martedì 4 novembre 2014

un pensiero per la decrescita:riscrivere le città

Partire dall’aula per scrivere la città

by Citta invisibile
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di Michele D'Ignazio*
Immaginare la città
La pubblicazione di Storia di una matita (Rizzoli 2012) mi ha dato l’opportunità di incontrare tanti bambini - principalmente delle classi quarte e quinte della scuola primaria - nelle scuole di molte regioni d’Italia. Tra i tanti momenti che compongono gli incontri, cerco sempre di dedicarne uno alla città, invitando i bambini a raccontare il luogo in cui vivono, nei suoi molteplici spazi.
Lo faccio, in prima battuta, raccontando cosa ha colpito me, le stranezze e le particolarità, scherzando e chiedendo: “Ma mica di qua è passato Lapo (il protagonista del libro Storia di una matita, ndr)?”
Prendendo spunto da Storia di una matita, invito i bambini a immaginare ciò che nella loro città non c’è, ma potrebbe esserci. È una raccolta di idee che si concretizza, inizialmente, attraverso un libero brain storming, facendo saltar fuori tante idee. E, in un secondo momento, disegnando ciò che hanno pensato e immaginato. Tutto è partito da qui.
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Esplorare la città
Ma la scorsa primavera, nella città in cui vivo (Cosenza), ho avuto l’opportunità di coinvolgere un gruppo di bambini di quarta elementare in un percorso di scoperta del centro storico. Avevo a disposizione cinquanta ore, divise in incontri pomeridiani di tre o quattro ore ciascuno. Prima di iniziare il “cammino didattico” insieme ai bambini, ho pensato: “Proviamo ad andare in città, senza avere programmi rigidi, senza avere una guida o un percorso stabilito al dettaglio. Così come è utile che il bambino si confronti con il foglio bianco, è importante che si confronti con la città così com’è, senza che un adulto gliela incaselli in idee, orari e presentazioni”.
E così, il cammino didattico si è articolato in due momenti, integrati tra loro.
1. Le esplorazioni. Distaccandosi dal concetto di “visita guidata”, sono state dei percorsi casuali di esplorazione, cercando di rallentare il tempo, di invogliare nei bambini uno spirito da flaneur (che in realtà hanno già innato) e di stimolare la loro percezione sensoriale, attraverso giochi che hanno messo in moto lo sguardo e l’ascolto.
Lo sguardo: soffermandosi ad osservare le piazze, i vicoli, i luoghi più importanti e simbolici, invitando i bambini ad appuntare ciò che più colpiva la loro curiosità.
L’ascolto: fermandosi nei negozi e nelle botteghe, lasciando che le persone che da tanto tempo vivono e lavorano in città raccontino la loro storia intrisa di aneddoti.
2. La scrittura. Dopo aver visto, ascoltato, appuntato (e anche disegnato), l’obiettivo finale è stato rielaborare tutto in uno o più racconti della città, leggeri e fantasiosi.
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Raccontare la città
Le esplorazione, quindi, sono state integrate con degli incontri dedicati alla scrittura, prevalentemente di due tipi:
A. La scrittura di una storia di fantasia
Nella cultura tradizionale calabrese, è ricorrente imbattersi nell’animismo: viene spesso conferita un’anima alle cose, i luoghi e gli oggetti prendono vita, parlano. Avvicinando la cultura tradizionale alla letteratura per l’infanzia, il mio obiettivo è stato invitare i bambini alla fantasia e all’immaginazione, ispirarli a dare un’anima, una storia e una voce ad alcuni luoghi (la Villa Vecchia, la statua del filosofo, il castello Svevo, una fontanella in un vicolo) che significa anche prendersene cura: se hanno un’anima e una storia, vuol dire che sono importanti e meritano la nostra attenzione e il nostro rispetto.
E così si è provato ad immedesimarsi, dando voce a una statua: “Meglio essere una statua che un uomo in carne e ossa, sono duro e indistruttibile. L’unico problema è che non mi posso muovere, mentre tutte le macchine mi girano intorno (…) Ma per chi mi avete preso? Per un vigile urbano? Io sono un filosofo! Io faccio girare le idee nella testa, non le macchine nella piazza!”.
Oppure a un albero: “Vorrei che i cittadini mi venissero a trovare più spesso, soprattutto d’estate, quando offro qualcosa di speciale, che neanche nei migliori supermercati vendono: un’ombra fresca e salutare. E la offro completamente gratis”. O a una fontanellain un vicolo stretto e buio: “Mi sento un po’ sola, ma ho sempre un filo d’acqua che passa dentro di me: mi fa sentire viva e mi tiene compagnia”. O a un castello: “La mia storia è un po’ sfortunata: sono stato costruito, distrutto e ricostruito tante volte. Prima un terremoto, poi una battaglia e dopo ancora un altro terremoto (…) Sono chiuso da cinque anni per ristrutturazione, ma a me non mi pare che mi stiano ristrutturando poi così tanto.”
Il contatto dei bambini con il luogo è fondamentale e non può essere sostituito con una foto o un video. Bisogna provare a starci il più possibile, anche se saltano fuori i “Che ci stiamo a fare qui?”. Oppure, incoraggiandoli a pensare o a raccontare, i “non mi viene niente”. Non è un problema. Si parla d’altro, si fa lì la merenda. L’importante è stare, insegnare anche a non avere fretta!
B. La scrittura di un diario collettivo
Oltre al racconto di immaginazione, la scrittura di una diario di classe è ugualmente importante, perché si ripercorrono e approfondiscono le esperienze vissute, fortificando due concetti. Il primo: che l’esperienza è collettiva, tutti i punti di vista sono importanti, nessuno escluso; se un bambino non ha notato un particolare, non ha ascoltato una persona, potrà “recuperare” attraverso la scrittura collettiva del diario, che rafforza l’esperienza stessa. Il secondo: che tutti i bambini e tutte le bambine sono protagonisti della storia, fanno parte della città, sono cittadini.
Queste le prime battute del diario: “Usciamo dalla scuola con uno zainetto carico di domande, acqua e una merenda non troppo pesante. Il primo pericolo da affrontare è attraversare la strada trafficata di via Misasi, ma per fortuna c’è un vigile con un fischietto che ferma le macchine…”. Per ulteriori info e materiali, potete scrivere a micheledignazio@gmail.com


ST* Autore di Storia di una Matita, opera segnalata al Premio Letteratura ragazzi di Cento e finalista al Premio Biblioteche di Roma, e del nuovo Storia di una matita a scuola ha realizzato diversi documentari. D’estate gestisce una piccola locanda nel centro storico di San Nicola Arcella, sull’alto Tirreno calabrese, dove chiama a raccolta scrittori, cantastorie, disegnatori e musicisti. Il sito di Storia di una matita è:http://storiadiunamatita.wordpress.com. Il 18 e il 19 ottobre Michele è stato invitato a parlare al Convegno nazionale della Rete di Cooperazione Educativa “C’è speranza se accade @”, a San Mauro Pascoli, in Romagna. Questo articolo è stato preparato per quel convegno: naturalmente ha pensato subito di inviarlo a Comune-info.
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