Ma in Portogallo (e in Europa) esiste ancora la democrazia?
L’autogolpe costituzionale di Cavaco Silva per impedire che la sinistra governi
[26 ottobre 2015]
Il presidente del Portogallo Aníbal Cavaco Silva ha dato al premier conservatore uscente Pedro Passos Coelho l’incarico di formare un nuovo governo, ma c’è un problema: anche se la coalizione di centro-destra PSD/CDS di Passos Coelho, pur perdendo il 7% dei voti, si è confermata come prima forza politica del Paese, ha clamorosamente perso le elezioni e i tre partiti di sinistra (Partido Socialista, Bloqueo de Izquierda e Partido Comunista/Partido Ecologista Os Verdes) messi insieme hanno la stragrande maggioranza dei voti (oltre il 60%) e la maggioranza assoluta dei seggi, e sono disposti a fare un governo di coalizione per impedire alla destra di continuare a governare.
La cosa però non piace affatto al presidente Cavaco Silva che ha respinto l’offerta da parte del leader dell’opposizione socialista di formare un governo di maggioranza con il sostegno della sinistra, perché dice che questo governo con sinistra radicale e comunisti spaventerebbe i mercati, l’Europa e la Nato. Quindi quello che dovrebbe essere l’arbitro imparziale della democrazia decide di far vincere la sua squadra anche se l’altra ha segnato tre goal contro uno, ignorando così la schiacciante maggioranza del suo popolo che ha democraticamente scelto la sinistra per farla finita con le politiche neoliberiste e che, nonostante un proporzionale molto corretto nei collegi elettorali, il 4 ottobre si è aggiudicata 122 dei 230 seggi in Parlamento.
Cavaco Silva invece ha detto che «dopo aver intrapreso un piano di salvataggio impegnativo, che ha richiesto sacrifici ai portoghesi, è mio dovere di fare tutto il possibile per fare in modo che non vengono inviati segnali sbagliati alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai mercati, che metterebbero in discussione la fiducia e la credibilità del Paese è in ripresa con grande sforzo», e ha aggiunto che «un governo di sinistra non garantirebbe al Paese stabilità, durata e credibilità. Mai in 40 anni di democrazia i governi in Portogallo hanno invocato il sostegno delle forze politiche anti-europeiste». In realtà il compito di un presidente di una Repubblica parlamentare sarebbe quello di inchinarsi alla volontà popolare e del Parlamento, non di escludere le forze politiche sgradite dal governo, tanto più se questa Conventio ad excludendum in Europa sembra valere solo per la sinistra “radicale” e la paura degli investitori e dei mercati invece non vacilla quando a vincere le elezioni è la destra populista, xenofoba e anti-europeista come in Ungheria e Polonia.
Secondo molte realtà, come quella del Partido Socialista, quello in corso in Portogallo è un vero e proprio “colpo di Stato costituzionale”; i socialisti, così come gli altri partiti di sinistra, affermano che non voteranno mai la fiducia al governo minoritario di Passos Coelho. Come ha detto il deputato socialista João Soares, è Coelho a non essere «nelle condizioni per promuovere una soluzione stabile e duraturata», non la sinistra. Inoltre, le due cose che teoricamente disturbano tanto il presidente portoghese, la richiesta di uscire dalla Nato avanzata da Be, Pc e Verdi, e quella di uscire dall’euro che era nel programma dei comunisti, non faranno parte del programma di governo concordato in queste frenetiche ore dalla possibile coalizione di sinistra.
Ma allora a che gioco sta giocando Cavaco Silva? Secondo il Partido Socialista quella di Cavaco Silva è una forzatura della costituzione che gli si ritorcerà contro. Il presidente della Repubblica, che è nel semestre bianco perché è quasi alla fine del suo mandato e quindi non può sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni anticipate, ha così compattato i socialisti, una parte di quali era restia a formare un governo di coalizione con il Be, comunisti e verdi. Vedremo se Cavaco Silva avrà il coraggio di forzare ulteriormente la Costituzione e le regole democratiche mantenendo al governo Passos Coelho, con un esecutivo ad Interim in attesa dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Ma sarebbe un governo che non avrebbe il potere di approvare il bilancio e quindi di rispettare gli impegni presi con l’Europa invocati da Cavaco Silva.
Ma il golpe costituzionale portoghese, che avviene nel quasi totale silenzio della Commissione europea e dei governi dell’Ue (compreso il nostro) pone in evidenza un problema sempre più attuale: quello della qualità della democrazia europea. Con i sistemi maggioritari ormai abbiamo quasi ovunque minoranze che, grazie a meccanismi elettorali premianti, governano Paesi dove sono in minoranza: l’ultimo caso, fresco di giornata, è la Polonia, dove il partito iperconservatore Prawo i Sprawiedliwosc ha la maggioranza assoluta in parlamento con il 39,1% dei voti, ma lo stesso vale (e varrà ancora di più) in Italia e questo meccanismo, voluto in Grecia per tener fuori Siryza dal governo, alla fine ha consentito ad Alexis Tsipras di vincere due volte di fila le elezioni.
L’auto-golpe del centrodestra portoghese ci mette di fronte al problema gigantesco di cosa è diventata e sta diventando la democrazia in Europa: quasi la metà degli elettori non partecipa al gioco elettorale; i meccanismi maggioritari permettono di tener fuori dal governo, quando non dal Parlamento, minoranze scomode (quasi sempre di sinistra) che mettono in dubbio lo statsu quo e la dottrina liberista; quando, come in Portogallo, l’alternativa si presenta appare qualcuno, da Bruxelles o direttamente dalla presidenza della Repubblica, che ridisegna i confini di una democrazia che sembra vivere per esclusione e che non ammette alternative reali. La democrazia in Portogallo è malata nella sua testa, ma anche in Europa non sta meglio. E la storia ci insegna che quando la democrazia è anemica e diventa culto di una stabilità trasformata in immobilismo politico, subisce iniezioni di furbizia autoritaria il risultato è un suo degrado che apre le porte all’autoritarismo vero, che sarà comunque la nuova maschera di quei poteri non democratici che Aníbal Cavaco Silva non vuole infastidire accettando la volontà del suo popolo.
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