mercoledì 14 ottobre 2015

rileggendo la lettera al Papa

PAPA
Ansa
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La vicenda della lettera dei cardinali a Francesco, resa nota nella giornata di lunedì 12 ottobre 2015, va considerata per quello che è. Non è una questione di merito o di metodo circa i lavori del Sinodo, ma un attacco alla legittimità della direzione impressa alla Chiesa da Papa Francesco e quindi un attacco al Papa stesso.
Pubblicata (in circostanze ancora da chiarire) dal vaticanista dell'Espresso Sandro Magister, la lettera è stata firmata da una dozzina circa di prelati di primo piano della Chiesa mondiale. Al momento la lista dei firmatari oscilla: la lista pubblicata lunedì sera (ora americana) dal settimanale dei gesuiti statunitensi America riportava i nomi di Caffarra (Bologna), Collins (Toronto), DiNardo (Houston), Dolan (New York), Eijk (Utrecht), Müller (prefetto della Congregazione della dottrina della fede in Vaticano), Napier (Durban, Sudafrica), Niue (Nairobi, Kenia), Pell (prefetto del Segretariato per l'economia in Vaticano), Rivera Carrera (Città del Messico), Sarah (prefetto della Congregazione per la liturgia e i sacramenti in Vaticano), Sgreccia (già prefetto della Pontificia Accademia per la vita in Vaticano), e Urosa Savino (Caracas, Venezuela).
Ma è possibile che vi siano lettere in parte diverse o versioni diverse della stessa lettera, altri firmatari, e perfino (non è da escludere) firmatari a loro insaputa (quattro altri firmatari - i cardinali Erdö, Scola, Piacenza, e Vingt-Trois - hanno smentito ieri).
Questo è il momento più visibile e temerario nella lotta condotta da parte dell'establishment ecclesiastico contro Papa Francesco. Fin dal marzo 2013 si era percepito il montare della resistenza al pontificato, e si sapeva che il Sinodo dei Vescovi era il punto chiave. Il fatto che la lettera sia stata consegnata al Papa il 5 ottobre, primo giorno del Sinodo, è prova che si tratta di un'iniziativa coordinata ben prima dell'inizio dell'assemblea a Roma (ed è a questa iniziativa che Francesco rispose col discorso sulla "ermeneutica cospirativa" del 6 ottobre in aula sinodale). È anche chiaro che mentre Francesco era in visita in America, alcuni vescovi americani, tra un abbraccio e l'altro al Papa, stavano preparando contro Bergoglio un attacco che non si sarebbero mai sognati di fare contro i sinodi per finta di Papa Wojtyla e Papa Ratzinger.
Da quello che si sa e non è stato smentito, la lettera dei cardinali critica la gestione dei lavori dell'assemblea sinodale sia per una supposta inadeguatezza dottrinale dell'Instrumentum Laboris (il documento base per la discussione inviato ai vescovi mesi fa), sia per le regole del Sinodo fissare da Francesco, che secondo i firmatari condurrebbero ad una conclusione già predeterminata in partenza, ovvero in un senso che i firmatari vedono evolvere in un senso liberale e lassista rispetto alla dottrina fissata dai predecessori di Francesco.
Il problema evidentemente non è il fatto che dei cardinali non siano d'accordo col Papa, ma il fatto che lo accusino di manipolare l'assemblea di vescovi. Non tanto il linguaggio della lettera, ma il linguaggio usato nelle ultime 24 ore dai firmatari che non hanno smentito (tra cui i cardinali Pell e Napier) ha un tono intimidatorio nei confronti del Papa: le minacce di scisma rivolte a Paolo VI durante il Vaticano II erano almeno condite di un savoir faire ecclesiastico che oggi è finito nel dimenticatoio insieme ad una sana teologia delle istituzioni del governo della Chiesa (di cui questi cardinali non sanno molto oppure non si curano molto).
La lettera (di cui al momento vi sono solo trascrizioni, chissà quanto fedeli e accurate) tradisce le ipocrisie dei firmatari, per una serie di motivi. Il primo punto è che la critica a un Sinodo che sarebbe già predeterminato si poteva rivolgere ai Sinodi precedenti, quelli di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, ma non a quello di Francesco. La vera critica della lettera è in realtà a una teologia che su alcuni punti è legittimamente diversa da quella di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ai quali i firmatari della lettera riconoscono legittimità teologica al contrario di quello che fanno per Papa Francesco.
Il secondo punto è che la critica alle regole del Sinodo di Papa Francesco ignora (oppure spera che tutti noi ignoriamo) che il Sinodo dei Vescovi ha degli elementi fissi (per esempio, il tipo di membership del Sinodo) e degli elementi che possono cambiare (in particolare, circa i documenti finali). Infatti il Sinodo è per definizione, dalla sua fondazione nel 1965 ad oggi, uno strumento del primato pontificio, in cui la collegialità dei vescovi si esprime ma senza mai varcare la funzione consultiva (almeno fino ad oggi: in futuro potrebbe cambiare). Basta leggere il motu proprio Apostolica sollicitudo di Paolo VI (15 settembre 1965) per rendersene conto: "Al Sinodo dei Vescovi spetta per sua natura il compito di dare informazioni e consigli [...] Il Sinodo dei Vescovi è sottomesso direttamente ed immediatamente all'autorità del Romano Pontefice". Questo dei cardinali è un pronunciamiento di vago tenore golpista che vorrebbe mettere sotto ipoteca il primato papale.
Papa Francesco ha avuto a che fare coi golpisti veri in Argentina e c'è da dubitare che si faccia intimorire. La storia della Chiesa è bimillenaria, i vescovi hanno sempre discusso aspramente nei concili, e nell'antichità anche in modi anche molto più violenti di questo. Ma nella storia recente non si ricorda di cardinali che accusassero il Papa di manipolare le regole del gioco al fine di spingersi oltre i limiti della cattolicità della dottrina. Il vero problema è che Francesco ha riaperto su molte questioni di disciplina e di vita della Chiesa un dibattito che i firmatari della lettera consideravano chiuso per sempre.
La vicenda della lettera va inquadrata nell'ambito dello sforzo di vari ambienti di chiudere le porte aperte da Papa Francesco: vanno ricordate qui le iniziative dei vescovi polacchi volte a fare pressione sull'assemblea, come, in senso analogo, la lettera inviata ai tutti i membri del Sinodo dal cardinale Ouellet (non come vescovo ma come prefetto della Congregazione dei Vescovi della Curia Romana) in un tentativo di limitare la libertà dei partecipanti al Sinodo.
La lettera dei cardinali dice molto dello smarrimento che attraversa lo schieramento anti-bergogliano, ma evidenzia anche il pressapochismo dell'iniziativa - pressapochismo sia teologico che strategico - e il suo estremismo. Accusare di parzialità (ovvero di liberalismo teologico) un uomo di Chiesa profondamente moderato e centrista come il cardinale di Washington, Wuerl, come fa la lettera quando accusa il Papa di aver formato a sua immagine la commissione per la relazione finale, significa che lo schieramento anti-bergogliano si è consegnato a un'ideologia religiosa estremista.

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