giovedì 11 giugno 2015

se il non voto fosse un partito

Se il voto è desiderio di buona politica (e non di vittoria), il non-voto somiglia a un partito

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Le recenti elezioni regionali hanno confermato che esiste nel Paese un non-voto non casuale e non occasionale. Il non-voto non è un partito, ma ci assomiglia molto. Non è un partito perché non corrisponde a una volontà che aggrega preferenze e non è espressione di un'intenzione riconoscibile. Non possiamo entrare nella testa dei non-votanti, i quali, del resto, non ci danno alcuna indicazione di che cosa significhi la loro astensione dal voto. Eppure, da qualche tempo, le caratteristiche del non-voto sono tali da richiedere di essere interpretate "come se" rispondessero a un proposito in qualche modo univoco.
A partire dalle elezioni regionali in Emilia-Romagna nell'ottobre del 2014, e poi di nuovo in occasione di questa appena conclusa tornata elettorale, si sono registrate altissime percentuali di astensione, soprattutto in regioni "rosse" dove, come in Toscana, il Pd ha vinto contro gli altri partiti, ma non contro l'astensione. Un trend simile di non-voto con un'intensità evidente e inedita: in Emilia-Romagna il non-voto fu del 63 per cento, in Toscana ha superato il 50 per cento. Certo, a contare sono solo i voti espressi; le regole sono chiare e l'esito avrebbe valore anche se a votare si recassero solo 3 elettori. È il diritto di voto che ci dà potere sovrano, non il suo uso. Nulla da obiettare dunque: conta chi vince. Però l'astensione pesa, soprattutto quando si fa ricorrente e si manifesta più fortemente in quelle parti del Paese e dell'elettorato da cui ci si potrebbe aspettare una preferenza per la sinistra. Ci sono buone ragioni per porsi domande e tentare analisi politiche, al di là della correttezza procedurale.
Siccome riguarda in modo particolare una parte dell'elettorato, quello di sinistra, è lecito supporre che l'astensione riveli insoddisfazione per come il Pd opera e per quel che propone o non propone. Il non-voto assomiglia a un partito almeno per due ragioni. La prima: il non-voto rivela una propensione "laica" degli elettori di sinistra, nel senso che per molti o moltissimi di loro la scelta elettorale non risponde più a ragioni di fedeltà a una tradizione, a un partito. Il fatto che siano idealmente orientati verso il Pd non li porta a votare per il Pd "no matter what". E qui sta la seconda ragione: la laicità non è indice di indifferenza e non rientra nel fenomeno fisiologico di assenteismo che si manifesta nelle democrazie elettorali mature, dove ad un certo numero di cittadini sembra importare poco della politica e dei politici. Ma le cifre da capogiro dell'astensione elettorale deve far supporre che non sia l'indifferenza a spingere al non-voto ma, al contrario, un interesse per la politica che resta insoddisfatto. Elettori liberi dalla disciplina di partito ma non senza politica. Elettori interessati a una politica o un partito politico che non trovano. Il non-voto non è equivalente all'anti-partito o all'anti-politica.
Questo non-voto ha la fisionomia di un voto in deposito, come se fosse in attesa di potersi posizionare domani. Certo, è possibile che se le offerte politiche resteranno identiche nel tempo, i non-votanti si abituino al non-voto e diventino indifferenti. Ma mentre è non desiderabile che questo avvenga è realistico pensare che questo non-voto sistematico voglia essere il segnale di un'assenza rivolto ai concittadini e al Paese, quindi anche ai politici: assenza di un partito che, benché non centrato su dogmi o ideologie fideistiche, sappia essere riconoscibile nella sua identità per alcuni valori o ideali non facilmente svendibili. Il non-voto indica che ci sono molti voti che non vengono dati a chiunque o comunque, magari turandosi il naso, perché voti esigenti di politica e non di semplice vittoria. Vincere non sembra bastare a molti elettori che sembrano esigere di sapere perché si vuole vincere, per fare che cosa. Non più fede, dunque, ma giudizio politico riflessivo di cittadini adulti, basato su alcuni principi che sono a tutti gli effetti democratici, come quelli di eguaglianza, di giustizia sociale, di onestà pubblica. È la mancanza di voce che questo non-voto sembra voler denunciare: il rumore di un sasso di carta non lanciato, di milioni di voti tenuti in deposito.

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