martedì 2 giugno 2015
ragionando in modo laico sul Nazareno e dintorni
il crollo del nazareno,
ovvero la legge ferrea della coperta
enzo marzo
Solo dei patetici dilettanti allo sbaraglio come Serracchiani & C possono
scopiazzare i politici della Prima repubblica, che tirando i dati come elastici vincevano in
ogni elezione. Una classe dirigente che si vanta d’essere nuova dovrebbe avere più rispetto
per gli elettori.
Noi preferiamo aspettare comparazioni approfondite e analisi sui flussi. Però in
attesa di queste un primissimo giudizio può essere azzardato sui fenomeni più vistosi e
incontrovertibili.
Il grande vincitore è stato il partito dell’assenteismo. Oramai metà degli italiani non
trova un’offerta politica appetibile che faccia uscire da casa per andare a votare. Vuol dire
che troppe idealità e troppi interessi non riescono a essere rappresentati dai partiti
esistenti. Che non sono pochi, ma sono quasi tutti indistinguibili l’uno dall’altro, e guarda
caso non assomigliano neppure un po’ né alla destra né alla sinistra moderna ed europea.
Se l’astensionismo ha vinto, sicuramente ha perduto il Nazareno. Renzi, dove si è
affermato pur perdendo una massa rilevantissima di votanti pd, si ritrova governatori non
allineati sulla sua linea e addirittura uno (De Luca) che egli stesso dovrà sospendere perché
ineleggibile e vincitore solo grazie ai fascisti e agli impresentabili. Il segretario del Pd
durante tutta la campagna elettorale ha ripetuto fino alla noia che sulla legalità non
avrebbe accettato lezioni da nessuno. Adesso dovrebbe avere la decenza di andare in tv e
dire che almeno la lezione degli elettori l’accetta.
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Per il resto Renzi si può iscrivere al partito della “sinistra masochista”, ovvero a
quella che perde. In un anno Renzi, con la sua azione di governo, ha dilapidato
integralmente il tesoretto delle Europee e ha persino peggiorato i livelli meschini del pd
bersaniano. Non sono bastate mille chiacchiere e promesse, che sono state annullate dai
contenuti delle cosiddette riforme. Renzi è novizio e dovrebbe apprendere che alla lunga –
dopo le delusioni - non conta più la copertina delle riforme , ma ciò che c’è scritto dentro.
Ieri, Scalfari, che proprio non può essere annoverato tra gli avversari di Renzi, si augurava
persino che una riforma assolutamente essenziale come quella della regolamentazione dei
partiti, fosse accantonata, perché il progetto renziano sarebbe davvero peggiore del male. E
così è stato sulla riforma elettorale, sull’anticorruzione, sulla giustizia, sul lavoro, sulla
scuola, eccetera eccetera… Queste elezioni sanciscono sicuramente il fallimento della
strategia renzianza. Senza aspettare i risultati del voto era immaginabile che “la legge
ferrea della coperta” lo punisse fortemente. La coperta è sempre la stessa, se la si tira
vistosamente a destra, prima di tutto bisogna conquistare i voti nuovi (se ci sono - il
risultato elettorale della Politiche poneva dei dubbi visto che ne uscì un centro montiano
quasi irrilevante) e poi dare per scontato che si lascia scoperto il lato sinistro. Non si
possono fare Primarie-barzelletta, rappresentare il malgoverno burlandiano e poi
pretendere di prendere voti dalla sinistra. I vuoti si riempiono ed è infantile piangere
perche non si è riusciti a catturare contemporaneamente i voti sia di destra sia di sinistra.
C’è anche un’altra sconfitta all’interno della débacle renziana. È quella della Ditta ex-pci,
che per proteggere i propri interessi di botteguccia ormai si è definitivamente allineata al
nuovo padrone, va a fare campagna elettorale per gli scherani di Renzi, ogni tanto pigola,
ma tutti sanno che alla fine si adegua su tutto.
L’altro sc0nfitto è stato Berlusconi. Queste elezioni sanciscono il rovesciamento di
forza tra Berlusconi e la Lega. La destra è ora in mano a chi presenta una linea estremista e
razzista. Incivile ma chiara. Berlusconi ha fatto da spalla a Renzi per lo più per interessi
personali, e il suo partito ora è allo sbando e in rovina. La destra si trova in grave difficoltà
e di fronte a un paradosso: può conservare il secondo posto e quindi andare al ballottaggio
solo se si unisce tutta (come è avvenuto in Liguria), ma se si unisce sulla linea antieuropea
e razzista di Salvini sa che non potrà fermare una vera emorragia di consensi verso il
centro. Una cosa è fare un’alleanza in elezioni amministrative e un’altra per le Politiche
presentarsi all’elettorato moderato con Casa Pound.
Non è un particolare da poco, ma queste elezioni segnano finalmente anche il
disastro del “rosso antico”. La sinistra antidiluviana, burocratica e nostalgica di Togliatti, si
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è ridotta a poche schegge e solo i ciechi possono ancora pensare che su quel terreno si
possa costruire un’alternativa valida al Pd. Non riuscire a prendere voti, anzi perderli,
avendo come avversario un Renzi sempre più a destra significa che ormai si è smarrita
qualsiasi attrattiva presso l’elettorato di sinistra, che preferisce disperdersi o starsene a
casa piuttosto che votare Sel o Tsipras.
Assenteismo, Lega e Movimento 5 stelle. Questi i vincitori. Così si è tripartita la
protesta contro la casta, contro la corruzione, contro il governo. A sorprendere è stata la
forte tenuta dei grillini. Dopo la dilapidazione dei voti ottenuti nelle Politiche, quando i
grillini ce la misero tutta per favorire in ogni modo la politica quirinalizia delle “larghe
intese” e far fallire ogni ipotesi di governo fortemente condizionato dal Movimento, forse
(e sottolineiamo forse) i grillini si sono presentati meno “grillini” e più movimento di
massa che opera sui contenuti e sul rinnovamento vero delle classi dirigenti. La faccia per
bene di Di Maio è stata più accattivante di quella esagitata di Grillo. Ma anche qui forse ci
troviamo davanti a un paradosso: il M5s, che andava così così nelle Amministrative, ora
forse è stato favorito proprio dal carattere non di politica generale della competizione. Ma
prima o poi i grillini dovranno affrontare e dire la loro su questioni essenziali. Prima di
tutto sul loro rapporto con la democrazia partitica . Il loro “partito” è addirittura arcaico,
con un padrone assoluto, molta vuota demagogia democraticista, rifiuto di ogni controllo,
una gerarchia scelta dall’alto come in Vaticano. Seconda questione: rigettare drasticamente
lo spirito totalitario, perfino fondativo, del loro movimento, che ha determinato le scelte
politiche fin qui. È indecente concepire nonché proclamare l’idea di aspirare alla
maggioranza assoluta per governare da soli. Come un qualunque dittatorello
sudamericano. Lo sappiamo che un imbecille irresponsabilmente ha addirittura partorito
un sistema elettorale che favorisce questo disegno antidemocratico, ma tocca al
Movimento 5 stelle fare una approfondita riflessione sui governi “nazionali” e “totalitari”. E
poi c’è l’Europa. Per un antieuropeismo alla Le Pen e alla Farange è sicuramente più
plausibile Salvini. Il M5s, se vuole diventare credibile come forza democratica e
antinazionalista, ha ancora molta strada da fare.
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