In Portogallo vince il centrodestra, ma non ha la maggioranza. La sorpresa è il Bloco d’Esquerda
Per gli exit poll la coalizione guidata dal Partito socialdemocratico avrebbe ottenuto il 39,2%, i socialisti il 31,7%. Il “Syriza portoghese” supera i comunisti leninisti del Cdu
AP
Gioia nel comitato elettorale del centrodestra
04/10/2015
FRANCESCO OLIVO
Il centrodestra vince le elezioni in Portogallo, ma farà fatica a governare. Dopo anni di austerità dalle urne esce un risultato che può sembrare sorprendente: il governo di António Passos Coelho viene premiato, o per lo meno non viene punito, per aver portato avanti politiche durissime di tagli. Secondo i primi exit poll delle televisione pubblica, la coalizione guidata dal Partito socialdemocratico (centrodestra) avrebbe ottenuto il 39,2%, risultato che non gli dà la maggioranza assoluta. I socialisti (centrosinistra) dell’ex sindaco di Lisbona António Costa si fermerebbero al 31,7%. La sorpresa è il Bloco d’Esquerda, formazione simile alla Syriza prima maniera, che con il 10%, supera i comunisti leninisti del Cdu (8%). L’affluenza è stata un po’ più alta delle ultime elezioni, secondo le proiezioni, 62%. Si temeva molto per questo dato, visto che per la prima volta dal ritorno della democrazia il campionato di calcio non si è fermato per le elezioni. Una novità che ha generato molte polemiche, qualcuno ci ha visto una manovra del centrodestra, tradizionalmente favorito dall’astensionismo.
E’ stato il primo voto dopo il (drammatico) salvataggio del 2011. L’intervento della troika, ha significato politiche durissime di austerità, portate avanti dal governo di centrodestra. Nonostante misure lacrime e sangue, in Portogallo non sono nate formazioni nazionaliste, né movimenti populisti o di estrema destra, i partiti sono rimasti fondamentalmente gli stessi di sempre. Dopo anni di recessione, i dati economici sono migliorati, il Pil sopra la media europea, e del tasso di disoccupazione passato dal 17,5% del 2013 all’attuale 12,4. A preoccupare è il debito pubblico aumentato a dismisura fino a raggiungere il 128% del pil, il terzo in Europa dopo Grecia e Italia, una percentuale che lascia pensare che le politiche di tagli potrebbero andare avanti. Altro dato allarmante è l’emigrazione di tanti giovani, soprattutto tra i laureati, in campagna elettorale si è parlato molto di questo tema.
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