I buoni fruttiferi postali sono dei titoli emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). Sono soldi dei risparmiatori. Spesso sono “regali a lungo termine” che i nonni fanno ai nipoti. Quei quattrini il governo li vuole usare per l’Ilva. Ma tutto questo non è consentito dallo Statuto della Cassa Depositi e Prestiti che prevede l’uso dei fondi della Cdp in aziende con “una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico”.
Ilva non ha tali requisiti, presenta anzi una situazione vicina al tracollo, ha una voragine di debitiEppure il governo ci prova con quella Cassa che per Statuto dovrebbe garantire i risparmi degli italiani, ma che da tempo è al centro di tante sollecitazioni politiche.
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L’operazione di Renzi sulla Cassa Depositi e Prestiti è sostenuta anche da Vendola, che ha dichiarato: “Ci sono anche degli elementi positivi del decreto del governo. Uno fra questi, per me fondamentale anche perché è stata la nostra richiesta sin dall’inizio è sicuramente l’intervento della mano pubblica, e cioè il ricorso a Cassa Depositi e Prestiti, il che significa che lo Stato prende in carico la questione Ilva e questa è sicuramente una buona notizia”.
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Per garantire la produzione dell’Ilva di Taranto, la comunità ha dovuto sopportare costi esterni in termini di danno alla salute che, secondo gli esperti che hanno redatto il rapportoAir quality in Europe 2014, oscillano fra 1416 milioni di euro a un massimo di 3617 milioni di euro nel quinquennio considerato: ossia fra i 20mila e i 50mila euro all’anno per ogni posto di lavoro in Ilva.
Il governo sta pertanto tentando di usare dei soldi alla Cassa Depositi e Prestiti (ossia ai risparmiatori della Posta) per non avere alcun profitto e per produrre ulteriori costi esterni,evidenziati dagli esperti europei.
E’ incredibile. Ma uno strano Robin Hood del terzo Millennio sta lavorando proprio così: prende ai risparmiatori per dare all’Ilva. E lo fa con il sostegno di Vendola, le cui dichiarazioni sono di eloquente consenso a questa “mano pubblica” (che poi sarebbero i nostri risparmi).
E’ un’operazione tutta in perdita, e a guardagnarci saranno solo le banche che hanno un cospicuo credito consolidato nei confronti dell’Ilva e che sperano, con questa operazione del governo sulla Cassa Depositi e Prestiti, di poter riavere indietro il denaro che hanno prestato in una delle scelte di politica economica più fallimentari degli ultimi anni. Una scelta che vede fraternamente abbracciati Sel, Pd e Nuovo Centrodestra sull’orlo del precipizio.
Nel frattempo i malumori fra i risparmiatori crescono per il rischio di vedere bruciati dei risparmi in un’operazione che ha già generato un crollo di due miliardi e mezzo del capitale netto dell’Ilva in soli due anni.
Sui social network il dibattito è divampato subito. Cresce anche l’idea che disinvestire i buoni fruttiferi postali (o decidere di non investire più) possa diventare una scelta etica se quei soldi dovessero andare davvero all’Ilva.