Dalla sinagoga insanguinata scene di male puro, di odio, di un pogrom
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Purtroppo anche oggi Gerusalemme è stata spettatrice di un altro orribile attacco terroristico. Questa volta un massacro di civili innocenti la cui unica colpa era quella di frequentare la preghiera mattutina in sinagoga. Altre 4 vittime che si aggiungono al desolante conteggio delle settimane precedenti.
Ancor più triste, se possibile, è che questo attacco terroristico non ha sorpreso nessuno di noi, non ha sorpreso neanche me che in Israele vivo a soli 5 minuti di auto da quella sinagoga. Sarebbe potuto succedere a me o alla mia famiglia... Proprio la scorsa settimana ho scritto qui circa l'incitamento pericoloso proveniente dai leader palestinesi e da parte di Abu Mazen stesso. Questi terroristi, da qualsiasi organizzazione terroristica provengano, che sia Hamas o un'altra ancora, sono il risultato di un fenomeno più ampio: un crescente clima di costante incitamento all'odio, alla violenza e ad azioni estreme contro lo Stato d'Israele e contro gli ebrei. Questa atmosfera ha origine nei libri di studio nelle scuole e nell'università, si alimenta nei sermoni degli imam nelle moschee, trova spazio nella propaganda dei media nazionali ufficiali e arriva infine nelle dichiarazioni irresponsabili dei leader.
Del resto poche ore dopo gli efferati omicidi, riportano diverse agenzie di stampa, sono state distribuite tra la popolazione di Gaza caramelle e dolci per festeggiare l'eroica azione da parte dei martiri. Come avvenuto in occasione dei precedenti attentati, su diversi social network sono state pubblicate vignette e grafiche che inneggiano all'uccisione degli ebrei in nome della lotta per la difesa della moschea di Al-Aqsa.
Il primo ministro Netanyahu ha fatto il possibile nelle ultime settimane per rassicurare la comunità internazionale che Israele non ha alcuna intenzione di cambiare lo status quo a Gerusalemme e per consentire il libero accesso ai credenti di ogni religione nei rispettivi luoghi sacri. Tale impegno è stato dimostrato ancora una volta in un incontro ad Aman tra PM Netanyahu e il re Abdullah.
Il terrore contro i cittadini israeliani e la distorta campagna internazionale contro lo Stato di Israele, dispiace per quanti cinicamente stanno conducendo questa sanguinosa campagna, non si tradurranno nella creazione di uno stato palestinese. Al contrario faranno solo allontanare la possibilità di vedere questo sogno realizzato.
Anche centinaia di riconoscimenti da parte di governi o parlamenti nazionali non cambieranno una semplice verità: uno Stato palestinese verrà creato solo come risultato di un dialogo con Israele, attraverso cui sia assicurato il diritto a esistere dello stato ebraico e in cui saranno soddisfatte tutte le esigenze di sicurezza. Come noi del resto, da anni ormai, siamo disposti a riconoscere il loro diritto a uno stato.
Prima che sia troppo tardi, questo è il tempo per la leadership palestinese di fermare l'incitamento, di agire attivamente contro la violenza e il terrorismo e non solo di condannarlo dopo gli attacchi. Basta con la retorica revisionista che mira a sovvertire l'evidenza storica del legame profondo tra ebrei e Gerusalemme su cui si basa il richiamo alla violenza. È arrivato il momento che i palestinesi riconoscano il diritto degli ebrei a vivere e pregare nella città, come è ovvio per noi israeliani il diritto dei musulmani a vivere e pregare nella città sacra. Infine - speranza mai sopita anche tra la disillusa popolazione Israeliana scossa dal sangue dei propri cari - è ora che i palestinesi tornino al tavolo dei negoziati con Israele senza precondizioni.
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