martedì 23 giugno 2015

oggi il contratto di pubblico impiego alla Corte Costituzionale

Pensioni, contratti e debito pubblico così la Consulta modifica i conti statali

Stanno arrivando alla corte le decisioni prese dagli esecutivi negli ultimi anni sotto la spinta soprattutto delle politiche europee di austerità. Al primo posto i conflitti sulle pensioni, ma finora si » tenuto poco conto dell'art. 81di ROBERTO MANIA


La parola alla Corte. Domani i giudici  della Consulta decideranno se il blocco dei rinnovi contrattuali nel pubblico impiego attuato nel periodo 2010-2015 è costituzionalmente legittimo  oppure no. E se dovessero optare per il giudizio di incostituzionalità si aprirà una voragine nei conti pubblici: 35 miliardi ha stimato l'Avvocatura dello  Stato nelle memorie difensive, con un effetto strutturale di circa 13 miliardi di euro a partire dal prossimo anno. Un incubo per gli uomini del ministero dell'Economia guidato da Pier Carlo Padoan,  e anche per Palazzo Chigi Perchè 35 miliardi sono il doppio del potenziale  impatto finanziario (17,6 miliardi nel 2015) che avrebbe avuto l'applicazione rigorosa (cosa che non è però avvenuta con il successivo decreto del governo) della recente sentenza sul blocco delle indicizzazione delle pensioni.

E già l'effetto di questa pronuncia  avrebbe seriamente compromesso il percorso verso la stabilizzazione del risanamento, facendo schizzare  il rapporto deficit/Pil dal 2,5 per cento al 3,6 per cento, facendo  crescere inevitabilmente  la pressione fiscale, innalzando il  debito, scaricando ancora  una volta i costi futuri del rientro sulle generazioni più giovani. Una sentenza "spacca conti". Come un po' potrebbe esserlo anche quella della scorsa  settimana che ha dichiarato l'incostituzionalità delle norma  che non prevede l'aggiornamento  periodico degli autovelox.  
Il rischio è che si apra la strada alla richiesta di risarcimenti  per milioni di euro da parte degli automobilisti.
Davanti alla Corte costituzionale  stanno arrivando le politiche  di austerity realizzate in questi ultimi anni sotto la spinta  soprattutto dell'integrazione  monetaria europea. Politiche  spesso subite dai governi nazionali in una sorta di cessione  di sovranità finanziaria a Bruxelles o Francoforte. Dunque  realizzate di fretta, a malavoglia,  senza essere accompagnate  da un disegno organico di rilancio dell'economia. Quasi  sempre con l'idea dei due tempi: prima il risanamento, poi lo sviluppo. Che non è mai arrivato anche perchè il rigorismo  punitivo, dopo gli errori degli ultimi governi di centrodestra,  ha tolto ossigeno all'economia.

Il cambio definitivo di prospettiva  c'è stato nel 2012 con la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio (il nuovo articolo 81 della Costituzione) e il divieto di ricorrere al debito,  come negli anni Ottanta (ma non solo), per finanziare nuove spese o minori entrate, far vivere bene le generazioni mature (o presumere di farlo) in cambio del consenso elettorale  a breve, e compromettere seriamente le condizioni reddituali  delle generazioni future. Non è un caso, d'altra parte, che la maggior parte delle sentenze  della Corte costituzionale  con effetti significativi sul piano finanziario, in particolare  nella stagione della lira e della prima Repubblica  partitocratica  ma anche nella seconda Repubblica dell'euro e del bipolarismo,  siano state in materia  di pensioni, di adeguamento  delle pensioni, di indicizzazione  dei trattamenti pensionistici.  E subito dopo in materia di pubblico impiego che, nella sua versione degenerativa, appartiene  un po' anche al nostro  welfare state. Sulla Corte si è scaricato così anche il conflitto  generazionale promosso, però, dagli insider (per quanto non sempre ne fossero consapevoli)  contro i decisamente incolpevoli outsider (si pensi al contributo sulle pensioni d'oro cancellato dalla Corte). Ora questo aspetto comincia ad emergere. Ha detto Padoan nel corso della sua ultima audizione  davanti alle Commissioni  riunite di Bilancio e Lavoro: ´In un'ottica intergenerazionale  occorre riconoscere che il pagamento  di 17,6 miliardi nel 2015 e di circa 4,5 miliardi annui nei  prossimi anni, si rifletterebbe  negativamente sulla pressione fiscale e sulla fornitura  di servizi pubblici e trasferimenti,  inclusi quelle alle generazioni  più giovani'.

La Corte sembra far fatica a muoversi lungo questi nuovi sentieri economico-sociali, come  tra il vincolo del rinnovato articolo 81 e la tutela degli altri diritti costituzionali. Nell'ultima sentenza  che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del blocco delle indicizzazioni delle pensioni non si fa, stranamente,  alcun riferimento all'articolo  81. Eppure, ha scritto il costituzionalista Augusto Barbera,  ´l'equilibrio di bilancio non è un freddo dato contabile ma il mezzo attraverso il quale si possono porre in equilibrio i vari "diritti". Non mi riferisco solo ai "diritti" delle generazioni  più giovani ma alla politica redistributiva che gli organi democraticamente legittimati potrebbero  svolgere a favore di altri  soggetti (disoccupati, giovani,  titolari di pensioni minime ecc.)'. Insomma - forzando un po' - l'articolo 81 come perno di un moderno sistema di diritti  sociali. Perchè il pareggio di bilancio e la disciplina di stampo  europeo nei conti pubblici non è una variabile indipendente  nel quadro della tutela reale dei diritti. Tanto che l'ex giudice costituzionale Sabino Cassese è arrivato a sostenere che ´lo scivolone della Corte, dimentica per un momento delle sue proprie responsabilità  di tutore dell'articolo 81 della  Costituzione, avrebbe potuto  innescare una valanga rovinosa  non solo per l'economia italiana, ma anche per gli stessi  pensionati'.

Va detto che la dottrina non è uniforme. L'ex presidente della Corte Gustavo Zagrebelsky  si è schierato con l'orientamentoprevalente della Consulta: ´Mi conforta - ha detto che dal principio dell'equilibrio  di bilancio non si sia dedotto  automaticamente un lasciapassare  al libero arbitrio della politica'. E poi: ´Nel dibattito  politico, l'appello ai conti, e ai conti conformi alle richieste  dell'Europa e della finanza  internazionale, rischiava  di diventare la super norma costituzionale'.

Intorno all'articolo 81 la giurisprudenza della Corte comunque è ondeggiante. Perchè  se è stata ignorata nella pronuncia sulle pensioni è stata  rilevante nella decisione che ha dichiarato l'incostituzionalità  della cosiddetta Robin Tax di Giulio Tremonti limitando così gli effetti solo al futuro ed escludendo qualsiasi effetto retroattivo.  Proprio come stabiliscono  gli ordinamenti in Germania,  Austria e Portogallo. Ha scritto la Corte nella sentenza n.  10 del 2015: ´L'applicazioneì retroattiva della presente declaratoria di illegittimità costituzionale  determinerebbe anzitutto una grave violazione dell'equilibrio di bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione'.Dunque, se vuole, la Corte è in condizione di valutare, non necessariamente di misurarne l'entità con precisione, gli effetti  finanziari. Smentendo in qualche modo le polemiche successive alla sentenza sulle pensioni sull'adeguatezza delle  strutture della Corte e sulla necessità di creare un meccanismo di coordinamento tra  i giudici  costituzionali e il ministero  dell'Economia. Questione, in ogni caso, non di secondaria  importanza. Tanto che il vicepresidente  del Senato, Linda  Lanzillotta (Pd), ha presentato  un disegno di legge per consentire alla Corte di chiedere  la consulenza dell'Ufficio parlamentare di Bilancio, quindi un organismo  del tutto autonomo,  per valutare l'impatto sul bilancio di una sentenza in materia economica. Prevedendo,  inoltre, la possibilità per la Corte di modulare nel tempo l'efficacia della sua decisione. Strada peraltro inaugurata dalla  Corte stessa già a metà degli anni Novanta quando dichiarò  incostituzionale una legge sul calcolo della contingenza nella liquidazione dei dipendenti  pubblici rinviandone però  gli effetti.

E ora ritornano alla Corte i dipendenti pubblici. Il blocco dei rinnovi contrattuali dovuti alle politiche di austerità. La Corte ha già detto che si possono  bloccare. E l'ha detto bene nel 2013: ´Il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica implicano sacrifici gravosi che trovano giustificazione  nella situazione di crisi economica'. Nella stessa pronuncia,  che riguardava il blocco  degli aumenti nei comparti non contrattualizzati (diplo-matici, docenti universitari, personale della Guardia di finanza),  la Corte parlò pure di ´una dimensione solidaristica  ' all'interno del pubblico impiego ma anche  evidentemente  all'interno di tutto il mondo del lavoro, dove la parte esposta  alla concorrenza ha lasciato  sul campo morti e feriti, mentre quella pubblica era protetta. Difficile che ora possa  cambiare idea.

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