo i più visibili, per via delle loro uniformi e del loro comportamento, ma le elezioni successive hanno mostrato il loro reale seguito: meno dell'1%. È triste vedere che la propaganda russa funzioni nel dipingere Maidan e le nuove forze politiche in Ucraina come se fossero di estrema destra.
Il movimento LGBTI ha avuto un ruolo in Euro Maidan?
Le questioni LGBTI erano, e sono tutt'ora, controverse nel nostro Paese. La presenza di bandiere arcobaleno avrebbero potuto causare degli scontri all'interno di Maidan. Perciò, come movimento, abbiamo deciso di sostenere la rivoluzione prima di tutto come cittadini, senza dichiarare le nostre identità LGBT. Molti di noi erano là a combattere e morire come tutti i cittadini, ma senza le bandiere arcobaleno.

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