Turchia, Erdogan ai media internazionali: "Pensate alle vostre elezioni". Clima tesissimo, 55 milioni di turchi al voto
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"Che ve ne importa? Pensate alle elezioni nei vostri Paesi". Così il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha risposto oggi a Istanbul agli allarmi sulla libertà di stampa in Turchia alla vigilia del voto anticipato di domani. Diversi media internazionali, tra cui il New York Times e il Washington Post oltre a diverse testate europee, hanno inviato una lettera-appello a Erdogan esprimendo "profonda preoccupazione per il peggioramento della situazione della libertà di stampa in Turchia".
"Ci sono dichiarazioni di alcuni media internazionali contro di me e contro un certo partito (il suo, Akp) su ordini di una mente superiore. Questo è molto significativo", ha detto Erdogan, attaccando anche l'Economist, che in un editoriale ha invitato a non votare per l'Akp per impedirgli di modificare la Costituzione.
Domani quasi 55 milioni di turchi sono chiamati alle urne per le seconde elezioni politiche in meno di 5 mesi. Il ritorno al voto si è reso necessario per lo stallo seguito alle elezioni del 7 giugno scorso, quando per la prima volta dal 2002 l'Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan non è riuscito a ottenere la maggioranza necessaria a governare da solo. Concluse senza successo le trattative per formare un esecutivo di coalizione, Erdogan ha indetto elezioni anticipate.
Il parlamento turco è composto da 550 seggi. Per formare un governo ne occorrono almeno 276, mentre con la maggioranza qualificata dei 2/3 (367 seggi) è possibile cambiare la Costituzione. Tuttavia, se una riforma costituzionale viene votata da almeno 330 parlamentari può successivamente essere approvata attraverso un referendum popolare. I deputati del Meclis, la Grande assemblea nazionale, sono eletti con un sistema proporzionale in 85 distretti. Per i partiti è prevista però una soglia di sbarramento record del 10%. Se si resta al di sotto, i seggi potenzialmente conquistati vengono distribuiti tra quelli che sono riusciti a superarla.
I partiti in lizza domenica saranno 16. A giugno, oltre all'Akp altri tre schieramenti sono entrati nel Meclis: il socialdemocratico Chp, il nazionalista Mhp e per la prima volta un partito filo-curdo, l'Hdp. In precedenza i curdi correvano come candidati indipendenti proprio per evitare di confrontarsi con lo sbarramento.
Il tasso di partecipazione elettorale in Turchia è storicamente più alto della media dei Paesi europei. A giugno ha votato l'83,9% degli aventi diritto. Una partecipazione simile è attesa domenica, anche alla luce della crescita nell'affluenza del voto all'estero: sui quasi 3 milioni di aventi diritto, 1 milione 264 mila hanno già espresso il proprio voto (43,7%), con un aumento di 8 punti rispetto a giugno.
La Turchia torna al voto in un clima che non era così teso da decenni, con la guerra ancora in corso nella vicina Siria, il violento conflitto con i curdi del Pkk nel sudest del Paese, le discussioni in corso con l'Ue sulla gestione dei rifugiati e la minaccia terrorista concreta. Da giugno ci sono stati tre attentati di grandi dimensioni: quello del 5 giugno a un comizio dell'Hdp a Diyarbakir, l'attacco kamikaze del 20 luglio a Suruc vicino al confine con la Siria e quello dello scorso 10 ottobre alla marcia per la pace ad Ankara, quest'ultimo il peggiore attentato della storia della Turchia, con 102 morti.
Il tutto mentre l'opposizione accusa il governo di avere messo a tacere i media più critici: giovedì è stata bloccata la pubblicazione di due quotidiani anti-Erdogan, Bugün e Millet, per decisione di un tribunale dal momento che appartengono alla holding Koza Ipek, accusata di legami con il religioso Fethullah Gulen, oppositore del presidente Erdogan.
Tutto fa pensare che domani, 1° novembre, si ripeterà quanto accaduto quasi cinque mesi fa: a urne chiuse, probabilmente, i risultati porteranno un Parlamento molto simile a quello che si era delineato a giugno e che ha lasciato il Paese in un vicolo cieco. Finora i sondaggi indicano che il risultato delle prossime elezioni sarà molto simile all'ultimo, differenziandosi solo per alcuni seggi, perciò all'indomani del voto il Paese si troverà nuovamente davanti allo stesso dilemma. L'Akp, che a giugno ha ottenuto il 40,9% dei voti, sta facendo sforzi per recuperare almeno i 18 seggi che gli mancano per la maggioranza assoluta, ma dubita di riuscirci, e alcuni sondaggi prevedono addirittura un leggero calo. Il partito socialdemocratico Chp invece, il principale partito di opposizione, ha buone carte per salire di uno o due punti rispetto all'attuale 25%, nonostante questo non modificherebbe la sua posizione nell'emiciclo. Un avanzamento simile si prevede anche per il partito ultranazionalista Nhp, con il 16,3%, mentre alcuni sondaggi danno un leggero calo dell'Hdp, che a giugno aveva ottenuto il 13,1%. Non si prevede tuttavia che il calo dell'Hdp lo porti al di sotto della soglia del 10%, dunque non rischia di restare fuori dal Parlamento, il che invece cambierebbe i rapporti di forza tra i movimenti politici e consegnerebbe all'Akp una comoda maggioranza.
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