lunedì 17 novembre 2014

Siria.l'altra faccia di un orrore

Siria, l'altra faccia dell'orrore. Dal povero Kassig al dramma di 13 milioni di sfollati

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Solo l'orrore senza fine sembra riportare l'attenzione internazionale sulla tragedia siriana. L'orrore e l'indignazione per quei tagliatori di teste in servizio permanente. Gli sgherri del "Califfo Ibrahim", tra i quali crescono in numero e in ferocia i "foreign fighters" provenienti dall'Europa, che guardano i passaporti e non le storie dei prigionieri che giustiziano nelle videodecapitazioni. Per il loro capo, Abu Bakr al-Baghdadi, Peter Kassig, l'ultimo prigioniero occidentale decapitato, era doppiamente pericoloso: perché americano, certo, ma anche, e forse soprattutto, perché l'ex ranger era da tempo in Siria come operatore umanitario. Anche per questo, Kassig era un nemico da eliminare per colui che ha come obiettivo, già in atto, di creare il primo stato della Jihad al mondo: perché, Kassig mostrava il volto solidale dell'Occidente, perché, con il suo agire quotidiano, costruiva ponti di solidarietà e non muri di odio, perché invece di mettere a frutto l'addestramento ricevuto nel corpo scelto dei ranger, Kassig si era trasferito in Libano, dove aveva fondato l'organizzazione no profit Sera(Special emergency response and assistance).
Ma c'è un'altra faccia dell'orrore e del dolore in Siria. Che non fa notizia, che non invade i social network, che non scalda i cuori né le menti dei 'Grandi della Terra'. È l'orrore dei senza casa, dei senza pane, dei senza futuro che popolano un paese ridotto, e non da oggi, e non dai soli miliziani dell'Isis, a un ammasso di macerie: la Siria. Sono dati, certo. E come tali non riescono a dare pienamente conto dei volti, delle storie, delle sofferenze indicibili degli esseri umani che incarnano quelle cifre. Cifre agghiaccianti. Come quelle documentate dall'Agenzia delle nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Secondo l'Unhcr dei 13,6 milioni di sfollati in Siria e in Iraq molti non hanno né cibo né casa. "Ormai si parla di circa un milione di profughi in due mesi" ha denunciato nei giorni scorsi a Ginevra Amin Awad, direttore dell'Unhcr per il Medio Oriente e il Nord Africa. Sono numeri, certo. E meriterebbero di essere trasformati in storie, in foto, di ogni persona che fa parte di questa umanità sofferente. Tuttavia, quei numeri, da soli, fanno paura: 7,2 milioni di profughi siriani interni e 3,3 rifugiati all'estero, 1,9 milioni di sfollati interni in Iraq e 190.000 espatriati, i paesi confinanti prossimi ad esplodere per la pressione sociale ed economica (la maggior parte degli esuli è riparata in Libano, Giordania, Iraq e Turchia).
La Siria sta morendo. E non da oggi. Da quattro anni, da quando il regime di Damasco decise di usare il pugno di ferro, di scatenare la repressione più brutale contro una popolazione che, allora, rivendicava diritti e libertà, e non era certo al servizio dei fanatici e sanguinari assertori della "dittatura della sharia". "In Siria la metà di tutto sono sempre bambini. Tre milioni e mezzo di rifugiati nei paesi vicini: un milione e mezzo sono bambini; 11 milioni di sfollati interni: cinque milioni sono bambini"rimarca dai microfoni di Radio Vaticana, Daniele Iacomini, portavoce di Unicef Italia. "L'inverno è in arrivo - rimarca Iacomini - ci sono circa 400 mila bambini intorno alla zona di Damasco, in particolar modo, che rischiano di morire perché non hanno vestiti, scarpe per poter affrontare il freddo in maniera adeguata". E ancora: "Questo è un conflitto che ha causato oltre 12 mila vittime tra i bambini, ma questa cifra risale a mesi fa quando le Nazioni unite hanno deciso di interrompere il conteggio macabro di questa tortura mondiale. Poi, oltre 300 mila - queste sono le cifre che ci vengono dai vari osservatori internazionali - sono civili". I bambini sfollati vivono molto vicino alle linee di guerra e tra questi, naturalmente, si registra sempre di più un numero altissimo di bambini senza genitori. Oggi si contano circa 11 mila bambini che arrivano nei campi profughi senza genitori e che attraversano i confini per giorni e giorni. L'orrore è anche la vendita e il rapimento di bambini: è l'allarme lanciato dall'Unicef: "In primo luogo - spiega ancora Iacomini - c'è la disperazione della madri, quelle che pensano che vendendo le proprie figlie, magari a persone più anziane, a qualcuno di un villaggio vicino - queste cose avvengono spesso all'interno dei campi profughi tra una fazione e l'altra - possono avere in cambio dei soldi e comunque garantire loro un futuro. In secondo luogo, queste madri disperate spesso vendono le proprie figlie a ricchi emiri per qualche migliaio di euro - spesso sono oggetto di violenze - e poi, infine c'è la disperazione legata al fenomeno dell'Isis, dove queste ragazze vengono strappate alle loro famiglie, ai propri affetti e portate via".
Un popolo in ostaggio: di un dittatore senza scrupoli e di un "califfo" sanguinario. In questo scenario terrificante, Barack Obama ha capito che l'obiettivo di "degradare e distruggere" Isis in Siria non si potrà raggiungere senza una transizione politica che veda come precondizione la rimozione dal potere di Bashar al-Assad. Questa la nuova strategia che il presidente americano ha chiesto ai suoi consiglieri di mettere a punto dopo aver riconosciuto di aver commesso un errore di calcolo sulla dottrina anti Isis, che inizialmente prevedeva di concentrarsi sull'Iraq (l'8 agosto sono iniziati i raid aerei) e solo dopo (il 23 settembre) in Siria ma trascurando gli sforzi per abbattere il regime di Damasco. Secondo quanto riferisce la Cnn nelle scorse settimane il presidente ha convocato 4 riunioni della sua squadra della sicurezza nazionale, ed ad una l'ha presieduta. Washington sperava di avere tempo per addestrare e armare i ribelli siriani moderati per combattere l'Isis e infine il regime di Assad. Ma con l'esercito siriano libero (Esl) che combatte su due fronti - da una parte le forze di Assad e dall'altro i miliziani dello Stato islamico e di gruppi come al-Nusra - gli strateghi del Pentagono e quelli che compongono la "squadra" di Obama, hanno ammesso che questa strategia non è sostenibile. La conferma viene dallo stesso inquilino della Casa Bianca che dal vertice G20 in Australia sentenzia: l'Isis sarà pure il "male assoluto" ma Assad "non ha nessuna legittimità" in Siria. Allearsi con lui indebolirebbe la coalizione che lotta contro l'Isis e spingerebbe i siriani sunniti a sostenere i jihadisti. Insomma, contro al-Baghdadi ma anche contro Assad. Di "male assoluto" c'è solo quello che il popolo siriano subisce da quattro anni.

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