giovedì 8 ottobre 2015

bruciare la legna in spiaggia:il ragionamento di uno studioso


L'unico smaltimento sensato, tramite combustione,  di legname intriso di acqua di mare (cloruri di sodio e magnesio) e inevitabilmente mescolato ad altri rifiuti ( plastiche miste...) è l'incenerimento in impianti dedicati ( inceneritori per rifiuti ).

Numerosi studi confermano che la combustione di legname che ha soggiornato in mare comporta importanti emissioni di acido cloridrico ( corrosivo per gli impianti termici) e precursore di diossine e furani.
Questi composti, insieme agli idrocarburi policiclici aromatici certamente prodotti in combustioni all'aperto non controllate, inevitabilmente contamineranno gli strati superficiali degli arenili in cui sono state effettuate le combustioni.

Eventuali analisi confermerebbero la natura di rifiuti tossici e nocivi dei residui di combustione lasciati sulle spiagge: dalla padella nella brace.

Il ripetersi di violenti nubifragi e il trascinamento a mare di grandi quantità di legno morto richiede una sistematica opera di prevenzione a monte, con la regolare pulizia di rii e versanti e il prevalente uso del legname pulito così recuperato per cippatura da utilizzare per il riscaldameto di edifici in località non servite dal metano, per la produzione di pellet, per pacciamatura di terreni agricoli,  e come strutturante per impianti di compostaggio domestici ed industriali.

 Il legname spiaggiato, in gran parte costituito da canne e legni di piccole dimensioni, non presenta nessun problema di tipo ambientale e sanitario, , se non quello estetico, con conseguenze ridotte sulla fruizione delle spiagge, considerato il fatto che il fenomeno si presenta nei mesi autunnali e invernali.

Si consiglia l'opportunità di studiare e sfruttare i normali meccanismi di biodegradazione di questi materiali, creando cumuli ad una certa distanza dalla battigia da attivare, se necessario con enzimi e batteri per accelerare i normali processi di compostaggio.

Federico Valerio

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