Siamo una parte complementare della natura, possiamo cercare e sperimentare ogni giorno reciprocità e cura dell'ambiente e delle altre persone, possiamo imparare a lottare per un presente e un futuro migliori. C'è un pensiero alternativo a quello occidentale che resiste e soffia dallacordigliera delle Andre, un pensiero che rifiuta lo sfruttamento della natura e dell'altro. In un esercizio da archeologo della parola (riproposto da La macchina sognante), in grado di indagare il parlato quotidiano così come i gesti e i rituali, Ariruma Kowii, poeta e scrittore ecucuadoriano, mostra come nelle comunità quichua si concentrano espressioni che condensano processi e sguardi del mondo diversi. Al centro resta il il Sumak Kawsay: sumak significa ciò che è ideale, buono, kawsay è la vita degna.
di Ariruma Kowii*
La mitologia kichwa relativa alla fondazione dei popoli identifica situazioni, personaggi e forme di pensieri che si muovono in coppia e cercano e selezionano i posti in cui procedere alla loro fondazione; così per esempio nel mito del popolo kichwa otavaleño, gli Otavalos dovettero percorrere lunghi cammini fino ad incontrare il luogo ideale e procedere alla sua edificazione; una situazione simile si verifica nel mito fondazionale deicañaris, secondo cui quando si verificò l’inondazione del villaggio, la coppia di fratelli venne alimentata da due wakamayas, si innamorano e il popolo cañari crebbe.
L’azione di cercare, selezionare, definire e persistere in coppia è importante in quanto valore che accompagna le persone. L’azione di definire significa determinazione, costanza; la definizione del posto integra una visione estetica e una conoscenza degli spazi; la selezione degli spazi è caratterizzata inoltre dalla conoscenza dell’energia positiva e negativa, elementi importanti nella definizione e selezione del posto. Questi aspetti permettono di capire l’importanza che i nostri antenati avevano nel garantire che il contorno diventasse un tutto, una ragion d’essere dell’individuo, della natura e della popolazione, affinché questo si integri con l’essere degli individui e della collettività.
Fino agli anni '70 gli abitanti delle comunità, bambini, giovani o anziani, conoscevano iluoghi energetici, per questo motivo, e a seconda della situazione, le persone evitavano di passare dinanzi a quelli che venivano considerati negativi e se tali luoghi erano inevitabili, i passanti dovevano recitare una preghiera e fumare una sigaretta fin quando non si fossero allontanati dal posto. Questa pratica viene perpetuata ancora dalle persone anziane che sono abituate a spostarsi a piedi da un posto all’altro.
Il senso estetico dello spazio si traduce nell’importanza che i nostri avi attribuirono all’identificazione di spazi che contribuissero in modo evidente alla cura dello spirito. Per questo motivo nel caso di Otavalo, i cinque laghi, le colline, le montagne che circondano il posto, costituiscono l’aria che noi otavaleñi respiriamo per rinnovare le energie, rigenerarci e continuare nella pratica quotidiana.
In questa pratica i nostri avi erano soliti salire verso luoghi sporgenti da dove fosse possibile vedere l’orizzonte e il firmamento con grande ampiezza. Questi luoghi, che attualmente sono conosciuti come belvedere, erano usati per sviluppare un sistema di cura noto come samry o waylla che consisteva nel compiere il seguente rituale: le persone portavano offerte nei posti considerati sacri come nel caso del belvedere; queste venivano depositate in un punto centrale, vi appiccavano un fuoco su cui lanciavano incenso affinché il suo fumo avvolgesse l’ambiento e lo purificasse; dopo le suppliche e i ritmi che interpretavano, vi si incorporavano, respiravano profondamente e contemplavano l’orizzonte, ne diventavano un tutt’uno e meditavano nel mezzo di tale pace, in un esercizio che rendeva reale la frase: kawsarishkanimi, ovvero “sono tornato di nuovo alla vita”.
Attualmente a Otavalo, nella collina chiamata Chinpaloma o Rey Loma, le persone anziane sono ancora solite lasciare tumines[1]– presenti che lasciano ai piedi dell’albero mitologico del lechero -, in questo punto che si trova sulla cima della collina, fanno le loro preghiere e chiedono alle divinità di trasmettere loro energia. Una situazione simile si ripete presso la Cascada de Peguche, in Wantuk Rumi, alle pendici del vulcano Imbabura, dove gli anziani lasciano tumines, le offerte alla allpa mama, alla pacha mama. I tumines o presenti, simbolizzano e sintetizzano i valori, la gratitudine che la comunità kichwa ha nei confronti della natura e delle persone, garantendo con queste azioni il mantenimento dell’equilibrio in tutti gli aspetti della vita delle persone e della natura.
Nei miti sulla fondazione del popolo kichwa, è importante notare la presenza della coppia,donna-uomo, nelle persone, nelle montagne, negli oggetti. La presenza della dualità è in vigore ovunque, come, per esempio, nel mito degli amori di Taita Imbabuta e Mama Catacachi o, in loro assenza, nei figli che riescono ad avere. Una situazione simile è evidente nel caso delle semine: sarà sempre importante garantire la presenza di semi maschi e femmine, per poter in tal modo ottenere una buona produzione. La dualità nel mondo kichwa si ritrova nella quotidianità e nei rituali che si realizzano per la cura.
La dualità nei miti dei popoli ancestrali proporziona il messaggio dello stare, dell’avanzare assieme, dell’essere presente; stabilisce la differenza ma al tempo stesso il rispetto, l’amore, la reciprocità e l’uguaglianza con cui marcare l’importanza del concetto di complementarietà, equilibrio ed equità.
Faccio riferimento a questi aspetti perché l’ambiente costituito e compreso come un’entità dotata di energia, ci ricorda che siamo una parte complementare della natura che invita, sfida e inspira noi individui a ricomporci in modo definitivo nella nostra realizzazione individuale e collettiva. Nelle comunità, contemplare le montagne, la nascita di un’alba o il tramonta, trasporta l’individuo verso altre dimensioni, fatto che aiuta a rinnovare permanentemente l’energia o alla sua mancanza, come nel caso della situazione che hanno dovuto sopportare le nostre comunità per mantenersi presenti, vive. La natura in sé si sostanziava in una spinta che invitava ad afferrarsi alla vita e a lottare per lei, alottare per un presente e un futuro migliori.
L’importanza dei luoghi, la natura, l’universo, la sua conoscenza con riferimento alle sue virtù energetiche, i suoi cicli, è fondamentale, per questo motivo la presenza dellewakas[2], nella provincia di Imbabura e nelle comunità andine in generale, ha un significato profondo del quale la generazione dei nostri nonni e dei nostri genitori difficilmente è riuscita a separarsi.
Infine, i posti e gli individui sono profondamente vincolati. Il livello di influenza è mutuo e sono elementi che riportano costantemente alla memoria la relazione spirituale che si è riuscita a sviluppare tra le persone e la natura; per questa stessa ragione la comunitàquichua si rivolge costantemente alla pacha mama, ovvero all’universo.
Il sumak kawsay e le espressioni spirituali
In questo esercizio di ricostruzione delle forme di pensiero del popolo quichua è necessario realizzare un’archeologia delle parole, indagare sul parlato quotidiano, così come tra i gesti e i rituali. Fondamentalmente in questi si concentrano espressioni che condensano processi, i significati della visione del mondo della popolazione quichua che hanno contribuito a mantenere latente la sua filosofia. Di seguito alcuni esempi:
Allpa Mama: allpa-terra, Mama-madre, ovvero la madre terra.
Pacha mama: pacha-tempo/universo, significa madre dell’universo.
Yaku mama: yaku-acqua e Mama-madre.
Waka Mama: waka-sacro, Mama-madre, si riferisce ai posti considerati sacri dove si è soliti depositare i tumines o i pagamenti, una sorta di retribuzione per i favori che si ricevono dalla terra e dalla vita.
Inti tayta: inti sole e tayta padre, il padre sole.
Killa mama: killa, luna, Mama, madre.
Achik: ciò che è luminoso.
Le espressioni mama e taita fissano una forma del pensiero, una visione del mondo che stabilisce la differenza con la visione del mondo occidentale; in queste espressioni resta implicita l’idea di natura, di universo come essere vivo e, cosa ancora più importante, si considerano la madre e il padre del popolo quichua, generando un livello di parentela di padre, madre e figli, un tutto che si integra l’uno con l’altro e che, nel caso in cui non venisse tenuto in considerazione o che non porti a termine la sua funzione, metterebbe a rischio la totalità, il benessere integrale di tutti.
Il concetto secondo cui la natura è viva e che molti dei suoi elementi sono considerati come divinità minori dei popoli ancestrali, ha fatto sì che la natura venga considerata come sacra; in questa dimensione le azioni di sviluppo si rimettevano all’obbligo di prendere dalla natura solo ciò di cui si ha bisogno e non abusare di lei.
Sebbene queste pratiche si conservino ancora oggi, cominciano a indebolirsi per l’assenza di studi che permettano di conoscere a fondo questa visione del mondo che è importante recuperare perché potrebbe costituire un pensiero alternativo che aiuti a prendersi cura dell’ambiente e della maniera d’essere delle persone.
Il sumak kaway, azioni e valori della comunità quichua
La minka: si riferisce al lavoro obbligatorio che ogni ayllu deve compiere nell’interesse della comunità in opere che sono di carattere collettivo, come per esempio un canale di irrigazione, la costruzione di una strada, una piazza o qualunque edificio di carattere sacro o in opere che riguardino varie comunità. La minga è un meccanismo di lavoro collettivo che fomenta il risparmio, stimola il lavoro e potenzia la produzione. Questa tradizione nel caso delle comunità ha permesso di superare e affrontare l’oblio e l’esclusione del sistema coloniale e repubblicano.
L’ayni: è caratterizzato da un sentimento di solidarietà della famiglia e della comunità in lavori che non richiedevano tempi prolungati come per esempio il tetto di una casa, la semina del mais, ecc. L’ayni è retto dal principio di reciprocità, ovvero dal makipurarina.
Il maki purarina: maki mano, purarina stringere o darsi la mano, ovvero aiutarsi mutuamente che equivale a reciprocità. Si riferisce al sentimento di solidarietà che i componenti di un ayllu devono esprimere nei confronti dei loro familiari, degli abitanti della comunità. Questo comportamento viene osservato con molta attenzione dagli anfitrioni di un’attività produttiva o di una festa, che registrano i tumines che portano gli accompagnatori e, in questo modo, sono consapevoli degli obblighi che hanno nei confronti di tutti e di ognuno di loro.
Il maki purarina aiuta a far sì che i livelli di comunicazione e l’inter-relazione delle persone siano sempre vive; questa pratica contribuisce a conoscersi, riconoscersi, a fare in modo che le persone si aiutino reciprocamente o, in sua assenza, sappiano chi c’è e chi vive loro attorno.
Yanaparina: la solidarietà come valore fondamentale. La situazione storica delle comunità ha fatto sì che queste, in alcune circostanze, si coalizzassero e rafforzassero i vincoli di unità; questo valore permette in generale che gli ayllus e i suoi componenti si appoggino mutuamente e riescano così a superare le difficoltà, raggiungere obiettivi concreti e di beneficio per la comunità.
Ariruma Kowii
Il sumal kawsay e i principi per la sua costruzione
Wawakunaka yurakunashna wiñan, alli wakichikpika alli wiñan, mana alli wakichikpika mana alli wiñankachu. Si è soliti dire che le persone crescono come le piante. Se le cure sono adeguate, la loro crescita e i loro frutti sono buoni, ma se non ci si prende cura di loro, allora neanche i frutti saranno soddisfacenti.
Nelle comunità agricole si realizzano i tumines o i presenti, ovvero il permesso che si chiede alla madre terra per intervenire su di lei e procedere a prepararla. Questo implica:concimarla, nutrirla con acqua e humus, arare la terra, realizzare la semina, proteggerla, realizzare la raccolta, nutrirla nuovamente o, in sua assenza, lasciare che riposi. Ognuna di queste azioni sarà articolata in base al ciclo lunare, la sua precisione permetterà di garantire una buona produzione.
Le comunità artigiane e commercianti combinano questi cicli con le dinamiche e la realtà economica della popolazione; nel primo caso dovevano avere una conoscenza adeguata delle piante dalle quali ottenevano i distinti colori, così come degli animali che le rifornivano della materia prima di cui avevano bisogno.
In ogni situazione sono presenti i seguenti valori:
L’ama killa, no alla pigrizia; ama llulla, no alla menzogna; ama shua, no al furto. Questi valori si sintetizzano nell’importanza del lavoro come asse fondamentale per garantire il benessere individuale, familiare e collettivo.
Llankayka kushikuypa shunkumi kan, questo pensiero kichwa significa “il lavoro è il cuore della felicità” e si sostanzia nella trilogia precedentemente descritta.
Pakta kawsay, l’equilibrio.
La trilogia anteriore che si regge sul lavoro permette di garantire l’equilibrio individuale, familiare e collettivo. Attualmente nelle comunità kichwas, a prescindere dal deterioramento delle loro matrici culturali e spirituali, si conservano resti di queste pratiche.
L’equilibrio non si riferisce unicamente alla stabilità dei membri della comunità, ma anche all’equilibrio emotivo che ogni persona deve raggiungere; detto equilibrio costituisce una garanzia affinché la comunicazione sia orizzontale e adeguata e non venga colpita da alterazioni dovute all’incomunicabilità che, alla fine, potrebbero compromettere la riuscita degli obiettivi.
L’equilibro, nella sua forma più antica, riusciva a garantire il benessere integrale dell’individuo, della famiglia e della comunità. La sua destabilizzazione era considerata un rischio che poteva colpire il loro benessere; in questo senso, per esempio, se un componente della comunità non partecipava a una minga per pigrizia, l’obiettivo era compromesso, dovuto alla generazione di uno squilibrio o, in sua assenza, a un ritardo nel compimento della meta. A tal riguardo è importante ricordare che nelle minga a ogni ayllu (famiglia) si assegna un compito specifico affinché questa sia portata a termine.
L’affettazione se pur superabile può tuttavia ritardarla e soprattutto può generare un malessere all’interno dei componenti della comunità; un malessere che prevarrà per un tempo e provocherà danno all’animo della popolazione.
Alli kawsay: l’armonia.
Come si è già detto precedentemente, l’equilibrio permette di sostenere l’armonia dell’individuo, della famiglia e della comunità. Un individuo, una famiglia, una comunità che raggiunge questa dimensione può contagiare l’ambiente circostante e fare in modo che le diverse attività siano positive; influisce persino sullo spazio e sul posto su cui fluisce detta energia; se fosse colpita, invece, succederebbe il contrario e i risultati non sarebbero sempre quelli sperati. L’armonia garantisce fluidezza.
Wiñak kawsay: la creatività.
La presenza di questi valori è l’ingrediente che motiva le persone a ricreare e creare nuove iniziative. La creatività è retta da un meccanismo chiave denominato tinkuy. Il tinkuy è la ricerca permanente di nuove innovazioni, al cui fine gli elementi esistenti sono in revisione e confronto permanenti; da tale frizione sorge una nuova luce, un nuovo elemento che contribuisce a superare il precedente.
Il tinkuy viene simbolizzato nei rituali dell’inti raymi con le danze di guerra che richiamano alla mente il confronto delle comunità per mantenere l’egemonia degli spazi rituali; ma il confronto tuttavia non genera inimicizie, una volta conclusosi l’inti raymi le comunità mantengono i rapporti di sostegno e solidarietà.
Samay, la serenità.
Apprendere a coltivare la serenità dell’orizzonte, dei laghi all’alba, è un compito di perseveranza e disciplina orientato ad imparare a creare meccanismi che permettono di controllare reazioni compulsive, azioni compiute senza una meditazione previa. I Yachak nel realizzare le guarigioni hanno l’abitudine di fare un taglio e di mantenere il dialogo per recuperare energia e poi continuare fino al suo culmine. Un agricoltore è solito fermarsi a metà giornata e respirare a fondo, guardare ciò che lo circonda, il lavoro realizzato e continuare poi con i suoi lavori fino a portarli a termine.
Coltivare con serenità nelle azioni di lavoro, di insegnamento, aiuta a far sì che ogni atto si sviluppi in pace e nel rispetto verso l’altro che, in questi casi, è un riflesso del nostro io o di ciò che vogliamo trasmettere.
Runakay, il saper essere.
Il runakay è la somma di tutti gli elementi precedentemente descritti. Runa significa letteralmente persona, essere umano. Il runakay sintetizza la realizzazione dell’essere umano; per raggiungere questa dimensione è indispensabile apprendere a compiere poco a poco tutti e ognuno dei valori descritti in precedenza.
Il sumak kawsay
È una ancestrale concezione andina della vita che si è mantenuta viva in molte comunità indigene fino ai nostri giorni. Sumak significa ciò che è ideale, bello, buono, la realizzazione; e kawsay è la vita, con riferimento a una vita degna, in armonia ed equilibrio con l’universo e l’essere umano. In sintesi il sumak kawsay indica la pienezza della vita.
* http://www.lamacchinasognante.com Otavalo, dicembre 2008.
Note
[1] Tumin: parola quichua, prodotti che si offrono alla madre terra, alla natura, all’universo (N.d.A.).[2] Waka, parola quichua: posto sacro (N.d.A.) |
martedì 6 ottobre 2015
idee dall'Ecuador
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