sabato 10 ottobre 2015

e la città interculturale?

Non c’è spazio per una città interculturale

by Riccardo
immagine_sotto-il-celio-azzurro_9941
di Mariapia Candreva
Il 21 marzo i ragazzi dei Centri interculturali per Minori di Roma hanno ricevuto dalle mani del sindaco Marino l’incarico di Ambasciatori di Cittadinanza. Un titolo simbolico in nome del quale questi ragazzi avrebbero diffuso tra i coetanei ideali di tolleranza antirazzismo ed eguaglianza gettando le basi di una società futura. Il 21 marzo, solstizio di primavera, avrebbe potuto essere il giorno simbolo della rinascita per tutte quelle realtà romane che operano nel terzo settore e che, nonostante l’onestà, la trasparenza e l’eccellenza del proprio lavoro, stanno soffocando per mancanza di sostegno pubblico, essenziale più dell’aria stessa. Eppure non è andata così.
Perché Roma non è in grado di riconoscere il grano dalla gramigna, di valorizzare le eccellenze professionali? Perché, tra l’indifferenza generale e l’incuria delle istituzioni, continuano a chiudere associazioni e cooperative di grandi qualità umane e professionali?
I Centri interculturali per i Minori, a Roma, rappresentano una sfida lanciata più di vent'anni fa e raccolta dalla giunta Rutelli. Da allora, queste associazioni lavorano con le scuole, le Asl, i Servizi sociali, le amministrazioni municipali di qualunque colore per aiutare a crescere bambine e bambini, ragazze e ragazzi e a fare di loro cittadine e cittadini responsabili.
DSC_0324A
Più di 3.000 ragazzi sono stati accolti nei Centri in questi anni. E, con loro, 3.000 nuclei familiari che in queste isole di socialità hanno trovato spesso il loro unico punto di riferimento. Sono ragazzi di tutte le etnie, per lo più indicati dai Servizi sociali e dalle scuole di zona, che nei Centri interculturali studiano, giocano, imparano la cittadinanza responsabile, il rifiuto del razzismo, la parità tra i sessi e il rifiuto di qualsiasi forma di discriminazione.
Perché qui, in questi posti, si lavora con un obiettivo ben preciso: prevenire il disagio e favorire la coesione sociale laddove ci sia più carenza di servizi pubblici educativi, laddove ci siano minori in difficoltà. Quale comune non vorrebbe sostenere il lavoro di centinaia di educatori, di psicologi, di assistenti sociali impegnati con passione a ricostruire un tessuto sociale sfilacciato e pieno di strappi? È una domanda retorica a cui, però, la retorica non riesce a dare una risposta.
Secondo logiche amministrative incomprensibili ai più, il Comune di Roma, nel 2009, ha messo a bando la gestione dei Centri offrendo un mandato valido per dodici mesi. Dal 2010 in poi si è andati avanti con proroghe periodiche che hanno umiliato il lavoro degli operatori e reso sempre più difficile l’organizzazione del servizio offerto. Le richieste di nuovi bandi, in tutti questi anni, non sono mai state accolte, né dalla giunta Alemanno né, tantomeno, dalla giunta Marino dalla quale ci si attendeva una maggiore attenzione e sensibilità.
555994_299163796821365_1047155577_n
E così, dal quel simbolico 21 marzo, ci si ritrova oggi più precari che mai, più precari delle foglie che lentamente vanno ingiallendosi sui rami degli alberi del lungotevere. Il 30 ottobre i Centri rischiano seriamente di chiudere le porte. Ma, non lo faranno senza prima aver tentato tutte le strade. E se quella del dialogo, perseguita con tenacia in tutti questi anni, dovesse continuare a rivelarsi infruttuosa si arriverà alla protesta.
Una protesta che inizia con un gesto simbolico: la restituzione al sindaco di quell’incarico così importante consegnato il primo giorno di primavera. Gli Ambasciatori di Cittadinanza non si ritengono più tali in una città che ne impedisce l’esistenza, in una città che rappresenta l’autunno di ogni iniziativa socialmente utile, che si prepara all’inverno dell’offerta educativa e pedagogica di quelle che saranno le nuove generazioni di cittadini.

Nessun commento:

Posta un commento