mercoledì 14 ottobre 2015

dove va la Calabria

Cos’è successo alla meravigliosa Calabria?

by maomao comune
C'è la crisi, certo. E lavoro non ce n'è. Le fabbriche non sono mica persone, il loro movimento non viene regolato né dal diritto di sangue né da quello di suolo. La produzione emigra senza traumi e senza permesso di soggiorno. Non va dove la porta il cuore ma dove la conduce il profitto e la manodopera costa meno d'una lattina di Estathe. Eppure, si fosse trattato solo di lavoro ed economia, la gente che vive nella meravigliosa terra di Calabria avrebbe potuto scommettere sul turismo, oppure su una ripresa qualificata del lavoro nei campi. E invece ci sono i veleni, letali e ovunque. Da Tortora a Gioia Tauro le persone si ammalano respirando l'amianto e altre sostanze assassine oppure bevendo acqua contaminata da metalli pesanti e altri materiali tossici. Una devastazione sociale e ambientale compiuta solo per accumulare denaro e coperta dai soliti noti. Il 16 e 17 ottobre, a Tortora, comincia Suddistrutto, un progetto per discutere, ma soprattutto per partecipare alla ricostruzione di una possibilità di vivere insieme, sani e con dignità in una terra liberata da un incantesimo di morte
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di Suddistrutto
“Calabria, terra meravigliosa.” Con un tramonto splendido, un sole che si perde dietro l’orizzonte di un mare limpido e calmo aldilà di una spiaggia incontaminata, così l’assessorato al turismo presentava la nostra regione. Avvolta in uno splendido scenario incantato, talmente bello da allontanare qualunque presagio di sventura, devastazione, malattie.
C’era una volta una fabbrica tessile, un’industria metallurgica e un sistema sanitario in funzione. I calabresi erano persone che scoppiavano di salute, il cancro aveva una bassa incidenza. Tutto andava bene in quel profondo Sud, dove gli stenti e le difficoltà avevano solo leggermente allentato la presa e l’ascesa economica sembrava essere più vicina”.
Ma "C’era una volta…", è solo l’incipit di una fiaba, privata del finale “e vissero tutti felici e contenti.” Poi i conti di quel benessere cominciarono a non tornare, e la somma di due più due restituiva sempre cinque. Che cosa stava succedendo? Davvero tutto stava cambiando così all’improvviso?
Siamo agli inizi del nuovo millennio. Gli stabilimenti industriali chiudono i battenti e si trasferiscono altrove, nei Paesi dell’Est, in cui sono assicurati profitti maggiori e la manodopera costa meno di una lattina dell’Estathe. Riprende ad esserci la fame, la miseria, l’emigrazione verso altre regioni o addirittura alla volta dell’estero. La chiusura delle fabbriche ha levato un forte vento: fosse stata solo la raffica della disoccupazione e del cambio di routine nelle vite quotidiane di ciascuno di noi o delle famiglie, che vedono un genitore o parenti, amici intraprendere i “viaggi della fortuna”, forse “avremmo fatto il callo” alla nuova abitudine diversa dalla sveglia alle cinque del mattino per il turno in ospedale, o dal rientro a casa alle sei mattutine dopo aver smontato dalla postazione in fabbrica.
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La protesta alla Marlane
Certo, se avessimo messo in conto l’ipotetica fine di un periodo economicamente fiorente, probabilmente avremmo puntato con serietà al turismo e qualche terreno poteva essere libero dagli ecomostri, magari permettendo ai più volenterosi di tornare a coltivare i campi. Ma tanto è stato: rimpiangere non serve ormai a nulla se non ad essere più vigili, osservando un monito frutto di un passato affatto remoto. Invece no. Abbiamo dovuto fare i conti con un’altra triste e amara realtà rimasta nascosta per troppo tempo dalla politica locale, collusa con il malaffare.
Come da un vaso di Pandora, oltre alla piaga della ‘Ndranghetaad un’abietta classe dirigente affaccendata nella cura degli interessi del Don Rodrigo di passaggio un’altra preoccupazione si è violentemente destata nell’animo dei calabresi: i tumori.Un’ombra. Uno spettro si aggira sui nostri territori, toccando luoghi una volta ritenuti talmente puri da non poter neanche lontanamente immaginare l’arrivo di certe patologie, che unite alla prepotente carenza di un’efficace rete sanitaria, rendono ancora più disgraziato il risultato di chi per decenni ha preferito sfruttare e devastare il nostro paesaggio.
Sulla Riviera dei Cedri, quando la Marlane di Praja a Mare (azienda tessile del gruppo Marzotto) nel 2004 cessa la propria attività per trasferirsi nell’Europa dell’Est, tutti i paesi della zona ne sortiscono gli effetti negativi: i negozi chiudono, i giovani si spostano da una città all’altra. Finchè lo stabilimento era in funzione a filare a meraviglia non erano solo i tessuti, ma anche la vita degli operai e delle operaie e dei commercianti. Peccato la perfezione fosse solo una maschera alle tante storture presenti tra una postazione al filatoio e una vasca per tinteggiare le stoffe.
Chi si lamentava era velatamente minacciato: “Se vai via, non ci mettiamo niente a trovare chi ti sostituisce”: Chi ha sopportato, invece, si è ammalato di cancro. Qualcuno è ancora vivo, molti no. Tumore al seno, ai polmoni, all’apparato digerente sono stati i “mali” cagionati dalle polveri e dall’amianto presente nei macchinari, dai veleni aspirati sul posto di lavoro e causa di 107 morti bianche per cui, secondo la sentenza ora impugnata in appello, “il fatto non sussiste”. I decessi tra gli addetti dell’azienda tessile si sono registrati fin dagli anni ’70. Dagli anni ’90 in poi, invece, tante sono state le persone estranee all’industria ma affette dal cancro. Solo qualche anno fa, dopo testimonianze e caparbietà di chi voleva chiarezza su una vicenda giudiziaria durata circa vent’anni, si rilevano anomalie sull’area circostante lo stabile industriale. Si scava, e a qualche metro di profondità sono rinvenuti dei fusti zeppi di materiale tossico. Occorre ricordare come l’exMarlane disti una manciata di chilometri dalla spiaggia e ancora oggi ci sono litigi tra l’amministrazione comunale e Marzotto per quanto riguarda la bonifica, più simile ad un’utopia se si procede di questo passo.
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Restando in tema di storie operaie, in grado di sfruttare fino all’osso i propri operai e l’ambiente circostante, è d’obbligo saltare sulla costa opposta: a Crotone, sullo Ionio. Fino al 1999, qui, era presente la Pertusola Sudprincipale polo metallurgico della Calabria e del Mezzogiorno d’Italia, di proprietà prima della Montedison e poi della Enichem (oggi Syndal, gruppo Eni). A Crotone si producevano semilavorati e leghe in zinco. Il d. lgs. n°468/01 dichiara l’area SIN (sito interesse nazionale) e rende necessario un intervento di bonifica sull’ex area industriale e lungo tutta la fascia costiera, oggetto di sversamento illecito di rifiuti. “A Crotone, a Crotone, c’è Pitagora e Milone, c’è l’arancia coi limoni e l’amianto nei polmoni. C’è un sacco di veleno infiltrato nel terreno, dove sorgono le scuole, e i bambini stanno al sole; i bambini sull’amianto, e le madri con il pianto, i bambini innocenti vittime dei prepotenti. Che peccato!, che peccato!, che abbia solo scaricato, tonnellate, tonnellate, di veleno in mezzo al prato. La bonifica che aspetta e la gente che si infetta, che si prende un bel tumore a vent’anni già si muore! Sentiva— l’odore d’uovo marcio, durante i pomeriggi di partite a calcio. E mi sentivo male, per quella fabbrica! Ma quando vado a Sud, lo trovo tutto a Sud, in questo grande Sud, il mondo è tutto al sole. E quando guardo il cielo lo vedo blu, e quando vado al mare io non capisco più.” (A Crotone- Il parto delle nuvole pesanti).
La procura di Crotone avvia l’inchiesta “Black Mountains” che nel 2008 conduce al sequestro di 18 lotti tra i comuni del capoluogo di provincia, Isola di Capo Rizzuto e Cutro. Nelle aree oggetto della confisca sono rinvenuti metalli pesanti come amianto, cadunio, arsenico, piombo, zinco con i quali sono state costruite due scuole, case popolari, altri edifici realizzati proprio con il cubilot (composto da sabbia silicea e loppa giunta dall’altoforno) e dal C.I.C. (Conglomerato Idraulico Catalizzato). Il materiale tossico, adoperato nell’impresa edile, ammonta a circa 350 mila tonnellate. Una cifra alta, proprio come il numero dei malati di cancro del crotonese. Ai rifiuti prodotti dalle fabbriche dismesse, abbandonati tra l’entroterra e i litorali da padroni assetati di denaro e in accordo con politica e delinquenza, si aggiungono anche le discariche stracolme e malfunzionanti sparpagliate lungo tutto il territorio calabrese, i rifiuti tossici affondati negli abissi del Tirreno o sepolti lungo gli argini dei fiumi, le spiagge, il sottosuolo delle strade dei nostri paesi così apparentemente tranquilli.
Ad Africo, nella Locride, in via Matteotti, su 170 persone 35 si sono ammalate di tumore. E’ stata tristemente intitolata “la strada dei tumori”. In dieci anni si sono contati circa 200 decessi per cancro; tanto che si è costituito un comitato cittadino intento a trovare verità e giustizia per chi è andato via, tutelando anche se stessi e chi verrà. intanto il procuratore della repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, ha avviato diverse inchieste e un gruppo di lavoro proprio sui bidoni tossici interrati sull’Aspromonte e nella provincia reggina, affermando come chi insabbi si renda complice della ‘Ndrangheta. Sempre nel Reggino, a Gioia Tauro, si colloca un altro atroce record per i tumori della nostra regione.
Nella Piana di Gioia Tauro, dove sorge un inceneritore e i rifiuti tossici “si trovano sotto ogni albero”, sono tanti anche i giovani in lotta contro il cancro. Scorie tossiche ovunque, dunque. Anche sul martoriato Tirreno Cosentino. Il procuratore capo di Paola, Giordano Bruno, da anni ha dichiarato guerra alle ‘Ndrine della zona, al traffico e allo smaltimento illecito dei rifiuti. Una battaglia combattuta fuori dalle aule dei tribunali anche dai diversi comitati cittadini, sorti lungo tutto il litorale per informare la popolazione e chiedere un ripristino del territorio. Da quando nel 1990, sulle spiagge di Amantea (Cs), si arenò la motonave Jolly Rosso (inviata nel 1989 a Beirut dal governo italiano, affinchè recuperasse duemila tonnellate di rifiuti tossici prodotti da un’azienda lombarda) carica di materiale radioattivo, l’incidenza dei tumori ha raggiunto picchi altissimi. Paola si è aggiudicata il titolo di “capitale dei tumori”: su 12 mila pazienti, i giovani affetti da neoplasie sono quattro volte di più rispetto alla media nazionale (30/ 34 anni: il 2, 90% contro lo 0,74% italiana). E l’aumento delle patologie tumorali sta interessando anche i comuni dell’Alto Tirreno Cosentino. E’ il caso di Tortora,per esempio, comune al confine con la Basilicata e al centro di un processo relativo ad un impianto di depurazione e smaltimento di rifiuti liquidi non pericolosi sito a San Sago, frazione sorta tra le montagne del Fondo Valle del Noce. Diverse le indagini condotte sul territorio e sulle acque del Fiume Noce e del suo affluente, Pizinno, le cui analisi microbiologiche hanno confermato l’alta presenza di metalli pesanti (amianto, cromo,ecc…) che mette in pericolo non solo la vita degli abitanti, ma si pone contro la direttiva 92/43/CEE che tutela la zona in quanto area SIC (Sito Interesse Comunitario).
A tutto questo bisogna aggiungere le varie discariche illegali sequestrate nel corso degli anni, gli impianti di depurazione obsoleti e guasti, le paventate trivellazioni con cui si procederà alla perforazione e allo stoccaggio sotterraneo dei gas idrocarburi. Se da un lato il carcinoma terrorizza, dall’altro la paura aumenta anche per la mancanza di strutture sanitarie adeguate, che costringe i malati e le malate a varcare i confini calabresi per potersi curare altrove. E’ notizia di qualche giorno fa, che dopo tanto tempo, è stata approvata la proposta di legge per l’istituzione del registro tumori regionale (previsto per legge secondo il d. lgs. 179/ 2012). Ma non finisce ancora qui, e il risultato concreto non è ancora vicino: infatti, bisognerà attendere la discussione del disegno di legge in Commissione. Abbiamo bisogno di indagini epidemiologiche e screening oncologici per prevenire il cancro o curarlo appena insorge, oltre che di verità e chiarezza al posto del silenzio calato su situazioni "scomode". E poi...che riaprissero gli ospedali di confine! Solo in questo modo riusciremo a frenare quella che sta diventando una nuova epidemia.
SUDDISTRUTTO
Il 16 e il 17 ottobre presso la sala consiliare del Comune di Tortora (Cs) si darà il via a Suddistrutto, un progetto che vuole parlare di inquinamento, salute e partecipazione popolare in Calabria (e dintorni). Durante la prima giornata, si terrà il convegno “Inquinamento, cancro e il registro tumori... che non c'è!”, con relatori il dott. Ferdinando Laghi (ISDE- Medici per l'Ambiente) e l'ing. Flavio Stasi (Mov. Terra e Popolo). Gli approfondimenti e gli spunti, con la testimonianza di chi lotta da anni a difesa della Calabria, saranno sviluppati il giorno successivo (17 ottobre, h. 17), che sarà dedicato alle forme di partecipazione collettiva, agli strumenti per tutelare il nostro territorio, all'avanzamento di proposte e agli obiettivi da perseguire

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