mercoledì 31 dicembre 2014

Al Quirinale?Einaudi

per il quirinale candido einaudi

paolo bonetti
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Fra le tante candidature per la presidenza della Repubblica che circolano, in queste settimane, nella stampa e negli ambienti politici, mi sia consentito di avanzare quella del prof. Luigi Einaudi, valente economista e politico di tradizione liberale. Lo farò con le parole di un uomo che lo conosce molto meglio di me, Ernesto Rossi, il quale pensa giustamente che una repubblica parlamentare come la nostra avrebbe un urgente bisogno di un presidente dotato dell’equilibrio di Luigi Einaudi. Sostiene Rossi che tutti gli scritti di Einaudi “sono illuminati dalla medesima concezione della vita come lotta, come contrasto tra ideali e interessi diversi, come libertà di sacrificare anche agli idoli falsi, perché la verità acquista un valore solo quando venga raggiunta superando per proprio conto l’errore, come facoltà per tutti di muoversi, di produrre, di commerciare, senza divieti e senza impedimenti di trincee scavate a difesa delle posizioni acquisite”.
Dice ancora Rossi che Einaudi è il presidente che ci vorrebbe per “cercar di disintossicare il nostro popolo dalla retorica”. Non compie mai gesti esagitati, non usa parole magniloquenti, non si atteggia a profeta o capopopolo. Somiglia, piuttosto, a certi uomini di lettere cinesi, dipinti dagli antichi pittori di quel paese, “in chimono, con gli occhiali a stanghetta, un leggero sorriso a fior di labbra, la mano delicata sul libro di seta. Del saggio cinese Einaudi ha anche le doti spirituali: la passione per i libri, l’amore per l’agricoltura, la fiducia nella ragione umana e nelle virtù elementari che costituiscono il fondamento della famiglia e dei regni: laboriosità, parsimonia, rispetto della tradizione dei padri e delle leggi”. Rossi è sicuro che non solo Einaudi darà prestigio all’Italia sul piano internazionale, ma che, con il suo buon senso e la sua esperienza, saprà tracciare “la strada su cui potranno domani camminare più sicuri i successori”; saprà, inoltre, “contenere, col suo intelligente controllo, la attività del potere legislativo ed esecutivo, entro gli argini stabiliti dalla Costituzione”. Si mostrerà poco alla ribalta, non sarà ossessionato dalla smania del presenzialismo e delle dichiarazioni a getto continuo (soltanto qualche messaggio al parlamento per mettere in evidenza errori e contraddizioni di un’attività legislativa troppo spesso superficiale e qualche consiglio riservato al governo per evitare brutti scivoloni); farà insomma, nei saloni fastosi del Quirinale, “il suo dovere di presidente, come suo padre faceva il suo di esattore delle imposte, nella piccola agenzia di Carrù, in provincia di Cuneo”.
Rossi conclude dicendo che, se Einaudi dovesse rifiutare la candidatura per il fondato timore di essere messo sulla graticola parlamentare ad arrostire a fuoco lento, bisognerà cercare qualcuno che un po’ gli somigli, ma dubito fortemente che ci sia, nelle forze politiche, la volontà di cercare un presidente all’Einaudi. Ammesso poi che lo si trovi, cosa di cui dubito fortemente.
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1 commento:



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