Mafia Capitale, un appello al Governo: desecretate tutto
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E allora, andiamo alla questione di fondo. La questione di fondo l'ha ricordataRaffaele Cantone, un paio di giorni fa: "Roma che è la capitale reale sta dimostrando di non avere gli anticorpi morali contro la corruzione". Ci voleva Cantone per dire ciò che in primo luogo Renzi non ha mai detto. E cioè che Roma non è un caso locale, ma una grande questione nazionale. Come lo era Milano ai tempi Tangentopoli. Pure Sabella, in un'intervista Repubblica, a proposito di anticorpi morali, dice: "A Roma c'è il cancro della corruzione. Abbiamo appena iniziato la chemio".
Quanto questo cancro sia grave è scritto, nero su bianco, nelle 103 pagine della relazione che il prefetto Gabrielli mandò al cdm. Era luglio. Impietosa la diagnosi: "Roma era devastata dalla corruzione, ma Marino sottovalutò il problema". Certo, il suo gabinetto, diversamente da quello di Alemanno, non era alle dirette dipendenze di Buzzi e Carminati, ma il sindaco non vide il malaffare. Di fronte allo spettacolo di una "amministrazione locale devastata" Marino si muove come un Forrest Gump che, inconsapevole, non se ne lascia travolgere, ma altrettanto inconsapevolmente non vede il sistema malato - il cancro, per parafrasare Sabella - e non governa. E continua a governare la Cupola di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, Er Cecato della banda della Magliana che con Alemanno era il vero sindaco della capitale: "Pijamose Roma", si dicevano i due a telefono. E, si legge negli atti, se l'erano presa, anche quando cambia amministrazione: "Di nove cavalli della giunta Marino sei sono nostri", "li compriamo tutti", "la mucca si munge e va sfamata".
È di fronte a questo quadro che il prefetto Gabrielli non assolve, ma non scioglie. Chiedendo una discontinuità. Al contrario aveva chiesto lo scioglimento la commissione prefettizia insediata col precedente prefetto Marilisa Magno e proseguita con Gabrielli. È la relazione, diciamo così, alla base di quella successiva di Gabrielli. È una relazione secretata, come è ovvio in questi casi, di cui è a conoscenza il ministro dell'Interno. Ma fonti autorevoli che l'hanno letta parlano di un quadro impietoso e terribile. Qualcosa è trapelato sui giornali in articoli non smentiti. Carlo Bonini, su Repubblica del 10 luglio, scrive che la commissione aveva chiesto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose perché "il condizionamento mafioso si è realizzato secondo schemi e copioni non intaccati dal cambio di amministrazione". Sono mille le pagine che Marilisa Magno consegna a Gabrielli. Sul Sole24Ore del 19 giugno, in un articolo molto informato (e non smentito) si parla di "documento esplosivo". Che spiega l'intreccio tra politica e sistema di Mafia capitale: nomi, cognomi, relazioni, responsabilità. Dunque Gabrielli, letta quella relazione, non sciolse, ma neanche assolse. Affidando alla politica il compito di attivare gli anticorpi. La politica invece, una volta che non è stata non sciolta, si è assolta.
Domando: è possibile che, nei mesi successivi, la politica - e il Pd - si è avvitata parlando di sé e non di come debellare la Mafia? Marino si dimette, dice che le dimissioni sono irrevocabili, poi che sono revocabili, poi è andato a parlare di scontrini in procura, si è contraddetto, poi le gaffe pure sul Papa, il viaggio in America, le vacanze in America mentre i Casamonica volavano su Roma. E il premier? Mai un discorso di verità al paese, una assunzione pubblica di responsabilità, l'indicazione al paese di una via d'uscita. Alla festa dell'Unità preferì andare a giocare a biliardino con Orfini pur di evitare il discorso, per ragioni tattiche. Da allora il cancro ha fatto le metastasi. Domando ancora: ma ve la immaginate la Merkel con Berlino in mano alla mafia andare a farsi un bello scopone scientifico con Scheuble? Una grande questione nazionale sembra essersi trasformata in una questione privata da risolvere tra casa Causi e qualche ufficio dei gruppi consiliari del Pd. Senza una discussione nel Pd, anzi tra il Pd e la città, e senza far capire all'opinione pubblica responsabilità, errori, e anche crimini. A partire da Marino, troppo impegnato nel ruolo di vittima in servizio permanente per spiegare come ha fatto a non vedere la mafia che governava al suo posto, come è scritto nelle relazioni dei prefetti.
Nel frattempo la chemio è ferma. E allora, un appello al governo. E, in particolare, al ministro dell'Interno: desecretate la relazione della commissione prefettizia, rendete tutto pubblico. Il governo può farlo, in un consiglio dei ministri. È l'operazione trasparenza e verità per chiarire ciò che la politica, al momento, non ha chiarito: quali e quante responsabilità ha Marino nel mancato contrasto al sistema criminale, quali e quante ne ha il Pd, chi sottovalutò, chi non fu ascoltato. È evidente che il tentativo successivo alla relazione Gabrielli, con la nuova giunta di Orfini, è fallito perché è mancata, innanzitutto, questa analisi di fondo. Perché è complicato andare avanti sul rinnovamento mantenendo l'ambiguità sulle colpe che aveva avuto Marino nel non vedere. Pubblicate tutto, per trovare anche un riscatto morale di fronte al paese. Il problema è il cancro. Senza anticorpi, si muore.
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