La sovranità alimentare, un principio di vitaby Citta invisibile |
di Luz Francisca Rodríguez
Non si può non riconoscere la straordinaria storia dell’agricoltura italiana e l’influenza che ha esercitato anche in quelli latinoamericani. Del resto, le relazioni tra i popoli si sono svolte principalmente proprio attorno all’agricoltura e all’alimentazione: noi diciamo che le nostre sementi hanno viaggiato libere per il mondo, senza dover chiedere il permesso a nessuno. È così che è nata la ricchezza dell’alimentazione mondiale.
Dodici anni fa, a Roma, abbiamo lanciato una campagna mondiale in difesa delle nostre sementi contadine, delle pratiche millenarie attraverso cui le abbiamo custodite, migliorate, coltivate, scambiate. Pratiche che nel corso dei secoli si sono trasformate in diritti fondamentali e sacri per i popoli indigeni e contadini. Dodici anni fa denunciavamo il tentativo del capitale di controllare l’alimentazione mondiale e di distruggere la nostra cultura alimentare, evidenziando la necessità di difendere i semi perché è da qui che inizia la catena alimentare. Denunciavamo il fatto che le nostre sementi erano prigioniere dei “laboratori del male”, dove si sovvertono tutte le regole della natura per produrre semi sotto il dominio assoluto delle imprese. È dal dopoguerra che non fanno che ricoprirci di menzogne, proclamando che la rivoluzione verde, basata sui prodotti chimici, avrebbe potuto sfamare l’umanità, ma guardandosi bene dal riconoscere che in questo modo si potevano impiegare tutte quelle armi chimiche che non erano state usate durante la guerra. Viviamo in un mondo di menzogne, soprattutto riguardo ai modi di risolvere il problema della fame, che si è accentuato proprio a causa dei grandi interessi del capitale riguardo all’alimentazione, considerata un’enorme fonte di profitti: non possiamo smettere di mangiare.
Così oggi ci troviamo di fronte a una società spogliata della sua cultura alimentare, delle sue radici, della sua identità. Una società profondamente malata. L’agribusiness non ha lo scopo di alimentare l’umanità, ma solo di accrescere i profitti. E anche la nostra salute ne viene interessata: le transnazionali che ci fanno ammalare sono le stesse che poi ci vendono le medicine, le quali non servono neppure a curarci, ma solo a permetterci di continuare a lavorare. È estremamente grave l’attacco che oggi subiscono le nostre sementi.
A Roma abbiamo dichiarato i semi come patrimonio dell’umanità. Ma la Monsanto ne ha dedotto che, se sono patrimonio dell’umanità, vuol dire che ha il diritto di utilizzarli. E allora abbiamo avviato una profonda discussione grazie a cui abbiamo compreso che i semi devono essere considerati come patrimonio non dell’umanità, ma dei popoli indigeni e contadini, e che siamo noi a metterli al servizio dell’umanità per compiere quella che è la nostra funzione sociale: alimentare i popoli.
Sotto false promesse di maggiore produttività, benché le prove indichino il contrario, le imprese vogliono imporci le coltivazioni transgeniche contando sulla complicità di molti governi: dobbiamo opporci all’invasione nel mondo dei semi geneticamente modificati e dei semi terminator, detti anche semi suicidi, semi che finiranno per suicidare l’umanità. E mentre la scienza è stata sequestrata dal capitale affinché non conduca ricerche serie sugli effetti dei transgenici a breve e lungo termine, esistono anche studi di scienziati al servizio dell’umanità, alcuni dei quali hanno scritto al papa per sottoporgli la questione, offrendo le loro argomentazioni scientifiche per lanciare l’allarme sulla minaccia alla vita da parte di quelli che abbiamo chiamato laboratori del male. Le coltivazioni transgeniche sono una minaccia ai popoli contadini, alla sovranità alimentare, alla salute e alla biodiversità del pianeta. E quando i governi hanno posto l’accento sulla sicurezza alimentare basandola sulla garanzia del potere di acquisto, abbiamo dichiarato che l’alimentazione, in quanto diritto umano fondamentale, non poteva trasformarsi in una fonte di guadagno. E allora abbiamo proclamato la Sovranità Alimentare come principio di vita, come diritto fondamentale dei popoli a definire, sviluppare e preservare l’agricoltura contadina e la cultura alimentare, e come dovere dei governi di garantire il diritto all’alimentazione.
Siamo state in particolare noi donne a selezionare e custodire per secoli i semi e a realizzare questa magnifica opera di trasformazione degli alimenti: è per le nostre mani che passa gran parte della produzione degli alimenti che nutrono il mondo. La nostra, allora, è una lotta per la difesa della vita e, pertanto, una lotta per la difesa dei nostri sistemi agricoli contadini, i quali non solo preservano i nostri paesaggi, ma hanno anche il merito di combattere le cause del riscaldamento del pianeta: la vera agricoltura “climaticamente intelligente” è la nostra, centrata sul rispetto dei cicli naturalie su una relazione armoniosa con la biodiversità, non quella di cui parla la Fao, che non fa che aggravare la distruzione ambientale, aumentare il controllo delle transnazionali e intensificare gli attacchi alla nostra autonomia. E questa lotta per la sovranità alimentare non è compito solo dei contadini ma di tutti: dobbiamo allearci con i più ampi settori della società per difendere il diritto all’alimentazione ed evitare che vengano messe fuorilegge le pratiche che hanno permesso la creazione e lo sviluppo dell’agricoltura.
Dobbiamo opporci agli organismi geneticamente modificati, denunciare il sequestro della scienza e della tecnologia da parte del capitale e riscattare i saperi che hanno sviluppato i nostri popoli indigeni e contadini. Il nostro alimento è un’opera collettiva, un patrimonio dei popoli al servizio dell’umanità.
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