giovedì 11 giugno 2015

ricordiamo chi era Giacomo Matteotti,socialista,laico,democratico e vicino alle posizioni mazziniane


Quando vi chiederanno chi era Giacomo Matteotti

by JLC
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di Saverio Tommasi*
Il 10 giugno di una manciata d'anni fa uccisero Giacomo Matteotti. Qualche giorno prima, nell'aula della Camera, Matteotti aveva denunciato la violenza del Governo fascista, che utilizzava una milizia armata composta dai cittadini del suo stesso partito per condizionare il risultato delle elezioni. Finito il suo discorso, rivolto ai suoi compagni, disse:
"Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me".
Il giorno dopo Mussolini scrisse sul Popolo d'Italia che la maggioranza era stata troppo paziente e che la mostruosa provocazione di Matteotti meritava qualcosa di più concreto di una risposta verbale.
E così siamo al 10 giugno 1924, ore 16:15. Matteotti uscì di casa, a piedi. Percorse il lungotevere Arnaldo da Brescia, con l'intenzione di tagliare poi verso Montecitorio. Qui era ferma un'auto nera, elegante, con a bordo cinque persone. Appena lo videro gli balzarono addosso. Matteotti si divincolò e ne buttò uno a terra. Il terzo lo stordì con un pugno e gli altri due lo caricarono in macchina.
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All'interno dell'auto scoppià una rissa e dall'abitacolo Matteotti riuscì a gettare il suo tesserino da parlamentare, che fu ritrovato, poi, da due contadini. A quel punto, nel trambusto della macchina, Giuseppe Viola estrasse un coltello e colpì Matteotti sotto l'ascella e al torace. Dopo alcune ore di agonia Giacomo Matteotti morì. I cinque assassini la sera raggiunsero la Macchia della Quartarella, un bosco nel comune di Riano a venticinque chilometri da Roma. Qui scavarono una buca con il cric dell'auto, e seppellirono il cadavere piegato in due. Poi tornarono a Roma e chiusero la macchina in un garage privato.
Velia Matteotti, la vedova, chiese che al funerale non fossero presenti esponenti del Partito Nazionale Fascista e della Milizia:
«Chiedo che nessuna rappresentanza della Milizia fascista sia di scorta al treno: nessun milite fascista di qualunque grado o carica comparisca, nemmeno sotto forma di funzionario di servizio. Chiedo che nessuna camicia nera si mostri davanti al feretro e ai miei occhi durante tutto il viaggio, né a Fratta Polesine, fino a tanto che la salma sarà sepolta. Voglio viaggiare come semplice cittadina, che compie il suo dovere per poter esigere i suoi diritti; indi, nessuna vettura-salon, nessun scompartimento riservato, nessuna agevolazione o privilegio; nessuna disposizione per modificare il percorso del treno quale risulta dall'orario di dominio pubblico».
Purtroppo come Giacomo Matteotti ne nascono pochi, e di fascisti troppi. Per questo ricordare non è un esercizio accademico, ma un politicissimo moto del cuore.

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