Giuseppe Sala candidato sindaco di Milano, il Pd (e Renzi) attendono la decisione del commissario Expo
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Milano sta certamente molto meglio di Roma e anche di Napoli, e l’imminente sipario sull’Expo, oltre alle parole di Raffaele Cantone, lo certificano. Ma, a circa 8 mesi dalle elezioni comunali, la situazione nella “capitale morale” non è meno ingarbugliata rispetto alle altre due metropoli. Anzi, nel centrosinistra come sull’altro fronte la confusione regna ancora sovrana, alla ricerca di “uomini forti” che possano innanzitutto mettere d’accordo le rispettive coalizioni. Sempre che si possa parlare di coalizioni, perché la crisi verticale del berlusconismo che ha avuto in Milano il suo epicentro e l’avvento del partito della Nazione stanno scompaginando anche i concetti classici di “centrodestra” e “centrosinistra”.
A sinistra l’estenuante attesa del “Messia” Giuseppe Sala sembra prossima ad una conclusione. Sabato 31 l’Expo da lui guidato chiuderà i battenti con Mattarella e i fuochi d’artificio, e nei giorni successivi è atteso un suo pronunciamento definitivo, almeno in privato, e dunque con Matteo Renzi, Maurizio Martina (in prima fila nel sostegno a questa ipotesi) e i vertici del Pd milanese. Entro fine novembre, se la risposta privata fosse positiva come pare sempre più probabile, l’annuncio ufficiale della corsa alle primarie, già fissate per il 7 febbraio con il conseguente ritiro del candidato renziano Emanuele Fiano, mentre l’assessore ai Servizi sociali Pierfrancesco Majorino (già sostenitore di Civati al congresso nazionale, ma rimasto nel Pd come la gran parte dei civatiani milanesi) resterebbe comunque in corsa ai gazebo. In una sfida che, banalizzando, a quel punto sarebbe tra il candidato di Renzi -fresco del successo di Expo- e un esponente più targato a sinistra come l’assessore, che guarderebbe all’elettorato civico e arancione che ha sostenuto Pisapia nel 2011. Oltre che contare sul sostegno di Sel e della minoranza Pd. Ma senza l’endorsment del sindaco uscente, che ha già chiarito di non voler fare il tifo per nessuno alle primarie, neppure per la sua vice Francesca Balzani, che potrebbe candidarsi. Un Pisapia neutrale, dunque, e però pronto dall’8 febbraio a fare campagna elettorale a favore del vincitore delle primarie. L’unico messaggio inequivoco che finora Pisapia ha recapitato a Renzi (oltre alla sua indisponibilità a ricandidarsi dopo un lunghissimo pressing) è che le primarie “sono indispensabili”. E che dunque ogni tentativo di candidare Sala senza passare dai gazebo è destinato a fallire. Un tema scottante, questo, perché Sala è avanti nei sondaggi per le elezioni vere, ma potrebbe avere qualche difficoltà con il popolo più affezionato del centrosinistra. E Majorino è già pronto a impostare una campagna all’insegna del passato di Sala a fianco di Letizia Moratti, con cui è stato direttore generale del Comune, prima che la sindaca lo nominasse al vertice di Expo. “Per me Milano deve andare avanti con orgoglio sul terreno del lavoro fatto e deve farne tanto altro senza mettere da parte il carattere di sinistra della sua esperienza di governo”, spiega l’assessore. “Anzi, aggiungo che in alcuni casi, come la politica della casa, di radicalità ne serve ancora di più”. Pisapia, dopo un incontro con Renzi, ai primi di ottobre, ha confermato la sua non belligeranza verso Sala, ma solo passando dai gazebo come “momento di comunicazione di quello che abbiamo fatto, che deve essere la base su cui costruire i prossimi 5 anni”. Via libera a Sala, dunque, ma passando dalla firma della “carta dei valori della coalizione di centrosinistra, allargata alle forze civiche”. Roba vecchia, per il turborenzismo. Roba troppo simile ai rituali della vecchia Ditta, ma la sfida di Milano è troppo delicata per potersi permettere uno strappo con l’universo-Pisapia.
Insomma, il canovaccio di una possibile campagna delle primarie “sinistra contro centro” è già pronto. Con Majorino che spera di poter ereditare il bacino elettorale che fece vincere Pisapia. Anche Fiano, però, ha voglia di restare in campo. Chi gli ha parlato, nega pressioni del premier o dei suoi fedelissimi (in particolare il ministro Boschi, con cui ha partecipato a un evento martedì sera) per un ritiro. E tuttavia è evidente che, se Sala dovesse accettare un ruolo per lui poco abituale come il candidato alle primarie, non ci potrebbero essere renziani in campo. Per ora Fiano (deputato, responsabile Riforme del Pd ed esponente di punta della comunità ebraica milanese) non fa nessun passo indietro. C’è chi dice che solo davanti a un appello esplicito di Renzi lo potrebbe fare. In queste ore, a dire il vero, da pezzi del Pd ci sono pressioni anche su Majorino, per consentire a Mr.Expo una passeggiata senza avversari come Prodi nel 2005. Ma l’assessore ha già messo in piedi il suo comitato e conferma ad Huffpost di voler “andare avanti senza indugi”.
Anche a destra l’attesa di Sala-Godot alimenta la paralisi. Berlusconi, per la prima volta dal 1997, non sarà capolista al Comune, e già questo è un segno della fine dell’impero. Dopo gli exploit degli anni d’oro, con 50mila preferenze, l’ex Cavaliere anche nel 2011, quando vinse Pisapia, si piazzò primo consigliere con oltre 20mila schede col suo nome. Ora tutto questo non esiste più, per via della legge Severino che gli impedisce di candidarsi ma anche per ragioni politiche. Oggi il candidato deve essere condiviso da Salvini e dunque non potrà essere né Maurizio Lupi di Ncd né Corrado Passera, che a Milano si sta muovendo bene in una chiave alla Alfio Marchini (il sondaggio del Corsera lo dà al 12%) ma viene visto come fumo begli occhi dai leghisti per il suo passato da ministro con Monti. Il giornalista Paolo Dal Debbio, amatissimo da Salvini, punta a una leadership nazionale, Forza Italia non ha nomi forti da spendere, visto che Berlusconi è stufo della vecchia guardia dei Paolo Romani e dunque passano i mesi e il candidato non c’è. Anche il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, citato da Salvini e corteggiato da Berlusconi, si è chiamato fuori: “Io candidato? Periodo ipotetico dell’irrealtà”. Così anche il rettore della Statale Gianluca Vago, che intende restare in Ateneo. Tanto che Salvini, lunedì scorso, dopo un pranzo con Sala ad Expo, si è lasciato scappare la battuta: “Colpo di scena, Sala si candida con noi!”. Risate. Forse un po’ amare. Perché con il numero uno di Expo in campo le chances del centrodestra rischiano davvero di ridursi. La data chiave sarà il 10 novembre, quando il premier arriverà a Milano per parlare del post Expo. Quello è il giorno segnato in rosso per l’endorsment di peso verso il manager-candidato. A questo ne seguirebbero altri, fino all’annuncio ufficiale. Sempre che Sala, nei giorni precedenti, abbia finalmente detto il suo sì.
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