Ignazio Marino non è più sindaco di Roma, 26 consiglieri firmano dimissioni. Esposito: “Entro lunedì commissario”
Ignazio Marino non è più sindaco di Roma. Ventisei consiglieri hanno depositato le proprie dimissioni dall’Assemblea capitolina decretando la decadenza di giunta e consiglio. Con i 19 esponenti del Pd hanno rimesso il mandato altri 7 consiglieri, di cui due della maggioranza (Centro democratico e Lista civica Marino) e 5 dell’opposizione. Tra questi ultimi anche due della Lista Marchini, Alfio Marchini compreso, due della lista di FittoConservatori riformisti, uno del Pdl. M5S e Sel non hanno firmato le dimissioni. “Vergogna” urlano i sostenitori di Marino ai consiglieri del Pd che escono dal Campidoglio. “Siete tutti Scilipoti” gridano ancora, in una serata che rappresenta la fine dai toni “drammatici” della fine della giunta Marino, quella che avrebbe dovuto portare pulizia e cambiamento e non ha raggiunto neanche metà mandato. “Il prefetto Gabrielli potrebbe nominare anche subito il commissario – ha spiegato Stefano Esposito, per pochi mesi assessore ai Trasporti – in ogni caso al massimo entro lunedìil commissario sarà operativo”.
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Così finisce la “resistenza” del chirurgo diventato sindaco dopo l’amministrazione diGianni Alemanno, il “marziano” come l’avevano definito, il cui mandato era iniziato con il progetto di pedonalizzare i Fori imperiali. Le dimissioni date e poi ritirate sono state solo l’ultimo atto di chi non aveva niente da perdere: il Partito democratico, dopo le trattative degli ultimi giorni, è finalmente riuscito a scrivere la parola fine sull’esperienza di governo che aveva dato per morta ormai venti giorni fa, quando è esplosa l’ultima polemica – l’ennesima – che ha travolto il sindaco non solo a livello comunicativo: gli scontrini, i pranzi rimborsati, ora sono diventati il centro di un’inchiesta in cui Marino è indagato per peculato e falso. Per tutta la giornata l’ex sindaco si è battuto, continuando a inaugurare parchi e a celebrare nuovi cda, ma è risultato sempre più debole sotto i colpi del suo stesso partito, le parole della Chiesa e del Vaticano e con l’ultima frustata di due inchieste sulla testa.
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