lunedì 5 ottobre 2015

riprendersi la pedagogia

La voglia di riprendersi la pedagogia

by JLC
Non ci stanchiamo di scriverlo: la resistenza contro la Buona scuola ha permesso l'emersione di un vasto e sottovalutato movimento di insegnanti, studenti, genitori, educatori che cambiano il mondo costruendo tra loro relazioni diverse e ripensando il cosa e il come dell'arte dell'apprendere. Per questo si incontrano, esaminano, mettono in dubbio, sperimentano, si confrontano e si aprono ad altri pezzi di società (vedi la sezione Apprendere facendo). In pratica fanno scendere i temi della pedagogia in basso, arricchendoli di nuovi e vecchi significati. Dopo il successo di partecipazione ad eventi come “Educare alla differenze“, “Disimparare per imparare”, “Tutta un’altra scuola” - e in attesa di “L’educazione prende corpo“, la due giorni della Rete di cooperazione educativa - è stato il Salento ad ospitare due giornate dedicate a "EduCare". "La resistenza passa attraverso questi momenti di convivialità educativa - scrive Alain Goussot sull'incontro di EduCare - dove tutti apprendono da tutti... Occorre moltiplicare questi momenti di Agorà pedagogica in modo capillare e diffuso in tutti i nostri luoghi e le nostre comunità".
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di Alain Goussot [1]
Le giornate dedicate all'educazione a Maglie e Lecce i 2 e 3 ottobre dimostrano che da parte di tanti insegnanti e genitori c'è la voglia e il desiderio di riflettere sul senso e il significato dell'educare, sull'importanza della co-educazione e della costruzione comune di una modo solidale e democratico di concepire la formazione delle future generazioni.
L'alta partecipazione dimostra anche che lì dove le persone hanno la possibilità di pensare e di confrontarsi sulle questioni vive dell'educazione nonché sull'importanza del recupero della dimensione pedagogica, per lottare contro la tendenza al tecnicismo e alla medicalizzazione (leggi anche I rischi di medicalizzazione nella scuola), si anima la progettualità nella prospettiva di una vita comune effettivamente basata sui principi di eguaglianza, giustizia e riconoscimento delle differenze.
Le giornate di Lecce, come quelle che vengono organizzate in varie parte d'Italia, sono l'indicare di una voglia di riprendersi la pedagogia e di rimettere l'educazione democratica al centro del discorso pubblico. Vedere l'attenzione di insegnanti, studenti e genitori per i temi caldi dell'educazione oggi, della sua marginalizzazione a beneficio di un approccio clinico-terapeutico o tecnicistico, la loro curiosità nel riprendere in mano il pensiero e i testi delle grandi figure della storia dell'educazione attiva (Jean-Jacques Rousseau, Johann Heinrich Pestalozzi, Ovide Decroly, Maria Montessori, Célestin Freinet ...) per agire oggi sta ad indicare che il desiderio di comprendere e di lottare per una scuola democratica e una società più giusta e solidale è molto vivo.
Occorre moltiplicare questi momenti di Agorà pedagogica in modo capillare e diffuso in tutti i nostri luoghi e le nostre comunità. Era Heinrich Pestalozzi che diceva che l'educare significa imparare ad accedere alla propria umanità nella relazione con l'altro, è quello che si è fatto a Lecce*. La resistenza passa attraverso questi momenti diconvivialità educativa dove tutti apprendono da tutti!
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* Voglio ringraziare tutte le colleghe e i colleghi delle scuole di Lecce e Maglie ; le dirigenti scolastiche che si sono attivate non solo con la mente ma anche con il cuore, voglio anche dire un grande grazie all'amica e collega Anna Maria Conoci.
[1] Alain Goussot è docente di pedagogia speciale presso l’Università di Bologna. Pedagogista, educatore, filosofo e storico, collaboratore di diverse riviste, attento alle problematiche dell’educazione e del suo rapporto con la dimensione etico-politica, privilegia un approccio interdisciplinare (pedagogia, sociologia, antropologia, psicologia e storia). Ha pubblicato: La scuola nella vita. Il pensiero pedagogico di Ovide Decroly (Erickson); Epistemologia, tappe costitutive e metodi della pedagogia speciale (Aracneeditrice); L’approccio transculturale di Georges Devereux (Aracneeditrice); Bambini «stranieri» con bisogni speciali (Aracneeditrice); Pedagogie dell’uguaglianza (Edizioni del Rosone). Il suo ultimo libro è L’Educazione Nuova per una scuola inclusiva (Edizioni del Rosone)

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DA LEGGERE
Un apprendimento vitale Paolo Mottana
Occorre riportare bambini e ragazzi sulla scena del mondo, della natura, delle strade, nei luoghi dove si vive e si impara sul serio. Dobbiamo trasformare l’imparare come esperienza radicata nella vita concreta quotidiana
“I cattivi artisti parlano di rivolta, i veri artisti fanno la rivolta attraverso atti concreti”, diceva Jerzy Grotowski. Una scuola diversa nasce dal fare. Insegniamo molte più cose nel nostro fare che col nostro dire
«I libri non bastano. La scuola artigiana» è un audiodocumentario dedicato all’apprendere facendo. Raccoglie interventi, tra gli altri, di Gustavo Esteva, Franco Lorenzoni, Francesco Tonucci e letture tratte da libri di Célestin Freinet, Lorenzo Milani, Ivan Illich, Mario Lodi, Paulo Freire, Emma Castelnuovo, Gianni Rodari
C’è un’ossessione scientista che si aggira nella scuola: gli insegnanti leggono la realtà sempre più solo tramite la lente della diagnosi clinica. Si tratta di una conseguenza dell’individualismo competitivo sfrenato, dell’egocentrismo consumistico, della concezione svalorizzante della cultura umanistica considerata come inutile. Troppi insegnanti mettono così l’accento sui sintomi, le incapacità e i problemi e non vedono le potenzialità, le capacità e gli interessi dei loro alunni. La scuola ha bisogno di riappropriarsi della pedagogia, occorre tornare a educare per sostituire lo sguardo diagnostico con quello pedagogico. Il processo di apprendimento/insegnamento resta un’esperienza umana, una relazione viva. L’apprendimento è ascolto, mediazione, stupore, creatività. Per questo nelle classi vanno moltiplicati i lavoro di gruppo, le forme di apprendimento cooperativo, le occasioni in cui alternare lavoro manuale e formazione intellettuale, i momenti nei quali sperimentare convivialità formativa e aiuto reciproco. La scuola può essere ancora il luogo, per dirla con Ernst Bloch, dell’utopia concreta perché la pedagogia prima di tutto è liberazione
Nella scuola italiana non si fa – non si fa più o non si è mai fatta: se ne potrebbe discutere – cultura autentica. Si favorisce più il pensiero convergente ed il conformismo che il pensiero critico. Lo schema dominante è consolidato: fare scuola è fare lezione. Il docente parla, gli studenti ascoltano ed assimilano. Poi ripetono. Il docente non produce cultura, la trasmette. E poi perché si studia? Che senso ha la cultura? A che serve? Si studia per farsi una cultura personale, per diventare persone migliori, affermate, persone che trovano un posto nella società. Manca del tutto alla scuola italiana la concezione della cultura come servizio: studiare non per diventare migliori, né per far carriera, ma perché studiando si può contribuire al bene comune. Lo studio al servizio della società

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