martedì 30 giugno 2015

una lettura di Laudato si'

Una nuova idea di progresso: avvicinarsi all'enciclica del Papa nelle scelte di ogni giorno

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PAPA FRANCESCO
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L'enciclica del Papa è così bella che si rischia di perderne il senso più vero - che è quello di spingerci al fare, e al fare alla svelta - nell'ammirazione stupita, e per quel che riguarda la sinistra politica persino nell'imbarazzo che sia toccato a un Papa scrivere il manifesto politico e ideologico dell'alternativa al modello economico, sociale e culturale dominante.
L'enciclica è scritta con un ritmo incalzante e affronta i temi decisivi del mondo presente. Il nesso strettissimo che collega la grande finanza e la tecnocrazia, e i disastri che la rapacità e il dominio della logica del massimo profitto provocano alla natura e agli uomini, e proprio per questo l'inscindibilità per chi al disastro vuole opporsi di collegare ambientalismo e contrasto alla diseguaglianza e alla povertà. I comandamenti cristiani e la morale religiosa si confrontano con i "peccati" strutturali del sistema economico che governa il mondo. Cosa significa oggi, si chiede Papa Francesco citando la Conferenza Episcopale della Nuova Zelanda, il comandamento "non uccidere" quando un venti per cento della popolazione mondiale consuma risorse in maniera tale da rubare alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere".
Non c'è da stupirsi che negli Usa l'enciclica abbia immediatamente investito il dibattito sulle presidenziali. Jebb Bush, di recente convertitosi al cattolicesimo e probabile candidato dei repubblicani alla Presidenza degli Stati Uniti, non ha esitato a prendere le distanze dall'Enciclica papale. "Non mi faccio dettare l'agenda politica dal Vaticano". L'ultimo Bush ha capito benissimo che non basterà più, dopo Papa Francesco, dichiararsi contro l'aborto e i matrimoni gay per proclamarsi cristiano. L'Enciclica chiede a tutti un impegno a 360 gradi a fianco dei poveri e degli oppressi, e contro i meccanismi del sistema che provocano insieme diseguaglianza e distruzione della vita nel Pianeta. Ma finanzieri e petrolieri contano per l'aspirante candidato repubblicano molto di più delle esortazioni del Pontefice.
Così come difficilmente potranno sentirsi a posto con la loro coscienza i cattolici che hanno manifestato a Roma la scorsa settimana contro una immaginaria filosofia del "gender", e indifferenti alla sorte delle migliaia di esseri umani che cercano disperatamente scampo dall'oppressione e dalla povertà. Bisognerebbe che i laici non facessero loro il controcanto, applicando all'Enciclica la stessa logica riduzionista dei cattolici più integralisti, concentrando l'attenzione sui paragrafi dell'enciclica i cui si parla di aborto e di "gender". La diversità di pensiero su questi punti non può per gli uni e per gli altri essere un modo per eludere le scelte di fondo sul terreno politico e culturale che l'Enciclica ci invita a fare. L'hanno capito benissimo Vandana Shiva e Naomi Klein.
In Italia e in Europa il silenzio della politica che governa è assordante. E non c'è da stupirsi visto che l'Enciclica mette radicalmente in discussione le politiche attraverso cui le elites politiche ed economiche del nostro Continente stanno affrontando la crisi e immaginano la futura ripresa della crescita.
Le speranze di crescita come è noto riposano sul basso prezzo del petrolio e sulla maggiore liquidità immessa nei circuiti finanziari dalla BCE, e sulle riforme strutturali tese a rimuovere i residui vincoli al pieno dispiegarsi dei meccanismi di mercato non solo nell'economia ma nella vita stessa delle persone.
Che sono poi gli elementi che hanno messo a rischio la vita del pianeta e causato il crescere delle disuguaglianze nel mondo. Le emergenze vere che bisogna affrontare sono quelle provocate dalla crescita economica trainata dalla legge del massimo profitto e dalla finanziarizzazione dell'economia, che ha usato il debito per sostenere oltre ogni limite il consumismo e gli stili di vita delle popolazioni dell'Occidente. Il vero disastro, per l'ambiente e per i poveri del mondo, sarebbe uscire dalla crisi restaurando il paradigma economico che ha dominato il mondo nella crescita. Che è infatti un termine che Francesco aborre, persino nella versione di "crescita sostenibile".
C'è bisogno di pensare insieme ambiente ed economia, grandi scelte strategiche e stili di vita delle persone, partendo dalla valorizzazione e dalla salvaguardia dei beni che sono di tutti- l'acqua, la terra, la bellezza naturali e culturali- quelle che non si possono e i si devono vendere e comprare, quelle su cui riposa un'idea lunga e solida di eguaglianza, assieme ed oltre le azioni redistributive. Un nuovo pensiero a cui devono concorrere certo gli economisti, ma anche i filosofi, gli artisti, i poeti.
La critica si fa poi feroce contro quelli che addirittura questo ritorno al passato della crescita vorrebbero farlo alla svelta. Francesco mutua dallo spagnolo il termine "rapidizzazione" per stigmatizzare i propugnatori del cambiamento a prescindere, del decisionismo veloce, incurante delle ricadute ambientali, sociali e culturali delle innovazioni. Che è poi questo decisionismo rapidizzante il modo i cui la politica si è adeguata ai tempi rapidi della finanza e della tecnocrazia. C'è bisogno di un grande dibattito pubblico a monte di ogni progetto imprenditoriale e di ogni progetto pubblico che chiarisca gli scopi, i costi, le ricadute ambientali e sociali di ogni scelta.
La politica deve sollecitare e non eludere la partecipazione informata dei cittadini, deve fare tesoro del sapere dei territori e delle persone, spesso molto più solide e avanzate di chi vorrebbe fare il loro bene, sempre in nome della crescita, calando sulle loro teste scelte rapide e irreversibili. Il sapere degli indigeni dell'Amazzonia, dei contadini poveri del mondo, contro quello delle multinazionali, ma anche, mi viene da aggiungere sicuro di non forzare il pensiero di Francesco, quello degli abitanti della Basilicata che si oppongono alla trivellazioni o di quelli della Maremma che hanno provato inutilmente a far riflettere i decisori sulla inutilità e sui danni ambientali dell'autostrada tirrenica. Tra l'altro, dice Francesco, è proprio questo dialogo aperto a e trasparente l'antidoto vero alla corruzione che si annida proprio negli "accordi ambigui e indifferenti alle ricadute ambientali".
L'enciclica si augura una nuova generazione di politici capaci di sacrificare il consenso di breve periodo alla missione di salvare il mondo e il futuro delle generazioni che verranno. Ma non si fa troppe illusioni. I risultati delle politiche per arginare il cambiamento climatico e per la difesa dell'ambiente "richiedono molto tempo e comportano costi immediati con effetti che non potranno essere esibiti nel periodo di vita di un governo. "Per questo, senza la pressione delle popolazioni, sarà difficile pensare e progettare l'uscita dai tempi brevi della politica e della finanza.
Spetta agli uomini e alle donne del nostro tempo, alla loro volontà e capacità di organizzarsi a presidio del bene comune, collegare le scelte della loro vita di ogni giorno, uno stile di vita rispettoso della natura e della dignità di ogni essere umano, a una "nuova idea di progresso", di cui l'Enciclica è la premessa fondante. I tempi lunghi camminano sulle gambe delle persone.

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